"E questa qui chi è?" Domandò Tanya.

Il mio sguardo intriso di panico si spostò su di loro che non aspettavano altro che una mia risposta:"Lei è Louisa, la ragazza di cui vi parlavo poco fa". Dissi d'un fiato.

Sembrava io mi fossi tolto un peso che tornò ad opprimermi non appena incrociai lo sguardo contrariato di Tanya, non voleva che Louisa lavorasse con noi né tanto meno che avesse a che fare troppo con me. Spiegandole il motivo per il quale l'avevo lasciata ad occuparsi della pulizia del locale, la raggiunsi al bancone bar per poterle parlare lontano dalle orecchie di chi non doveva sentire.

"Vorrei solo che tu fossi gentile con lei", bisbigliai all'orecchio di Tanya.

Stava preparandosi un caffè latte, il suo preferito:"Liam, non ci serve una donna delle pulizie", commentò:"Ce la siamo sempre cavati da soli, possiamo farlo anche adesso".

Deglutii:"Hai ragione ma mi sembrava un modo carino per aiutarvi ad alleggerire i vostri compiti".

"Gentile da parte tua ma non serve".

Tanya era irremovibile, testarda come sempre ma forse questa volta avrei potuto farle cambiare idea:"Diamole una piccola occasione".

Lei mi guardò, finalmente quello sguardo severo era ritornato il docile di sempre:"Va bene, ma al primo errore lei è fuori".

Sospirai:"Ci sto", non aggiunsi altro. Il mio sguardo poi si spostò su Andrew, sembrava particolarmente interessato a chiacchierare con Louisa. Conoscevo quella vecchia volpe, non me lo bevevo quel sorrisetto sul volto solo per due chiacchiere. Mi avvicinai:"Spero non le stai riempiendo la testa di stupidaggini", dissi fermandomi dietro le spalle di Lou.

Lei si voltò per guardarmi dicendomi che stavano semplicemente chiacchierando sui ruoli che noi tutti avevamo all'interno del locale. Non era tanto lei a preoccuparmi quanto Andrew, aveva una strana calamita con le belle ragazze, sapeva sempre come spogliarle dei loro pensieri per arrivare a compiere i suoi fatti. Lo avevo sempre lasciato fare, in un certo senso ammiravo il modo in cui impiegasse così poco tempo ad uscire con una donna, ma questa volta qualcosa dentro me mi stava spingendo a mettere un freno al suo istinto.

"Sono tutti molto interessanti", aveva risposto lei alla mia ennesima domanda:"Ma nessuno lo vedo adatto a me".

"E quale pensi che sia quello che fa per te?" Le chiese Andrew.

"Me ne verrà in mente qualcuno", Louisa sorrise.

Quel piccolo gesto lo vidi riflettersi sulle labbra di Andrew, sembrava attirato quanto me dalla semplicità che indossava questa ragazza con tanta consapevolezza.

"Posso parlarti un secondo?" Gli chiesi cercando di non lasciarmi troppo ipnotizzare da quel sorriso.

"Certo, dimmi pure".

"Da soli", guardai Louisa che prontamente si attivò.

"Oh si, torno subito al mio lavoro".

Fece per allontanarsi quando la fermai:"Eh Lou, stai attenta a non rompere gli altri scopettini", le sorrisi. Lei ricambiò per poi allontanarsi. Quando fui sicuro che nessuno era nei paraggi per poter sentire, mi concentrai su Andrew:"Guarda che lo vedo il modo in cui la guardi".

Andrew scoppiò a ridere:"Non fare il paranoico".

Gli diedi un colpetto sulla spalla:"No Andrew, non sto scherzando". Il mio tono era più serio di quanto avrebbe dovuto essere:"Lei non è in commercio".

"Ne parli come se fosse già tua".

Quelle parole mi fecero salire i brividi, Louisa non era di nessuno né tanto meno mia. Ma nel ripeterlo nella mia mente, chissà perché, speravo del contrario.

"Smettila di dire cavolate", biascicai a denti stretti guardandomi attorno.

