Ci ritroveremo ancora, prima o poi.

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"Cassandra era il prototipo di persona della quale un celebre pilota di Formula Uno non si dovrebbe mai innamorare, ma è anche l'unica persona a cui io abbia mai donato tutto me stesso. La conobbi un venerdì sera durante la pausa del campionato, mi avevano trascinato in uno Streep Club di Monte Carlo dove lei lavorava, mi colpì subito, emanava vibrazioni malinconiche, quasi nostalgiche che stonavano con il resto del locale. Ballava in un piccolo completino di pelle nera sul palco, sembrava non sentire gli occhi di tutte le persone su di lei, si muoveva sinuosa e sicura ed io non riuscivo a non guardarla. Non ero pratico di quei locali, non sapevo come ci si comportasse ma decisi lo stesso di alzarmi ed avvicinarmi a lei quando finì il suo spettacolo. Mi scrutò seria per poi sorridermi e prendermi per la mano, portandomi in una piccola stanza nel retro del locale. Se qualcuno fosse venuto a sapere che mi trovavo con una spogliarellista probabilmente avrei perso il lavoro ma steso nel letto con lei mi sentì nel posto giusto al momento giusto. Diventai frequentatore abituale di quel locale, guardavo Cassandra ballare e poi ci chiudevamo in quella bettola di camera per qualche ora. Aveva imparato a conoscermi più di quanto io avessi fatto con lei, mi domandava tutto quello che le passava per la testa, si faceva raccontare gli scorci più suggestivi che vedevo nei luoghi in cui viaggiavo, poggiava la sua testa sulla mia spalla e immaginava il mondo fuori da quel recinto in cui era costretta da anni. Captavo poche informazioni sulla sua vita alla volta, era ermetica, non si apriva mai del tutto, sganciava bombe sul suo passato come potessero essere normali. Pirma il racconto della sua famiglia sgangherata, qualche tempo dopo seppi dei due anni in riformatorio, la voglia di evadere ed il sogno di essere un'altra, il viaggio verso Monte Carlo a soli diciotto anni e l'incontro con Mark, il proprietario del locale, l'inizio del suo lavoro e la voglia continua di farla finita. Mi chiesi più volte come una persona potesse sopportare tutto quello che aveva provato quella ragazza, che sembrava ancora ridere di gusto alle mie battute squallide, che non si era fatta marcia ma aveva mantenuto quella limpidezza, quella genuinità che in pochi hanno in ogni gesto. Cominciammo a vederci anche fuori dal locale, stando sempre attenti agli sguardi indiscreti di un mondo che non avrebbe mai approvato e men che meno capito quello che avevamo io e lei, un rapporto così inusuale da risultare assurdo agli occhi dei più. Ho incontrato una ragazza, così rispondevo a chi mi chiedeva perché fossi più felice, sempre con la testa sulle nuvole e gli occhi puntati sul cellulare in attesa di una risposta, come se Cassandra si fosse potuta etichettare come una semplice ragazza per me. Dopo qualche mese si fece spazio in me la gelosia di pensarla con qualcun altro, una pretesa assurda se solo si razionalizzasse il mondo in cui lavorava, la soppressi fin quando, una sera, scoppiai. La pregai di lasciare il locale, di venire a vivere da me, di cambiare vita insieme. Sarebbe lo stesso, sarei comunque una prostituta, solo che sarei solo la tua, mi rispose lucidamente lei, e non ebbi il coraggio di dirle che per me lei rappresentava molto di più che un giochino con cui sfogarmi tra una gara ed un'altra, non ammisi mai che mi fossi innamorato irrimediabilmente di lei, che quella ragazza mi era entrata dentro ed aveva fatto fiorire boccioli rigogliosi che appartenevano solo e solamente a lei. Continuammo a stare così, in un limbo di frasi non dette e sentimenti soppressi, ci godevamo ogni momento possibile insieme senza mai dichiarare apertamente