Cazzo, Noah. È passato troppo tempo. Cosa pretendi da me?

Caddi a peso morto tra le morbide lenzuola del mio letto, senza togliere i vesti che avevo indosso. Guardai un punto fisso in mezzo al soffitto e lasciai scorrere pensieri, ricordi e sensazioni che con il tempo avevo quasi dimenticato.

Conobbi Noah all'ultimo anno del liceo. All'epoca ero una persona molto diversa. Non mi interessava apparire e di far credere agli altri di avere una vita splendida. Volevo solo che gente mi guardasse perché anche io avevo una storia da raccontare. Per tutti, però, ero un completo sfigato. Venti anni fa nessuno sapeva cosa fosse un social network e nessuno conosceva il significato della parola influencer. Pensavo solo allo studio, niente ragazzi, niente serate al cinema, niente bevute con gli amici. Ero un solitario ma, in un certo senso, avevo deciso io stesso di vivere in quel modo. Se avessi mantenuto una buona media avrei potuto andare all'università con una borsa di studio e vedere il mondo che c'era al di fuori di Newark. Ero di una famiglia squattrinata, perbenista e di vecchio stampo. Eravamo senza un soldo, tanto era vero che il solo fatto di voler acquistare un bene che non fosse di prima necessità... diventava un affare di Stato. Vestivo con abiti fuori moda e di un paio di taglie più grandi. Avevo i capelli poco curati e occhiali da vista che nascondevano la profondità del mio sguardo. Ero un tipo molto introverso e a cui, essenzialmente, piaceva stare da solo. La solitudine però faceva male. Scavava un solco profondissimo che niente e nessuno riusciva a riempiere. Era solo, sì, nel vero senso del termine. Quella solitudine mi aveva aiutato a capire cosa fosse meglio per me. Mi convinsi di voler diventare uno scrittore. Quel sogno rimase nel cassetto e li sarebbe rimasto, per sempre.

La mia vita faceva schifo ma fino a quel momento non avevo mai incrociato lo sguardo di Noah. Quando avvenne, niente fu più lo stesso. A scuola lo conoscevo di fama. Era il ragazzo che era sempre in prima fila al club del libro e che per un anno era stato il direttore del giornale scolastico. Mi piaceva e lo ammiravo a distanza. Lo dovevo ammettere. Fisicamente era proprio il mio tipo, anche se aveva appena 17 anni. Dopotutto, l'età era solo un numero. Le nostre vite si erano intrecciate alla festa di Tunner Scott, poco prima delle vacanze di Natale. Non ricordavo per quale motivo decisi di andare a una delle sue mitiche feste, ma quella sera decisi di farlo e mi trovai a giocare a Obbligo e Verità. Fui costretto a baciare Noah. Doveva essere un gioco, invece quel bacio accese dentro di me qualcosa. Da quel momento in poi non riuscivo altro che pensare a lui, alle sue labbra e quel sorriso che mi aveva regalato subito dopo che avevo preso respiro da quel bacio caso e puro. Per me fu come un'epifania. Sapevo già di essere un diverso, ma non avrei mai immaginato che un uomo potesse avvicinarsi a me e trovarmi appetibile. Ero un insicuro cronico e cresciuto in una famiglia bigotta che considerava l'omosessualità una malattia. O meglio, ero io a crederlo. Con senno di poi, capii che erano solo pensieri e elucubrazioni senza il benché fondamento.

Noah fu il primo di una lunga serie di uomini che erano entrati e usciti dalla mia vita, ma nonostante lo scorrere del tempo non lo avevo mai dimentico e non avevo mai trovato nessuno che fosse meglio di lui. Era stato il mio primo amore e, si sa, il primo amore non si scorda mai.

Dopo quel bacio cominciai a incrociarlo più spesso nei corridoi, e lui non smetteva di lanciami i suoi sorrisi sexy e accattivanti. Sapevo che, rispetto a me, viveva molto meglio la propria omosessualità, ma non avrei mai immaginato che potessi rivolgere proprio a me le sue attenzioni. Ci incontrammo un mese dopo, alla partita di basket che si svolgeva in palestra. Sotto le gradinate e all'ombra della folla urlante, Noah mi baciò di nuovo. Non un bacio a stampo, ma un bacio che appiccò un vero e proprio incendio.

