Follia

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Continuava a farlo impazzire. Dopo tutti quegli anni ancora se ne innamorava senza rendersene conto ogni volta che la guardava o sentiva la sua voce, anche solo pensando a lei. Ma guardarla ormai significava intravedere la sua sagoma nel Cristallo, e la sua voce poteva sentirla solo nei suoi sogni e nei suoi ricordi.

Avrebbe dovuto superarla, sarebbe dovuto andare avanti, lo sapeva, ma continuava a entrargli in testa ed era così radicata nella sua anima che non avrebbe neanche saputo da dove iniziare per poter andare avanti.

Era stata il suo primo amore, lo era ancora indipendentemente da tutto ciò che era successo. Era lei, lo sarebbe sempre stata.

Era stato amore a prima vista. Come dimenticarlo? Come dimenticare la prima volta in cui il suo sguardo aveva incrociato quegli occhi viola pieni di confusione, paura e curiosità?

Forse lei non poteva più sentirlo, ma per lui era sempre uguale, sentiva sempre le stesse cose, la guardava sempre nello stesso modo in cui l'aveva guardata tanti anni prima. Lo sentiva abbastanza forte per entrambi.

Sapeva che forse non era giusto aspettare, probabilmente non era destino. Era passato tanto tempo da quando l'aveva persa. Ormai tutti si erano rassegnati al fatto che non sarebbe tornata indietro.

Eppure la voleva di nuovo nella sua vita, voleva vederla, voleva ridere con lei, voleva poterle parlare del tutto e del nulla. Voleva lei.

Non riusciva a capacitarsi del fatto che probabilmente non avrebbe più potuto abbracciarla, ma nonostante tutto continuava a sperare. Ma più i giorni, i mesi e gli anni passavano, più la speranza si affievoliva e lasciava posto alla disperazione.

Forse stava davvero impazzendo. Forse era semplicemente fuori di testa già da tempo e non sarebbe mai riuscito a cambiare le cose, non sarebbe mai riuscito a riaverla indietro. Si sentiva perso.

Chiunque lo conoscesse era preoccupato, stava tagliando tutti fuori proprio come prima che la giovane arrivasse tra loro, si stava isolando sempre di più. Ma se un tempo nascondeva la sua paura di legarsi a qualcuno con le sue battute taglienti e il suo sorrisetto, ora non aveva neanche la forza per provare a sorridere. Ormai non era che l'ombra di se stesso.

Neanche i suoi amici sapevano più come aiutarlo, i loro cuori si spezzavano a vederlo parlare al Cristallo come se potesse sentirlo, piangere in ginocchio davanti all'immagine lontana di lei, o pregare l'Oracolo di riportargliela. Mancava anche a loro, era stata pur sempre una cara amica, ma si erano arresi e avevano smesso di illudersi di poterla rivedere ormai da tempo. Avrebbero voluto aiutarlo, ma non sapevano da dove iniziare. Non che volesse l'aiuto di qualcuno, dopotutto. Non ascoltava nessuno, nemmeno i suoi superiori che tanto rispettava riuscivano a farlo riprendere da quello stato catatonico quando si perdeva nei ricordi. Il dolore e la nostalgia lo stavano consumando.

Riversava tutta la sua frustrazione e la sua collera sul campo di battaglia, facendo tremare anche i nemici più ostinati. Come guerriero era sempre stato tra i migliori, non c'era alcun dubbio, ma la rabbia che lo motivava ormai era al limite della follia, era diventato una forza inarrestabile. Quando veniva colpito sembrava non gli importasse neanche. Forse era così. Ormai non gli importava di uscire illeso dalle battaglie, non gli importava proprio uscirne. Sembrava andare avanti con il pilota automatico, noncurante di ciò che gli sarebbe potuto accadere. Non cercava la morte, nonostante a volte sorgessero dei dubbi, ma sapeva benissimo che non vi si sarebbe opposto. Se fosse giunta la sua ora non avrebbe lottato, non gli importava ormai. Tra sé e sé si diceva che forse così sarebbe riuscito a raggiungerla, ovunque fosse. Che forse solo lasciando questo mondo terreno sarebbe stato in grado di riabbracciarla, anche solo una volta.

