Capitolo 1

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Un immenso prato verde, non riuscii a vederne il confine. Era così buia quella notte, ma il cielo era così pieno di stelle e la luna era così splendente che potevo vedere dove appoggiavo i miei piedi. Camminai lungo quel prato, cercando di arrivare in un qualche centro abitato, ma non trovai nulla. Camminavo e camminavo, senza sentire la minima stanchezza. C'erano un sacco di lucciole, sembrava un posto così magico, così misterioso. Sentii i brividi del freddo, ma non mi dava fastidio. Era una sensazione così piacevole stare in quel luogo, mi sentivo quasi a casa.

I miei occhi videro in lontananza delle rovine, alle quale mi avvicinai piano piano. Girai in mezzo a quel rudere, sfiorando con le mani le piante che sembravano voler coprire tutto quello che rimase in quel posto così familiare a me. Sentii una sensazione strana, poi trasalii. In mezzo alle rovine stava riposando una strana creatura, era enorme ed emanava un odore talmente forte che non riuscivo a non provare un senso di nausea. I suoi occhi gialli scintillanti si aprirono, notando la mia presenza. La creatura si alzò, prese da terra una specie di mazza piena di spine. Mezza assonnata, la creatura si avvicinava. Io cercai di allontanarmi, la creatura accelerò il passo. Poi mi saltò addosso.

Mi svegliai di soprassalto, quasi urlando. Ma capii che era solo un sogno. Un sogno strano, direi. Sembrava così reale, tanto che mi sembrò di sentire davvero quelle sensazioni. Ma la sveglia che da lì a poco suonò, mi fece capire che stava partendo l'inizio di una giornata della mia vita semplice e ordinaria. Una vita normale.

Salutai le mie coinquiline e, dopo una colazione veloce, uscii di casa. Presi il treno e andai in Università, come di routine. In quegli anni frequentavo la facoltà di letteratura in una città lontana da casa mia; infatti, dovetti abbandonare i miei pochi affetti per trasferirmi e per poter studiare ciò che mi piaceva. Poteva sembrare una fase triste della vita, ma pensandoci bene, personalmente non persi così tanto andando via di casa. La mia famiglia adottiva non si è mai interessata così tanto a me, non provarono la minima tristezza durante l'annuncio della mia partenza. Come non provarono il minimo sentimento durante tutta la mia intera vita. Avevo solo pochi amici, i quali riuscivo a vedere durante l'estate o le vacanze natalizie. Quindi cosa avevo da perdere davvero? Nulla. Avevo solo da guadagnare.

La giornata universitaria iniziò verso le 11 del mattino con la lezione di Letteratura Inglese. Entrò un giovane affascinante, si presentò come il nuovo professore del corso. Alexander era il suo nome, ma non disse il cognome. Il precedente dovette trasferirsi per motivi personali, perciò venne sostituito dal nuovo arrivato in città. Disse che era la prima volta che insegnava a una classe, chiedendo di augurargli un grande in bocca al lupo. Tante ragazze e tanto ragazzi rimasero affascinati da lui. Giovane, capelli corvini lunghi fino alle spalle, vestito elegante, occhi neri che erano come calamite. Stando in prima fila potevo avere il privilegio di notare questi piccoli dettagli.

La lezione si stava svolgendo normalmente, nessun dettaglio strano. Per tutta la lezione però rimasi incantata da lui, senza capirne bene il motivo. Non ero mai stata innamorata, ma non penso fosse quello il sentimento che provai per lui. C'era qualcosa di particolare in lui, quanto avrei voluto capirlo subito.

Finii la lezione e alcuni andarono a chiedere consigli al professore su alcune letture da integrare nel programma, nel mentre io e le mie colleghe passammo osservando incuriosite quella scena. Nessuno era mai stato così interessato a quel corso.

― Ci credo che si comportino così, nel nostro corso di laurea non abbiamo professori così giovani e belli. Sarei rimasta anche io con la scusa di una qualsiasi domanda ― Disse Elisa. Non era solo una mia collega universitaria, ma anche una mia cara amica.

― Ci avresti davvero abbandonate così? ― Domandai in modo ironico.

― Certo che lo farebbe. Ormai dovresti conoscerla ― Rispose ridendo Emily.

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