Capitolo 12 - Paradiso

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Hervé allungò una mano verso di lei per aiutarla ad alzarsi, ma lei la ignorò: si tirò su in uno slancio e si gettò tra le sue braccia, circondandogli il busto. Lo stomaco si accartocciò nel timore che potesse sfuggirle di nuovo o svanire al suo tocco, che si ritrovasse ad abbracciare aria e polvere, ma non accadde: Maeriyel si aggrappò a lui e incassò la testa nell'incavo tra collo e spalla, stringendolo con tutte la sue forze. Le sfuggì un singhiozzo al sentire il tepore e la robustezza del suo corpo, e in un sospiro liberò tutte le sue paure.

Forse quello era un sogno, nient'altro che il frutto della mescolanza tra ricordi e immaginazione, ma non le importava: era tra le braccia di Hervé, sentiva il suo profumo di terra stuzzicarle le narici e il suo fiato caldo solleticarle il viso, e tutto era di nuovo al suo posto.

«Mae-mae...»

«No» lo zittì lei, artigliando la stoffa della blusa. «Non andare via. Ti prego, non lasciarmi anche tu, non di nuovo.»

Hervé soffiò uno sbuffo leggero, allegro. «Certo che no, Mae-mae. Resterò sempre con te, ricordi? Non preoccuparti, non vado da nessuna parte.»

Maeriyel annuì, liberando un pesante sospiro. La tensione che le tirava i muscoli non si era del tutto sciolta, però; sembrava che i tendini si fossero annodati l'un l'altro e ben presto sentì il magone premere sulla gola, costringendola a singhiozzare.

«Scusa se ti ho chiamato scemo» gemette, stringendosi ancora di più a lui mentre le lacrime scivolavano sulle guance. Gli aveva parlato così tante volte, ma quella frase non era mai riuscita a pronunciarla. «Non lo pensavo davvero. Ero solo concentrata nel gioco, io non... Non volevo trattarti male, non volevo scacciarti. Io ti voglio bene, Hervé.»

«Lo so, Mae-mae, lo so» sussurrò lui, accarezzandole piano i capelli. Il tocco era così leggero sulla sua testa, come un tiepido vento di primavera. «Va tutto bene.»

«No, non va tutto bene. Nulla va bene da quando te ne sei andato.» Maeriyel schiuse le labbra per inspirare quanta più aria riusciva a raccogliere, ma il nodo nella sua gola era così intricato da spezzarle persino il respiro. I singhiozzi le scuotevano il petto e le lacrime bagnavano la blusa del ragazzo senza che Maeriyel potesse far nulla per fermarle. «Mi dispiace. Volevo riportarti nell'albero, volevo far crescere altri rovi, ma non... Ci ho provato, ma non ci riuscivo. Non riuscivo a muovermi. Avevo così tanta paura! Avrei solo dovuto allungare un braccio, solo muovere una mano, ma non ce l'ho fatta. Non ce l'ho fatta. Mi dispiace, Hervé, mi dispiace così tanto...»

«Eri spaventata, come lo ero io. Non devi scusarti di nulla: la colpa è della Chimera, non tua. Ciò che conta è che almeno tu sia riuscita a salvarti.» Hervè le baciò la fronte, tenendola stretta a sé mentre piangeva. Va tutto bene, continuava a sussurrargli, e Maeriyel si lasciò cullare dalle sue carezze e dalla sua voce finché non sentì il pianto chetarsi; solo allora si sentì pronta ad allentare la presa.

«Non pensare a quel giorno, Mae-mae. Abbiamo passato così tanti bei momenti, insieme: vorrei che ricordassi quelli.» Hervé le porse un fazzoletto, poi le accarezzò le guance e la invitò ad alzare lo sguardo. Le rivolgeva ancora quel sorriso dolce, affettuoso, e c'era una tale lucentezza nel suo sguardo da spingerla ad inclinare le labbra a sua volta. «Vorrei che potessi tornare a sorridere, come quando eravamo bambini. Come quando andavamo a caccia di sassi da far rimbalzare sull'acqua e tu mi aiutavi a raccogliere quelli più particolari e bizzarri. Come quando giocavamo alla Mietitura o a Saltalepre, o quando restavamo a guardare la fioritura del frutteto, o quando creavi quei cactus dalle forme buffe e noi dovevamo capire cosa fossero.»

Maeriyel ridacchiò, liberando uno sbuffo ilare che le allargò il sorriso. C'era allegria nei suoi ricordi, ma quella spensieratezza era venuta a mancare troppo presto: ora quella gioia aveva un sapore agrodolce, nostalgico: più Maeriyel pensava a quant'erano stati sereni quei giorni, più sentiva la tristezza corroderle lo stomaco. Il magone tornò a serrarle la gola mentre le labbra si piegavano all'ingiù, tirate in una smorfia sofferente.

CarnivorousWhere stories live. Discover now