Stelle

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"Alla fine, le anime gemelle si incontrano poiché hanno lo stesso nascondiglio." (Robert Brault)

Un'ombra, candida e leggiadra come la piuma di una colomba, scivolava tra i vicoli di Venezia, illuminata dalla luna complice di un misfatto ancora non compiuto. Il vento sussurrava alle strade segreti ancora non raccontati e la quiete sprigionata dal calore del mare restituiva alla città un aspetto fiabesco. 

L'ombra si muoveva rapida, silenziosa tra le strade buie, diretta verso una meta ben precisa: il teatro "La Fenice". Adornato come ogni anno, rischiarava la notte fonda in cui era immerso; l'unico suono udibile era la musica classica, soave e vivace, proveniente dal grande salone, decorato per il carnevale più famoso d'Italia. 

Il primo istinto fu quello di togliersi la maschera per ammirare meglio lo spettacolo di luci, ma le regole lo impedivano e perché non rispettarle almeno una notte l'anno? 

La stoffa colorata e abbellita era stata fatta su misura per il suo volto giovane, nel fiore dei suoi anni; si avvicinò all'edificio e il suo volto venne illuminato per la prima volta quella sera. Due occhi castani, profondi e limpidi sotto il travestimento, osservavano vispi il teatro, la curiosità evidente dietro le pupille dilatate. 

Entrò con prudenza e ad accoglierlo trovò un tappeto di velluto color vermiglio; un profumo di vaniglia lo investì provocandogli un brivido di piacere che partiva da fin dentro le ossa, ancora intorpidite per il clima esterno. Percorse il corridoio fino in fondo, un passo dopo l'altro, le scarpe eleganti assolutamente inudibili; arrivato all'entrata della sala c'era un uomo, travestito anch'egli, con una maschera verde smeraldo posata sul volto. Allungò la mano e chiese la giacca per poterla appendere con le altre, già riposte in modo impeccabile nell'armadio alle sue spalle. 

Dopo uno scambio di "grazie", era arrivato il momento: varcò la soglia, che scoprì essere costituita da una tenda di pesante velluto color porpora, simile al sipario della stessa struttura. 

Lo spettacolo che lo convinse a lasciare indietro il mondo esterno fu l'insieme dei colori che investirono le sue iridi, sempre meno visibili; ammirò a lungo il soffitto, dipinto di un azzurro più intenso del cielo, le cornici dorate, più preziose di qualsiasi pietra al mondo, e le maschere, più fantasiose di come le avesse mai viste.

Grande, al centro della sala, c'era il solito cartello esposto ovunque con su scritto: 

"L'amore? Non esiste! Non cercarlo, divertiti!"

E lui non lo faceva infatti. Sapeva che sarebbe arrivato il momento di dare il proprio contributo alla società con dei figli, ma aveva tempo per trovare una compagna adatta a tale ruolo. Chissà, magari quella sera avrebbe fatto conoscenze interessanti.

Il suo costume da Arlecchino si amalgamò in maniera strabiliante con il resto dei presenti, rendendolo irriconoscibile, proprio come doveva essere; lo scopo della serata era il divertimento profondo, non legato solo alla superficialità dell'aspetto esteriore. Ecco perché le maschere. Quando non ci si mostra, non si è più audaci?

Il suo sguardo vagò più volte sulla folla, ma nessuno dei presenti attirò il suo sguardo quanto la donna in rosso. Avrebbe dovuto essere invisibile ai suoi occhi visto che tutta la tappezzeria intorno era di quel colore, ma non fu così. La osservò a lungo conversare amabilmente per tutta la sala, passando da un uomo malintenzionato a un altro, senza mai accorgersi di lui. 

La sua fantasia vagò ben oltre i suoi dolci riccioli castani; le sue labbra, chiuse in un cuore, avrebbe potuto scommettere fossero molto più dolci di quanto non sembrassero già; le sue guance, arrossate per i troppi complimenti e per il trucco futile, erano tutto ciò che del suo volto riusciva a scorgere. La maschera, ricamata a mano, adornava le sue ciglia lunghe e suadenti, rendendo il suo volto ancora più irresistibile.

La musica si fermò d'improvviso e la folla si diradò, schierandosi in due file, l'una di fronte all'altra, come se stessero seguendo una sorta di canovaccio del quale lui non era stato informato.