all'altro la nostra felicità. Sandra è, ancora oggi, la persona che più mi ha fatto sentire vivo, una montagna russa di emozioni che mi fece domandare se io potessi esistere davvero senza di lei. Quello che ho provato per lei è l'amore più puro, incondizionato, vero che una persona possa mai provare nel corso della sua vita. Ma la vidi spegnersi piano piano, davanti i miei occhi, senza poter fare qualcosa. Dopo mesi dalla nostra prima discussione me la trovai fuori la porta del mio appartamento, il cappuccio alzato per proteggersi dalla pioggia e il borsone sulla spalla, fu la prima volta che la vidi veramente fragile. Aveva lasciato tutto, ancora una volta, aveva preso le sue poche cose ed aveva chiuso con il locale, con Mark e con tutti gli uomini viscidi che la vedevano solamente come un corpo lasciando segni che solo io riuscivo a cancellarle da dosso. Restò da me, e l'idea di trovarla a casa una volta tornato era quello che mi spingeva a dare sempre di più in pista, sapendo che lei si trovava sul divano di quello che era diventato il nostro appartamento ad esultare con e per me. Una volta tornai a casa e non la vidi, non era in nessuna stanza e nemmeno sulla poltroncina che aveva portato sul balcone per guardare il panorama, mi preoccupai come mai avevo fatto in tutti quegli anni. Tornò a casa piangendo, si buttò tra le mie braccia piangendo: Me ne andrò tra poco Lando mi confessò tra un singhiozzo e l'altro, la rassicurai dicendole che poteva rimanere in casa con me fin quando avrebbe voluto, a pensarci ora quella frase racchiudeva molto di più, racchiudeva la paura di dover lasciare una cosa che, per la prima volta, la rendeva veramente felice. Furono mesi d'inferno per me, vederla diventare sempre più debole, magra e pallida, che riusciva a stento a tenersi in piedi. Quell'anno vinsi il mio primo mondiale, ero campione del mondo di Formula Uno, sul podio pensai a lei e le dedicai ogni mia vittoria, gesto che diventò poi un'abitudine per me. Durante i festeggiamenti mi arrivò una chiamata, ero così su di giri che non risposi subito ma solo al terzo tentativo, e appena mi diedero quella notizia mi cadde il mondo addosso. Mi lasciai cadere per terra, il telefono ancora stretto in mano e le lacrime che cominciavano a scivolare veloci sul mio volto. Se ne stava andando davvero e io ero dall'altro lato del mondo, lontano da dove avrei voluto e dovuto essere, accanto a lei, ed ancora oggi non me lo perdono. Cassandra è stata la persona che più mi ha fatto sentire vivo in tutta la mia vita, una montagna russa di emozioni che mi dimostrò come potessi esistere senza di lei, seppure per metà. Anche nel dolore della sua perdita c'era qualcosa della felicità che mi aveva fatto provare, anche il minimo sorriso che aveva fatto nascere in me tornò prepotente alla mia mente. Furono mesi bui quelli che vennero dopo la sua morte, ma sentivo la sua anima in tutte quelle cose che ci piaceva fare insieme: cucinare la pasta, scoprire nuova musica, camminare all'alba sulla spiaggia. Cassandra vive in me, in tutti i miei pensieri, nei miei sogni, in ogni mio respiro. Mi sono convinto che non ci siamo salutati solo perché ci saremmo rincontrati, prima o poi, saremmo stati di nuovo io e lei, magari in un posto che assomiglia a tutto quello che lei desiderava. In un piccolo casolare nella campagna italiana, con un grande giardino pieno di piante ed animali e magari anche qualche marmocchio tra i piedi.Ciao Sandra, mi manchi ogni secondo ma ti sento sempre." Mi allontanai leggermente dal microfono, guardando le facce dei pochi presenti in quella chiesa. Alzai lo sguardo verso il soffitto mandando un bacio alla donna della mia vita, ovunque lei fosse.

All'improvviso sei volata via.Where stories live. Discover now