«Ti guardavo spesso in corridoio. Hai l'armadietto vicino al mio. E, niente, sei un figo pazzesco» mi disse, sfiorando un ciuffo ribelle scendeva lungo il viso. «Perché non ti ho incontrato prima?»

«Non dire sciocchezze» risposi alla sua domanda.

«Ho detto solo ciò che penso.»

«Sei tu che sei bellissimo, Noah. Ti ho sempre ammirato per quello che sei.» I suoi occhi erano azzurri, profondi come un oceano in tempesta, come un'onda che si infrangeva sul bagnasciuga.

Siamo stati insieme per tutto il resto dell'anno scolastico. A lui affidai il mio cuore e lui fece lo stesso. Conobbi un Noah dolce, sincero, romantico. Più adulto del ragazzino che era. Anche io feci lo stesso, raccontando la disastrosa situazione economica in famiglia, e affidai a lui i sogni di lasciare Newark per vivere nuove avventure. Nel mese di maggio facemmo l'amore per la prima volta, in motel sulla statale 75. Era bello entrare dentro di lui e assaggiare la morbidezza del suo corpo. Come era ancora più bello lasciarsi prendere con forza e veemenza da un altro uomo. Quella notte capii che dovevo uscire allo scoperto con i miei genitori, raccontare a tutti che amavo Noah e che sarei fuggito con lui persino in capo al mondo. Ma non feci niente di tutto questo. Ero un vero e proprio codardo. Avevo avuto paura e a causa di ciò tradii la sua fiducia, condannando entrambi.

«Un amico di mio cugino ha un appartamento a Los Angeles. Possiamo stare lì fino a quando vogliamo. Il bus impiega un bel po' ad arrivare dall'altro lato dal paese, dovremmo fare due cambi ma... almeno stiamo un po' insieme.» Acconsentii, ben sapendo che non sarei mai andato a quell'appuntamento. Cosa ne sarebbe stato di me se avessi detto chi ero veramente? I miei genitori mi avrebbero amato lo stesso? Lo avrebbero fatto, alla fine. E a causa della mia indecisione persi l'unico vero amore della mia vita.

Guardai Noah aspettare il mio arrivo alla fermata dei bus per più di un'ora. Aveva una t-shirt rossa e un jeans blu. Era seduto su una panchina arrugginita e sul selciato aveva lasciato la sua borsa blu. Ero deluso da me stesso, ma non potevo fare altrimenti. Lui su quel pullman era salito lo stesso. Io, invece, restai in città fino a quando non ebbi la possibilità di andare a Boston e frequentare l'università. Non ebbi più notizie di Noah, anche se il suo ricordo era fisso in me nel lato destro del cuore. Il tempo appannò quel ricordo ma non lo aveva cancellato del tutto. Riaffiorava spesso, e solo quando avevo collezionato una serie di delusioni in amore compresi tutti gli errori del passato. Come il fatto di non essere uscito allo scoperto con i miei genitori e di aver vissuto nell'ombra fino all'età dei trent'anni. Trovai un abbraccio e tante lacrime di gioia. Da adulto ero diventato una persona importante, ero ricco, potevo fare ciò che volevo della mia vita, ma una piccola parte di me sapeva troppo bene che non potevo essere felice.

E ora? Avevo la possibilità di spiegare a Noah perché lo avevo preso in giro e perché ero sparito dalla sua vita, ma lui avrebbe amato il Thomas che ero diventato?

Mi alzai dal letto colto dal panico. Andai verso l'angolo bar e versai una dose generosa di whiskey in un bicchiere di cristallo. Bevvi quel liquido ambrato a piccoli sorsi, così da non affogare nei miei stessi pensieri. 

L'influencer che mi amavaМесто, где живут истории. Откройте их для себя