So far from Princess Park

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Quel sabato sera io ed Harry tornammo a casa proteggendoci con i cappotti, spiegati sopra le teste come fossero due scudi impermeabili. Ma di impermeabile, quelle giacche, non avevano granché. E stava piovendo.

L'acqua precipitava a secchiate sull'asfalto, sui capelli e sui nostri vestiti. Appena attraversammo uno dei cinque archi che precedevano Princess Park ci sfilammo i soprabiti e scoppiammo a ridere. Eravamo bagnati e snaturati dai quattro boccali di birra ingurgitati, due ciascuno, dorati, strabordanti e schiumosi, come piacevano a noi. Harry non avrebbe potuto annusarne neppure un goccio, in teoria, ma in quel pub ci conoscevano tutti, ormai. Sapevano chi fossimo, ci avevano guardato in tv. "Abbiamo sempre tifato per voi" concludevano ogni volta, salutandoci. "A presto!" aggiungevano: uno spudorato invito a fargli ancora visita.

E noi non ce la sentivamo di ignorare quella supplica. Dopotutto, eravamo solo due adolescenti affamati di esperienze, curiosi di scoprire cosa mai potesse accadere se avessimo abbassato i freni inibitori.

Afferrai la chiave del portone dalla tasca dei pantaloni e tenni aperta la porta per Harry. Mi ringraziò con un cenno del capo, oltrepassando l'entrata.

Una volta all'interno dell'appartamento, ci liberammo degli abiti zuppi di acqua fredda e li calciammo nei pressi dell'ingresso. Era normale, per noi, gironzolare tra le mura vestendo soltanto i boxer.

«Ti preparo un tè?» proposi, rabbrividendo. Era dicembre e cominciava a tirare un freddo ostico, spinoso. Avevo bisogno di scaldarmi il prima possibile.

«Niente tè» rifiutò.

Percepii in lui un tono eccessivamente biascicante, così mi fiondai ad accertarmi che stesse bene.

Stava bene. Aveva scostato le coperte dal materasso per insinuarvisi attraverso.

«Ti lascio dormire» dissi, facendo per spegnere la luce della sua camera. «Buonanotte».

«No» piagnucolò Harry.

«No?» chiesi, perplesso.

«No. Dormi con me». Nel mugolarlo, piazzò la faccia sul cuscino e sporse in fuori le labbra.

Sorrisi. Non era insolito che dormissimo insieme, anzi. Stava diventando una sorta di tradizione che ci impegnavamo a ingannare, pur di non ammettere quanto ci piacesse sentirci così vicini, uno accanto all'altro.

«Ti concedo soltanto mezz'ora» vincolai.

Spensi la luce, pigiai il tasto di accensione sul telecomando della televisione e mi ficcai tra le lenzuola, al suo fianco. Harry non attese un secondo prima di attorcigliare le gambe alle mie.

Era caldo, ma le dita dei suoi piedi erano ghiacciate. Inspirai e inserii un braccio sotto al suo busto per abbracciarlo, quando lui schiacciò una guancia contro il mio petto e circondò la mia vita.

I suoi capelli profumavano di shampoo all'essenza di mango. Erano umidi di pioggia, e straordinariamente soffici. Mi solleticavano il mento, il collo e una clavicola.

Sentii le sue ciglia sbattere sulla mia pelle. Aveva chiuso gli occhi. Ed io, trepidante, mi concentrai sul film trasmesso dal canale selezionato, una commedia americana in cui Lindsay Lohan era protagonista e che avevo guardato tante di quelle volte da poterne recitare le battute a memoria.

Poco alla volta, il respiro di Harry si fece più tenue, le sue braccia sul mio addome si indebolirono e il suo cuore batté a una cadenza più mite, regolare. Quel cuore pompava sulla mia spalla.

Per un istante calai le palpebre pure io. Non avrei mai potuto abituarmi a quella sensazione, al suo odore, al suo calore, alle nostre carni incollate. Avrei resistito per altri ventotto minuti e poi mi sarei rintanato nella mia camera a masturbarmi, come facevo sempre.

So far from Princess Park [Larry Stylinson]Where stories live. Discover now