Capitolo 6 - Tutte le sue cose

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Marco's pov

Mamma.
Ti avevo detto che ci saremmo sentiti dopo. Ora mi chiamerai e non risponderò. E ti arrabbierai perché penserai che come sempre non sento il telefono.
Mamma mi spiace: me lo dicevi sempre di stare attento, di fare piano.
Io sorridevo.
Mamma mi spiace tanto! Ho tanto male. Ho freddo. Ho paura. Non voglio andare via senza rivederti, voglio la tua mano, il tuo sorriso, i tuoi occhi.
Mamma vieni.
Come quando ero piccolo e mi facevo male.

                                   &&&&&&&

Un medico verifica se Marco abbia ferite visibili.
Sul lato destro della testa, la fuoriuscita di sangue e i capelli insanguinati sono la prova che cadendo Marco si sia procurato una ferita.
Occorre muoverlo piano per capire dove sia esattamente. Ed in ogni caso non è possibile stabilire in quel momento quanto sia grave quella ferita.
La caduta, tenendo conto della distanza dalla moto, potrebbe aver provocato lesioni interne a organi e fratture a ossa e perciò devono fare in fretta a immobilizzarlo e portarlo in ospedale. I medici notano che il casco è lontano da Marco e dunque il timore che sia volato via durante la caduta è più che fondato. Potrebbe quindi esserci una commozione cerebrale, anche grave, a giudicare dallo stato di torpore di Marco.
I medici cercano di parlargli, di capire il suo stato di orientamento. Gli chiedono come si chiami e se senta qualcosa di particolare.
Marco non riesce a rispondere alle domande, sente tutto in sottofondo ma è come se parlassero con qualcun altro. Li sente lontani. Vorrebbe dire qualcosa. Ma la voce non esce. Non importa. Non gli importa nulla. Intanto che possono fare loro di diverso se anche lui riuscisse a dire che non riesce a muoversi, che non sente più le gambe, che ha dolori insopportabili alla schiena, alle braccia, alla testa, ma che non ha la forza di urlare?
Non importa più nulla.
Voleva solo che stessero tutti zitti, non sentire più Marta e Claudia piangere.
La bocca è asciutta, ma non sente sete.
Gli occhi bruciano, ma non riesce a chiuderli.
Sente che gli prendono un braccio; e un ago entrare nella pelle, qualcosa penetra nel suo corpo, le vene del braccio si gonfiano di un liquido che brucia e che sente salire al resto del corpo.
Ad un tratto, qualcuno gli solleva delicatamente il mento e un'altra persona gli tiene la testa ferma sollevandola di pochissimo: " Non lo muovere troppo, mi basta solo fare passare il collare per immobilizzarlo".
E poi la sensazione di una lastra gelida sotto la schiena: non sente più la strada. Ora solo più il freddo dell'acciaio di una barella.
Si accorge che devono avergli tolto il giubbotto, e forse anche la felpa. Il freddo è troppo. Trema, non riesce a tenere ferme le labbra.
Viene sollevato con decisione, gli sembra di cadere, ma sa che non potrebbe: è tutt'uno con l'acciaio.
Un ragazzo ai suoi piedi, vestito di rosso, cerca di sorridergli: "Ti stiamo portando in ospedale Marco. Devi stare tranquillo. La' ti metteranno a posto. Vedrai che agli stadi a giugno salterai e ballerai come non hai mai fatto prima. Ho già preso i biglietti. Non fare scherzi, Marco".
Uno dei medici va da Marta e Claudia e dice a quale pronto soccorso sono diretti.
"Come sta? Cosa si è fatto?" chiede Claudia con la voce rotta. "È presto per dirlo", risponde il medico in evidente fretta, "ora in ospedale faranno tutti gli accertamenti e tutto quello che serve. Voi venite subito con i vostri mezzi e entrando al Pronto Soccorso mettetevi a disposizione del personale per tutte le informazioni che servono su Marco. Ci sono parenti più vicini di voi? Potete avvisarli che vengano in ospedale? Ora noi dobbiamo subito andare".
Si gira e correndo si avvia verso l'ambulanza e sale. Le portiere si chiudono, le sirene si accendono.
Lo stesso medico si siede accanto a Marco e prendendogli la mano: "Allora Marco, sei un Guerriero, no? ti abbiamo riconosciuto, sai. A questo punto, ci aspettiamo che tu come minimo ci inviti a vedere un tuo concerto" sorride guardandolo negli occhi per vedere se abbia delle reazioni e se dica qualcosa. Ma Marco non risponde e non reagisce. "Ora devi stare tranquillo. Ti muoveremo un pochino, cercheremo di fare piano. Magari ti farà un po' male. Ma ora sei al sicuro. So che hai freddo, ma passerà anche questo"

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I vigili iniziano a fare i rilievi sul posto, spostano il giubbotto nero di Marco, tolgono da terra la felpa insanguinata, chiedono agli incaricati di mettere la segatura sull'olio che è fuoriuscito dal motore dei due veicoli, prendono le misure per poi spostare la moto e fare riprendere il traffico nel frattempo bloccato per fare passare i mezzi di soccorso.
Marta e Claudia devono andare.
Ma prima Marta ha la sensazione di dover ancora fare qualcosa.
Chiude gli occhi pieni di lacrime e quando li riapre, più in là, vede per terra il cellulare e lo zaino di Marco.
Lascia Claudia e corre a prenderli. Stringe tutto a se' piangendo.
Sono cose di Marco.
Non può lasciare in quell'orribile posto le cose di Marco e soprattutto nulla che Marco potrebbe ancora volere.
Lui deve avere tutte le sue cose quando starà meglio.
Perché chiederà di queste cose e tutto dovrà essere a posto. È sempre tutto a posto quando delle cose di Marco se ne occupa Marta. Era sempre stato tutto a posto, fino a ora.
Vede anche la moto a terra. La odia con tutta se stessa. L'ha sempre odiata. Sentiva che gli avrebbe fatto del male, che a un certo punto lo avrebbe tradito, il suo Marco.
Non è riuscita a difenderlo questa volta.
Doveva fare di più ma non era mai riuscita a non fargliela usare.
"Marta dai, dobbiamo andare!" Claudia la aspetta al van, la stringe in lacrime e insieme salgono.

"Marta dai, dobbiamo andare!" Claudia la aspetta al van, la stringe in lacrime e insieme salgono

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SEI IL TUTTO - MARCO MENGONIWhere stories live. Discover now