II

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"Hey!"
"Hey." Ripeté Harry, reclinando la testa contro il sedile.
Dall'altoparlante dell'auto, sua madre continuò "Sei arrivato?"
"Ti ho detto che avrei chiamato non appena fossi arrivato." Sorrise, alzando gli occhi al cielo "Ti ho chiamata, ergo sono arrivato."
Aveva 28 anni, ma avrebbe potuto averne anche il doppio, per sua madre sarebbe rimasto sempre il suo piccolo Hazza.
"Ah già." Sentì dall'altra parte, insieme alla risata cristallina di Anne "Sei in macchina?"
"Sì, ma ho appena superato il cartello. Sono ufficialmente arrivato." Ripose, svoltando a destra come indicato dal navigatore satellitare.
"Andrà tutto bene, vedrai."
Gli sembrò quasi di vederla davanti a sé, il sorriso dolce ad incurvargli le labbra e i suoi occhi a leggergli l'anima.
Sospirando, si passò una mano sul viso, scostandosi i capelli "Sì, certo."
Pur sapendo di non essere per nulla credibile, Harry si schiarì la gola, stringendo il volante tra le mani per sistemarsi meglio sul sedile.
Con il dito già sul display, salutò sua madre "Ti voglio bene anch'io. Ti chiamo domani."

Concentrandosi sulle indicazioni stradali, al bivio per il centro cittadino o la periferia svoltò a sinistra, lasciandosi alle spalle le abitazioni, quando il suo cellulare squillò di nuovo.
Alzando gli occhi al cielo, aprì la chiamata, ridendo "Siete peggio di mia madre, sapete? Almeno con lei ho un legame di sangue."
"Volevamo sapere solo se eri arrivato, Haz." Rispose Louis.
"Sono sulla strada che mi porterà nella mia nuova casa." Spiegò "Bella isolata, da quello che vedo..."
"Così come hai chiesto..." Gli fece notare Niall.
Annuendo, Harry si mordicchiò il labbro inferiore, cercando un argomento con cui sviare "C'è un tempo di merda peggio che a Londra. Piove da quando sono salito in auto."
"Sì, beh, che ti aspettavi?" Rise Liam "Sei molto più a nord di noi!"
"Beh, grazie per la lezione di geografia, Li." Scosse la testa, alzando gli occhi al cielo "E' sempre un..."
Ma la frase gli morì in gola, non appena scorse una figura camminare ai margini della strada, costeggiando un muro di mattoni.
Inchiodò di scatto, qualche metro più avanti, sbattendo con il petto contro il volante.
"Haz, ci sei?" Sentì subito dopo "Che succede?"
"Niente, tranquilli." Tagliò corto "Vi richiamo stasera."
Liberatosi dalla cintura di sicurezza si precipitò fuori, finendo per rimanere zuppo dalla testa ai piedi nel giro di qualche secondo. Incurante, si voltò nella direzione in cui l'aveva vista.
Ma in strada non c'era nessun altro a parte lui.
Eppure, avrei giurato di averla vista.
Avrei giurato che fosse lei.
Portandosi una mano alla testa, si scostò i capelli che gli coprivano gli occhi, sospirando.
Si appoggiò al fianco della macchina con la schiena, incurante della pioggia che penetrava fin nelle ossa e portò le mani al viso.
Ora soffriva anche di allucinazioni?
E poi, dietro le palpebre chiuse, comparve di nuovo l'immagine di quella ragazza.

Aphrodite.

Stava impazzendo, doveva togliersela dalla testa.
Erano passate tre settimane dal loro primo ed unico incontro, eppure non riusciva a dimenticare il loro bacio, la sua voce, i suoi occhi.
Lo stava facendo diventare pazzo, più di quanto non lo fosse già.
Forse quell'isolamento in Irlanda gli sarebbe servito davvero. Per una volta, il suo terapista avrebbe potuto aver avuto ragione.
Rientrato in auto, sbatté lo sportello ed accese il riscaldamento al massimo prima di ripartire.
Alla traversa successiva svoltò a sinistra e si ritrovò di fronte al cancello di quella che sarebbe diventata per un po' la sua nuova abitazione.

Richiudendosi il cancelletto cigolante alle spalle, Aphrodite sospirò, poggiandosi al muro in mattoni.
Attraverso le ciglia inzuppate guardò davanti a sé, prima di passarsi una mano a staccarsi i capelli dalle guance e riprendere a camminare verso l'abitazione enorme e fatiscente.
Una macchina si riaccese, dall'altra parte del muro.
Doveva essere quella che aveva visto inchiodare poco prima.
Ad attenderla sul portico trovò sua nonna, intenta a togliere i panni dallo stendino.
La salutò mentre ancora borbottava qualcosa contro il tempo mutevole "Ti serve una mano?"
"Oh cielo, no!" Scosse la testa, rivolgendole un sorriso amorevole "L'unica cosa che devi fare di corsa è andare a toglierti quegli abiti bagnati! Non vorrai prenderti qualche malore!"
Alzando gli occhi al cielo, Aphrodite annuì, entrando in casa con un sorrisetto divertito.
Senza incontrare nessuno si diresse verso le scale e salì fino alla soffitta. O meglio, a quella che lei aveva trasformato nella sua camera.
Richiusa la botola, lasciò che il tepore e la luce fioca prodotta dalla stufa vicino al letto l'accogliesse.
I pantaloncini le scivolarono lungo le gambe, fino a terra, seguiti ben presto dalla felpa e dalla biancheria.
Un miagolio la fece voltare verso la finestra.
"Mi chiedevo dove ti fossi cacciato." Sorrise, avvicinandosi al gatto seduto sul davanzale.
Accarezzandolo lungo la schiena sinuosa, alzò il viso, corrugando le sopracciglia.
"Qualcuno deve essersi trasferito nella villa di fronte."

Nello stesso momento, Harry abbandonò le valigie in quella che da quel giorno sarebbe stata la sua camera ed accese la luce.
Davanti a lui, la finestra incorniciava la tenuta affianco.
Il vigneto.
Le luci accese al piano di sotto.
Una figura in soffitta.
Lo stava guardando.

~~~❤️~~~
Ce l'ho fatta!
Mi scuso per il ritardo, soprattutto perché ho visto che il capitolo precedente ha avuto parecchie visualizzazioni, pur essendo solo il primo!
Non so davvero come ringraziarvi...

Spero vi sia piaciuto anche questo, o almeno, in caso contrario, fatemi sapere cosa vi sareste aspettati!

Nel prossimo capitolo -finalmente- il secondo incontro tra Harry e Aphrodite!
Forse è un po presto, ma qualcuno ha idea di quello che potrebbe essere?

Un bacio ❤️

AphroditeWhere stories live. Discover now