There's still a trace

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Mercoledì

Louis non può credere a quello che gli sta succedendo.

Non crede nel destino o a tutte quelle cazzate che coinvolgono mazzi di carte e cristalli, ma non nega che il caso, o come lo si voglia chiamare, esista.

Questa però non è una coincidenza, questa è una grande presa per il culo.

Partiamo per gradi; innanzitutto, è mercoledì, e Louis odia i mercoledì.
Si parla sempre di quanto sia brutto il lunedì, ma il mercoledì non viene mai citato. Ci penserà Louis a questo, perché può assicurare che il mercoledì sia un giorno di merda.

È in mezzo alla settimana, lontano dalla domenica come lo è dal venerdì, o lo lascia come un naufrago su una zattera in mezzo a un oceano in tempesta, che è appunto la sua settimana.

Quindi, è mercoledì, non ha portato a termine nessuno dei lavori che doveva finire, e sta facendo la spesa alle nove e mezza di sera, orario che non consiglia per cenare.

Di solito ordina direttamente a casa (gli va bene qualsiasi cibo da asporto, Mc Donald o sushi o quant'altro, tutto va bene se gli viene consegnato sull'uscio della porta), ma si è lasciato abbindolare dalla luce crepuscolare ed è uscito, seguendo il suo spirito dell'artista (Micheal ha un modo strano di definirlo) e andando al suo supermercato di fiducia.

Ora, Whole Food non è neanche un supermercato di fiducia, più una linea di supermercati americani dove il cibo non è dei più salutari, ma insomma, è vicino casa, è sempre aperto e soprattutto, ha il buffet.

Louis è succube della bellezza ingannevole dei buffet, ed è infatti questo che l'ha spinto a venire lì, e adesso si sogna di star seduto in salone, con la radio e la televisione accesa mentre mangia con le mani e fissa le pagine bianche che avrebbe dovuto riempire.

Quello è un buon piano per un insulso mercoledì sera.

Però. Però.

C'è una persona in piedi al reparto del latte. Nel suo piano originale non c'era nemmeno scritto di prendere il latte, ma ha pensato di poterne approfittare dato che era lì, e non ha potuto evitare di vederlo.

Ora, non è nemmeno così sicuro che sia lui. Ma non può non cogliere quei piccoli dettagli che conosce a memoria; ha degli anelli alle dita, anelli che potrebbe portare sua nonna, e già quello è un indice di riconoscimento, è alto e ha delle gambe troppo lunghe che spuntano da un cappotto troppo elegante per appartenere a un umile abitante di New York, e poi ha dei capelli eccessivamente puliti, lo si vede anche da qua. Ha sempre avuto una fissa per i capelli in ordine.

Però c'è una cosa che ha imparato in quei mesi di vita newyorkese, e cioè che non deve dubitare della stravaganza di chi ci vive, non dalla volta in cui ha visto una signora di ottant'anni uscire in costume da bagno e mettersi su una sdraio per prendere il sole sul marciapiede.

Insomma, ci sono più di cinquemila chilometri che lo dividono da Londra, quindi le probabilità che sia lui sono basse, molte basse.

Meno basse di quanto creda, comunque.

La fila per il buffet si accorcia e prima che possa accorgersene è arrivato il suo turno. Apre la bocca per parlare e da lì va tutto a puttane.

Louis può dire con molta fierezza di avere un forte accento inglese, forse anche fin troppo marcato per passare inosservato in una città americana. Fatto sta che l'uomo del latte si gira e fissa nella sua direzione, e sì, è decisamente Harry. Non è che possa fare molto adesso che ne ha avuto la conferma.

Ordina un intera vaschetta di pollo e si gira, fingendo di non aver visto niente. È un ottimo modo per ignorare i problemi, quello, farebbe così anche con le bollette se potesse, ma ormai ha trent'anni e ha bisogno di prendersi delle responsabilità.

Body Paint | Larry StylinsonWhere stories live. Discover now