Andrew sospirò:"Va bene, non la toccherò". Fui sollevato:"Piuttosto, sai che neppure Tanya crede alla storiella dell'incontro per caso. Dove l'hai trovata?"

Non potevo, a lui non dovevo nascondere la verità. Andrew era più di un collega per me, era un fratello, il mio migliore amico, un perfetto confidente.

Dovevo dirgli la verità, bella o brutta che fosse:"Mi è finita addosso mentre cercava di scappare con un portafogli rubato".

Andrew scattò:"Cosa?! Hai portato una ladra nel nostro locale?"

Cercai di calmarlo non appena la sua voce si fece un tono più alto:"No, no, no. Non è una ladra".

"Ma hai appena detto di aver rubato un portafogli".

"Si ma lo ha restituito subito, aveva solo molta fame così ha agito d'istinto".

Andrew si calmò incrociando le braccia al petto:"Tanya lo sa?"

"No e non dovrà saperlo", il mio tono era supplichevole.

Lo sguardo di Andrew si fece serio, si fidava di me ed io di lui:"Non ne farò parola con nessuno ma tu cerca di tenerla d'occhio".

Quando avevo visto Louisa prendere la scala e posizionarla sotto una delle lampadine fulminate, ero seduto ad un tavolino intenzionato a leggere la brochure dei nuovi prodotti che avrebbero sicuramente attirato nuovi clienti al mio locale. Ma qualcosa nel suo modo impacciato di muoversi aveva fatto in modo di distrarmi e cancellare totalmente tutto ciò che mi ruotava attorno. Eravamo solo io, lei e quella scala che sotto i suoi piedi indecisi aveva iniziato a tremolare come una corda di violino.

I miei occhi erano fermi su di lei impotenti nello spostarsi altrove, un nodo si legò così stretto nella mia gola da non permettermi di respirare e il cuore aveva iniziato a mancare qualche battito non appena la vidi allungarsi verso il soffitto.

"Lou non così, non sporgerti in questo modo", dissi a denti stretti.

In un attimo, come se il mio corpo avesse preso vita propria, mi alzai di scatto dalla sedia correndo verso di lei. La presi in braccio prima che potesse cadere a terra, le mie mani un'altra volta erano finite sui suoi morbidi fianchi a toccare involontariamente la sua calda pelle. Era leggera come una foglia spazzata via da una delicata folata di vento, il suo viso rivolto verso di me aveva lasciato ai nostri nasi il piacere di conoscersi da più vicino, sentivo il profumo alla vaniglia che emanava la sua guancia lievemente arrossita.

"Stai bene?" Le domandai con un filo di voce.

Mi guardava come neppure Tanya mi aveva mai guardato, con dolcezza:"Sì sto bene, anche se..." si interruppe senza saperne il motivo.

"Anche se?" Provai ad incitarla a concludere la frase.

"Niente di importante".

A malincuore la feci scendere dalle mie braccia, non volevo che qualcuno ci vedesse, oltre a coloro che stavano giocando al bowling. Louisa sembrava imbarazzata tanto quanto lo ero io da non riuscire a dire più una parola, si portò una ciocca di capelli dietro l'orecchio e sulla sua mano vidi un segno che attirò la mia preoccupazione.

"Come ti sei procurata questo rossore?" Le chiesi afferrandole la mano.
"Dalla vecchia lampadina".
"Hai preso la scossa?"

Il mio tono era un misto tra rabbia e senso di colpa, avrei dovuto fermarla prima che salisse su quella maledetta scala.

"Si ma non è niente, non fa nemmeno male". Mi sorrise, ma riuscivo a percepire in lei un leggero nervosismo.

"Vieni con me, voglio medicarti".
"Ma non c'è bisogno".

Quel suo modo dì tranquillizzarmi non faceva altro che farmi preoccupare e non dovevo. Lei non era affare mio e non doveva diventarlo, ma le mie azioni si comportavano in maniera del tutto opposta a ciò che pensavo. La presi per mano incastrando le dita alle sue che non strinse quanto avevo fatto io, la accompagnai nel magazzino dove aveva preso la scala e quando chiusi la porta pregai il mio stomaco di non impazzire.

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