Si fermò un attimo per riprendere fiato e cercare di scrollarsi quei pensieri di dosso, guardandosi intorno vedeva combattimenti da ogni lato. Il suo viso si fece rosso di rabbia e tirò un calcio a una pietra ai suoi piedi, facendola volare fuori dal suo campo visivo e in mezzo alla calca di guerrieri. Era arrabbiato con il mondo. Con se stesso. Pure con lei. Con lei che si era sacrificata per un mondo che non sarebbe mai stato capace di vivere in pace, un mondo in cui la guerra era lo stato naturale delle cose. Era arrabbiato perché sapeva di averla persa invano. Era arrabbiato perché se non fosse stata un'inguaribile ottimista forse si sarebbe resa conto anche lei che non ne valeva la pena.

Gli girava la testa e la vista si era offuscata. Tutte quelle emozioni ormai stavano prendendo il sopravvento anche sul suo corpo ora che la mente si era arresa.

Si lasciò cadere in ginocchio e chiuse gli occhi. Non ci volle molto prima che qualcuno se ne accorgesse. Bastarono un paio di secondi. Con un movimento repentino un soldato nemico lo trapassò con la sua spada. Sentì la lama infilarsi tra le sue scapole e uscire dal petto, ma non provò dolore. Il sangue caldo gli stava velocemente impregnando i vestiti. Si accasciò su se stesso, consapevole che quella sarebbe stata la fine.

« Nevra! » Neanche il grido disperato di Ezarel provocò una qualsiasi emozione nel vampiro.

Sentiva i passi del suo amico avvicinarsi velocemente, il respiro dell'elfo era affannato, continuava a urlare il suo nome sperando in una reazione.

Ezarel si gettò al suo fianco e lo prese tra le braccia, cercando di tenerlo sveglio e farlo parlare. Ma Nevra ormai non lo sentiva più. Non sentiva più nulla, se non una sensazione di calore, un calore diverso da quello del sangue. Un calore che sembrava gli stesse dando il permesso di rilassarsi finalmente, di smettere di combattere.

Improvvisamente tutto intorno a lui divenne luce. Chiuse gli occhi e quando li riaprì finalmente capì.

Era davanti a lui, gli stava andando in contro con le braccia aperte e un sorriso dolce dipinto in volto. Era nella sua forma di aengel, con le maestose ali bianche alle sue spalle e un'aura completamente nuova, seppur così familiare. Appena lo raggiunse si strinsero in un abbraccio silenzioso, non servivano parole in quel momento.

Quando si separarono finalmente sentì la sua voce dopo tanti anni:

« Ti ho sempre sentito. Ogni parola, ogni preghiera, ogni pianto, ogni urlo. Ti sentivo, ero solo dall'altra parte. Ma ti sentivo, e non sai quanto avrei voluto abbattere quella barriera e tornare da te. Quanto ci abbia provato. » La ragazza abbassò il capo con un'espressione amareggiata: sapeva cosa significava la presenza del vampiro in quel luogo. Sapeva che era a causa sua. Stava cercando le parole per scusarsi, per chiedergli di tornare indietro se ne aveva ancora la forza, per chiedergli di vivere per entrambi.

Ma la batté sul tempo, parlò prima che riuscisse a enunciare anche solo un'altra sillaba:

« Ora sono qui. » La semplicità e la leggerezza nel suo tono la lasciarono a bocca aperta.

Le prese una mano e fissò il proprio sguardo nel suo. Stentava a credere di avere di nuovo davanti quegli occhi viola.

Tutto il peso che si era sentito sulle spalle in quegli anni sparì, finalmente rilassò ogni fibra del suo corpo. La lotta contro se stesso era stata la più dura che avesse mai affrontato, ma non c'era più bisogno di lottare. Ora lo aspettava la luce. E con quella luce lo aspettava l'amore della sua vita, della sua eternità.

« Per sempre. » Le sussurrò.

« Per sempre. » Annuì la ragazza, incapace di negare a se stessa che egoisticamente era felice di riaverlo al suo fianco.

Per la prima volta in molti anni accadde qualcosa che nessuno ormai credeva possibile. Nevra sorrise. Un sorriso pieno di amore e di sollievo, il sorriso di qualcuno che per tanto tempo si era sentito in trappola dentro a se stesso e che finalmente era riuscito a riemergere. Il dolore, la rabbia, la tristezza, il rimorso, nulla di tutta quella negatività aveva più senso, finalmente era riuscito a liberarsene.

Non stava impazzendo, di quello ora era sicuro.

Follia [Eldarya OS]Donde viven las historias. Descúbrelo ahora