Partì un valzer, frenetico e armonioso allo stesso tempo; l'unione di corpi stretti l'uno contro l'altro che danzavano perfettamente coordinati gli fece quasi venire voglia di unirsi a loro. Ma poi riposò gli occhi su di lei e rimase incantato a osservarla volare: dalle braccia di un uomo all'altro, danzava come trasportata da un soffio di vento e lui non poté fare altro che pensare a come sarebbe stato stringerla a sé. Si distrasse solo quando si accorse di ciò a cui stava pensando.

Iniziò a sentire caldo e decise di allentare un po' il colletto; poi lo percorse un brivido di freddo e tirò le maniche verso i polsi; infine, ricominciò a sudare con più intensità di prima. Doveva uscire.

Individuò una terrazza, accessibile tramite una porta finestra e vi si recò non appena riuscì a divincolarsi dalla folla. Abbassò la maniglia e tirò, lasciando che una folata di vento gelido lo accogliesse tra le sue comode braccia; richiuse quella notte folle alle sue spalle e si appoggiò al davanzale gotico, respirando a pieni polmoni. Chiuse gli occhi e rivide i suoi. Li riaprì frastornato, incredulo da quanto stava accadendo.

Non è possibile. Asserì mormorando tra sé e sé.

Non siamo in una fiaba, nel mondo reale non accade. Ripeté le parole dei suoi genitori e svariati insegnanti per provare a distogliere la sua attenzione da lei. E ci era quasi riuscito. Se non fosse che il suo odore lo pervase dopo il sonoro scatto della porta a pochi metri da lui. 

Bastò quello per mandarlo nuovamente in confusione.

«Si può?» domandò una flebile voce prima di notare la sagoma in piedi di fronte a lei. 

Lui si voltò, come richiamato da un canto sconosciuto nel silenzio più totale; incrociò il suo sguardo per la prima volta quella sera e notò il repentino cambio di espressioni sul viso della donna. Prima un lampo di curiosità, poi un barlume di incredulità e infine una sensazione di sollievo. Solo che lui quel sollievo non lo provava e non capiva come potesse provarne lei.

«Chi siete?» le chiese sussurrando nei suoi pensieri.

«Non è forse contro le regole dirlo?» esordì lei con un sorriso leggero sulle labbra.

«Le regole non le fanno venire voglia di trasgredirle?» replicò lui stando al gioco.

«Va bene, Clyde, posso chiamarla così per stasera? Lei potrà rivolgersi a me con il nome di Bonnie, se lo vorrà» rispose lei schierando tutte le carte in tavola.

«D'accordo, Bonnie, posso darti del tu?» concordò lui sempre più intrigato.

«Solo se io posso darlo a te.» concluse lei porgendogli la mano.

Lui le afferrò le dita, prima stringendole e poi potrandosele alle labbra, lasciando un casto bacio sulle morbide nocche.

Un brivido profondo partì dalla sua spina dorsale e lo percorse tutto, inarrestabile, impossibile da reprimere. Si fermò, per un momento, ancora scosso da quella  sensazione, la stessa che aveva già provato in sala prima di uscire.

Alzò lo sguardo e fu come specchiarsi nei propri occhi, trovando tutti i suoi dubbi in lei, tutte le sue incertezze in quelle iridi calde che lo studiavano come fosse un mistero da risolvere, un rompicapo da spiegare. 

Ma lo negarono ancora, un po' a loro stessi, un po' al mondo, un po' alla società che li aveva cresciuti: "Non esistono le anime gemelle", dicevano. E allora chi era la persona davanti alla quale si ritrovava? Solo uno spirito affine? E perché allora era diverso questa volta dalle altre? Perché sentivano la terra mancare sotto i piedi, lo stomaco in subbuglio e la pelle in fiamme? 

Non poteva essere. Pensavano.

E non si accorsero di essere succubi di quell'amor che move il sole e l'altre stelle.

*spazio autrice*
Ciao a tutti! Tanto tempo è passato, se non troppo dall'ultimo aggiornamento su qualsiasi cosa! Ho avuto un terribile blocco dello scrittore che dura ancora a tratti, ma sto cercando di riprendermi e voglio farlo con la revisione di questa os scritta mesi fa. Spero come sempre che possa piacere e confido nel fatto di poter tornare a scrivere come una volta.
Buona lettura,
V-

|Sotto le stelle-One Shot|Where stories live. Discover now