Prefazione

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Prima di iniziare ci tengo a dirvi un paio di cose: questo libro lo sto scrivendo per sperimentare un nuovo stile di scrittura, quindi ogni tanto pubblicherò un capitolo quando posso. Spero possa piacervi, mi raccomando scrivetemelo nei commenti.









Entrai dalla porta scolorita su cui era attaccato il nome del posto, il "negozio magico". Non ci avevo mai fatto caso, ma ora quella porta mi chiama e dopo una settimana di attesa mi ero lasciata andare alla curiosità. Camminai piano nel lungo corridoio buio che si trovava di fronte a me. Non c'era nessuna lampada ad illuminarlo, e ora che ci facevo caso non sentivo più le macchine passare sulle strade. La cosa mi mise un po' a disagio, forse i muri erano insonorizzati.

Dopo una decina di passi mi decisi a cercare un modo di farmi luce, perché non c'era verso che camminassi ancora al buio verso una destinazione sconosciuta. Cercai nelle tasche il telefono, e mi feci luce con lo schermo. Dopo neanche un minuto a passo più deciso finalmente trovai l'interno del negozio, e ne rimasi piacevolmente colpita. Tutti i muri della sala erano coperti principalmente da librerie, ma in certi punti c'erano delle piccole vetrine. Al centro della sala c'erano un gigantesco bancone, quasi completamente coperto da chincaglieria e ciarpame.

Da un posto che non potevo vedere, mi immaginai una scala nascosta, vidi salire una donna. La guardai in silenzio mentre metteva in ordine le cose sul suo bancone. Non riuscivo a capire quanti anni avesse, in certi momenti le avrei dato una ventina d'anni, mentre in altri più di cinquanta. Mi resi conto che la luce delle antiche lanterne che ora facevano luce, giocavano brutti scherzi alla mia vista, perché i suoi capelli sembravano fatti di fiamma viva, ma solo sulla frangia davanti. Il resto della sua chioma era marrone, lo stesso colore del cioccolato fuso, quello molto dolce che mangiavo quando ero piccola e stavo male. Quello che potevo vedere dei suoi abiti mi piaceva, aveva un corsetto bianco e rosso, finemente ricamato, con dei rubini incastonati che seguivano la forma del suo seno. Da quella distanza potevo intravedere una folta gonna color rosso scuro.

Certi aspetti di quella donna la rendevano...familiare e rassicurante. Lei finalmente si girò verso di me, e mi sorrise. -avventuriero, vieni pure avanti, non riesco a vederti così lontano. Anzi, senza occhiali ti vedo ben poco- scoppiò in una risata genuina e divertita, mentre si mise a cercare gli occhiali.

Non so perché, ma mi avvicinai a darle una mano. Le porsi gli occhiali e lei mi sorrise di nuovo, per poi metterseli. -ohh ecco ecco, ci vedo molto meglio- mi squadrò per bene, prima di parlare di nuovo. -tu sei un'avventuriera direi, come mai sei qui? Quale bestia devi uccidere- mi guardò, aspettando una risposta.

Io la guardai confusa. -il mio...esame di matematica? - le risposi. Ora ripensandoci, fu veramente una risposta stupida e banale. Lei ridacchiò, e si cambiò gli occhiali. Ora vedevo i suoi occhi meglio, brillavano entrambi di un verde innaturale. -come mai sei entrata? - mi chiese, mentre puliva l'unico pezzo libero del bancone davanti a noi. Ci pensai. -beh...- non sapevo come rispondere. Perché ero entrata? Curiosità? Lei mi guardò, poi rispose lei al posto mio. -non è importante- esclamò. -ti va se ti faccio vedere qualcosa?- io annuì. -hai visto qualcosa che ti ha solleticato la curiosità?- -posso guardami in giro?- le chiesi, e lei alzò il pollice.

Mi misi a curiosare per tutto il negozio, e trovai cose assurde. Vidi dentro una delle teche attaccate al muro una testa in un vaso, che mi guardò torva quando bussai piano sul vetro. Vicino alla testa c'era una un pugnale che brillava di luce bluastra e propria. Guardando ancora in giro per poi tornare al bancone.

-allora, giovane avventuriera, cosa ti ha colpito?- mi chiese, e io indica la cosa più strana che avevo visto, una lapide. Era poggiata vicino a me, sul bancone, e sprofondava nel terriccio. Non capivo come fosse possibile che fosse nella terra, ma su un bancone di legno, e non capivo come fosse possibile che la terra non forse sparsa in giro, ma rimanesse in ordine solo in quel punto. Sulla lapide c'era scritto "qui riposa Edgar III, il miglior gatto che sia mai esistito" e la data riportata era 2425 a.C.- . Non volevo chiederle perché mancasse la data di morte, ma la cosa mi incuriosiva molto.

-hai scelto bene, la tomba del mio vecchio Edgar. Sarò felice di raccontarti di lui, anzi, ora che me lo fai notare, è il momento di mangiare- detto questo scese di nuovo le scale che ora riuscivo a vedere, nascoste dal grande bancone, e si diresse in quello che potevo immaginare essere un grande magazzino sottostante al negozio. Tornò dopo quale minuto con un baratto pieno di luce verde.

Con delicatezza bussò alla lapide tre volte con le nocche e attese. Non successe niente.

Sbuffò. -oggi si fa desiderare- mi disse, per poi aprire il barattolo, sprigionando nell'aria un forte odore di pesce. Rabbrividii. -mi dispiace, giovane avventuriera, questo odore è terribile- io annuii, dandole ragione.

Questa volta non fece nemmeno in tempo a bussare, che dalla terra uscì prima una coda verdognola, seguita velocemente da un corpo, delle zampe, e una testolina felina. Mi sorpresi da sola nel sapere che non avevo urlato, o non ero svenuta.

-bentornato Edgar, stavi dormendo? - il miagolò, e mi resi conto che anch'esso era fatto della stessa sostanza verde di cui era riempito il barattolo. La donna versò un po' di quel liquido puzzolente in un piattino e lo poggiò vicino al gatto, che subito si mise a leccare. -quando Edgar finirà di mangiare sarà lieto di raccontarti la storia della sua vita- mi sorrise. Io la guardai con un cipiglio confuso in viso. -il...gatto?- lei annuì. -certo, è un gatto molto loquace- mi rispose.

-non mi piace quando mi usi così- disse il gatto. Ci misi un minuto buono a capire che era stato proprio il gatto a parlare. Non riuscivo a reagire, poi mi resi conto che doveva essere una specie di ologramma, un po' come la testa mozzata, niente di speciale, era solo un trucco per accaparrare i clienti. -suvvia Edgar, non essere scortese e racconta alla nostra giovane avventuriera la tua vita, e del perché ora sei qui- Edgar in risposta sbuffò e mi guardò. -umana, siediti- con una zampa indicò una soffice poltrona rosso scuro alle mie spalle. Riluttante di seguire gli ordini di un gatto fatto di ologrammi mi sedetti. Lo guardai aspettando che iniziasse. -bene, chiudi gli occhi e ascoltami- continuò.

Chiusi gli occhi, e piano piano iniziai a vedere una luce gialla...

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⏰ Last updated: Jan 09, 2023 ⏰

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