Lo Spettro Bianco

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Prima che il brusio terrificato potesse raggiungere toni troppo alti, Yan era già apparso proprio alle spalle di re Kayne.

Al sussulto di tutti i soldati, il sovrano si volse e strabuzzò gli occhi su colui che credeva uno spettro della Foresta di Hanover. Nei suoi occhi grigi e malefici risplendeva, finalmente, la paura.

Yan lo affrontò stavolta a voce alta: «Se spargerete il sangue sulla terra di questa Foresta, noi non avremo pietà!»

Ma nella sua superbia, Kayne si ostinò comunque e sollevò il mento per rispondere con altrettanta furia: «Questa Foresta è mia, così come ogni granello di terreno di Egaelith!»

«TU NON MERITI ALCUN COMANDO!» sbraitò Yan.

Col pensiero rivolto a sua madre in fin di vita, sfogò la rabbia che gli ribolliva nel sangue, traboccata all'ordine di Kayne di avere con sé tutti i guaritori. Aveva preferito abbandonare una donna debole e indifesa, quando aveva a disposizione molti altri medici.

«TU SEI SOLO UN PEZZO DI MERDA VIGLIACCO! STAI ORGANIZZANDO UN AGGUATO, MA NON INDOSSI NEANCHE L'ARMATURA PER COMBATTERE AL FIANCO DEI TUOI UOMINI! NON HAI INTENZIONE DI SPORCARTI LE MANI, VERO? NON LO FAI MAI, KAYNE! TU NON MERITI QUELLA CORONA! TU NON HAI IL DIRITTO DI DECIDERE SULLA VITA DEGLI ALTRI! TU NON MERITI IL TRONO! IO CONOSCO LA VERITÀ!»

Yan parlava pensando a come il re avesse abbandonato sua madre, al fatto che avesse inviato un sicario a uccidere i signori Seller, a come avesse lanciato Yan stesso nell'arena, al modo in cui aveva tenuto prigioniero James per due interi anni, al trattamento che aveva riservato a Xerxes e a Elijah, a ciò che aveva fatto ai genitori di Skye, e parlava pensando alla distruzione di Murcuw e, sì, anche a come avesse mandato Tyler Mowbray a sacrificarsi.

Eppure non si sarebbe mai aspettato di scorgere un ulteriore terrore negli occhi di Kayne. Era rimasto più spaventato da queste parole che da chi le aveva pronunciate.

Yan aveva appena colpito un punto molto sensibile di quell'uomo crudele, solo che non riusciva a comprendere bene di quale si trattasse.

Dipoi lo sguardo di Kayne tornò assetato di sangue e, nuovamente rigido, strillò: «Pronti a scoccare!»

Yan si affrettò a girarsi e a mordere un portsid.

Stavolta si trasportò direttamente nella tenda di sua madre, trovandola in condizioni ancor peggiori di prima.

Owen e Nathan stavano cercando di farla alzare, mentre quella boccheggiava affogando nel suo stesso vomito. Non aveva le forze per rimanere dritta, ogni volta tornava ad accasciarsi sul cuscino.

Il respiro le si fece flebile, mentre le palpebre si chiudevano lentamente.

Yan le afferrò la mano.

La povera donna sussultò e spalancò gli occhi su di lui. Le sue labbra sporche si distesero in un debole sorriso. «S-sei venuto, te-tesoro... M-mi porti c-con te...»

«N-n-no! Non devi morire! Io...» Yan si ficcò il pugno in bocca.

Qualcuno poteva starli spiando?

Non poteva dire troppo...

Ormai, purtroppo, la signora Mowbray aveva adagiato la guancia contro il cuscino, aveva chiuso gli occhi e il suo corpo si era immobilizzato...

«No...»

Yan premette forte la testa contro il suo petto, ancora caldo come lo aveva sempre ricordato, ma oramai privo del dolce tamburellare del cuore.

                                    *

Non si era neanche accorto di essere stato trasportato altrove.

Improvvisamente si ritrovò in ginocchio vicino alla scarpiera, nel Rifugio dei Poltergeist.

Un attimo prima stava contro l'adorato ventre della madre, finalmente dopo tantissimo tempo, e l'attimo seguente ne era di nuovo lontano, a leghe e leghe di separazione...

In realtà, ora esistevano in due dimensioni diverse...

«Mamma...» chiamò come un pulcino. «No, mamma...»

Nathan era inginocchiato accanto a lui, sentì le sue braccia avvolgerlo e la sua gola emettere un suono altrettanto triste mentre tirava su col naso.

Owen si accucciò vicino. «Mi dispiace, Yan...» mormorò afflitto.

Yan portò le mani al viso, quasi senza riuscire a vedere le dita ancora innaturalmente candide.

Era finita.

Sua madre era morta...

Incrociò lo sguardo di Owen, luccicante quasi lui stesso avesse perduto qualcuno di caro. Doveva sentirsi in colpa non soltanto per non essere riuscito a salvare una persona, ma anche perché quella persona aveva contato molto per un suo amico.

Yan si strusciò il naso, in preda a forti singhiozzi. «I-i-io s-so che hai fatto del tuo meglio.»

«Avrei solo voluto che il mio meglio fosse abbastanza...»

«S-se non ce l'hai fatta tu, n-nessun a-altro a-avrebbe potuto...»

Gli amici lo aiutarono ad alzarsi, e Yan strusciò i piedi lungo quel corridoio così tanto familiare e confortante.

«Ragazzi!»

Skye si affacciò subito dalla cucina, in preda alla preoccupazione.

Non appena vide le lacrime negli occhi di Yan, la sua bocca si storse in una smorfia afflitta e si lanciò a stringerlo forte.

Poi, col viso nascosto, Yan sentì tutti gli altri riunirsi per abbracciarlo.

Non voleva più fare sciocchezze, non voleva perdere anche loro. Erano tutto ciò che gli rimaneva.

Non sarebbe più stato scontento della sua vita, perché se avesse perduto anche solo un pezzo della sua famiglia,  non lo avrebbe sopportato.

                                    *

Purtroppo è andata a finire così per la madre di Yan, ma non credo ne siate troppo sorpresi, sembrava quasi inevitabile...
Se non altro, lui è tornato a casa.

I Flagelli: TradimentoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora