3. The Escape

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-in infermeria dopo la missione-

Aprì gli occhi lentamente e una figura non definita era seduta su quella che sembrava un sedia accanto a Sasha, in sottofondo il rumore del suo battito cardiaco e dei macchinari la fecero tornare alla realtà. Si trovava in un ospedale, più che altro l'infermeria della Red Room, la persona accanto a lei era Yelena che al momento stava dormendo, ai piedi del letto un dottore stava leggendo la cartella clinica e quando si accorse che la paziente era sveglia posò gli occhi su di lei. In quello sguardo Sasha poteva leggere lo stupore di quello che aveva appena letto ma anche l'indifferenza con il quale avrebbe dovuto trattarla. Il medico si avvicinò a lei e controllò che la ferita al fianco non fosse peggiorata dopo l'operazione, le parlò in modo freddo e deciso che lo stesso pomeriggio l'avrebbe dimessa. Intanto di fianco alla ragazza si sentì uno sbadiglio di Yelena che nel frattempo si era svegliata e appena il dottore uscì dalla stanza, la bionda si alzò per abbracciare la sua amica. Non si dissero nemmeno una parola si guardarono come due persone che si conoscevano da una vita, come due sorelle preoccupate a vicenda, eppure non avevano nessun legame di sangue, solo un forte affetto che le faceva sentire meno sole in quell'inferno.

Dopo essere stata dimessa Sasha riprese ad allenarsi regolarmente finché Dreykov non programmò un'altra missione. Questa volta sarebbe stata da sola, infatti, era una missione per recuperare un oggetto perso a Manhattan, New York: era lo stesso "cubo" blu della scorsa. Sarebbe andata da sola per il semplice fatto che Sasha era la migliore con i poteri che possedeva e poteva facilmente rubare qualcosa senza essere vista, in caso contrario con gli stessi poteri avrebbe potuto uccidere i testimoni. Iniziò ad allenarsi con la magia e a scoprire nuovi poteri. 

-la sera prima della missione-

I pensieri della mora vagavano tra ricordi e intenzioni future. Aveva pianificato tutto insieme a Yelena, la sera che sarebbe stata a Manhattan Sasha si sarebbe tolta il gps che aveva dentro la pelle tramite un coltellino svizzero, poi l'avrebbe distrutto e avrebbe corso il più lontano possibile rifugiandosi da qualche parte. Non riusciva più a vivere in quel posto con gli abusi, gli allenamenti sfiancanti e i traumi dell'infanzia che ogni giorno la facevano impazzire. Sarebbe scappata e non sarebbe tornata in quel posto, si sarebbe dimenticata di tutti gli allenatori che fin da bambina le facevano male, di tutte le sere passate a piangere stremata dal dolore per la fatica passata durante la giornata, se ne sarebbe dimenticata sicuramente, o almeno così sperava.

"Mi mancherai Sasha" le disse la bionda in punto di piangere.

"Non piangere Yel, ti prego non renderlo più complicato.." le rispose Sasha posandole una mano sul braccio.

"Sai non è facile abbandonare l'unica persone che mi ha fatta sentire a casa" le sorrise Yelena mentre una lacrima le bagnò una guancia.

"Tieni" prese un braccialetto d'argento dal comodino "così non ti scorderai della bionda che ti consigliò una pistola più leggera e precisa", Le posò il braccialetto sul palmo della mano e la mora non poté fare altro che sorridere mentre le lacrime le pizzicavano gli occhi.

La mora indossò il braccialetto e si tolse l'unica cosa che le rimaneva dei suoi genitori, un anello d'argento con con le iniziali <<S.A.P>>. le prese la mano e le infilò il gioiello nell'anulare. 

"E tu non dimenticarti della ragazza mora che usava una pistola pesante e inadatta per lei" le lacrime le solcarono il viso andando a cadere sulla mano della bionda.

Entrambe si sorrisero e si abbracciarono piangendo, non volevano lasciarsi in quel modo, non erano pronte a separarsi così in fretta. Quando si staccarono da quell'abbraccio pieno di affetto e sofferenza si coricarono e si addormentarono. Sasha sapeva che non avrebbe trovato nessun'altra persona simile o uguale a Yelena, perché lei c'era sempre stata dopo quell'incontro al poligono di tiro, le aveva asciugava le lacrime quando alla sera piangeva e le fasciava le ferite degli allenamenti quando cadeva, Yelena era una sorella maggiore per Sasha e l'idea di vivere senza di lei la distruggeva e allo stesso tempo la spaventava. Le aveva promesso che l'avrebbe ritrovata e l'avrebbe salvata de quel posto e questa era la cose importante che le dava la forza per lasciarla.

-Manhattan, New York-

Era giunto il giorno della fuga e Sasha si trovava in una strada isolata di Manhattan.Estrasse il coltellino svizzero da uno stivale e conficcò la sua punta affilata nella gamba, un po' più su del ginocchio, senza rendersene conto fece un taglio di 4 centimetri leggermente profondo e quando ritrasse il coltello tolse dalla ferita un localizzatore circolare nero. Lo buttò a terra e lo distrusse con la punta dello stivale. Prima di poter scappare un voce alle sue spalle la fece rabbrividire. Quando si girò vide una vedova di qualche anno in più di lei, con lunghi capelli neri raccolti in una coda, era totalmente sotto il controllo di Dreykov e prima di iniziare a parlare le puntò una pistola contro.

 "Cosa credevi di fare Petrova? Scappare dal tuo destino? Sei stata addestrata ad essere un'assassina, sei quella potenziata. Non pensare di poter scappare così dal capo." Le disse ricaricando l'arma.

"E tu pensi di poter fermarmi?" estrasse una pistola dalla cintura e gliela puntò contro. "hai torto quando dici che non potrò scappare ma hai ragione quando dici che sono un'assassina" le sorrise e le sparò a una gamba.

La vedova istintivamente le sparò e le colpì una spalla, si avvicinò a lei e le fece un taglio sulla gamba destra in modo da atterrarla dandole un calcio ma gli occhi di Sasha a quel contatto con la lama iniziarono a brillare e  dopo un un taglio sulla guancia da parte dell'avversaria le puntò una mano contro facendola fluttuare in aria. La vedova controllata da Dreykov stava soffocando e in pochi secondi il suo corpo cadde a terra privo di vita. 

Sasha fece un urlo di dolore per il proiettile nella gamba e per i diversi tagli sul corpo, si tocco la guancia sanguinante e prese un respiro profondo. Subito dopo iniziò a correre lontano in presa al panico suonò a diverse porte ma nessuno le aprì la porta per medicarla. Corse per chilometri con il sangue che le colava per i vestiti e per la faccia, per il colpo alla gamba era persino caduta e i vestiti erano ricoperti di sangue e terra. Arrivò davanti a un palazzo enorme e suonò al campanello come un disperata sperando che le aprissero, Si sentiva leggera e le girava la testa, le mancava il respiro per la corsa ed era più pallida per il sangue perso. Udì delle voci da dentro il palazzo.

"Barnes vai tu ad aprire, qualcuno non smette di suonare il campanello e tutto ciò è al quanto fastidioso." disse una voce maschile. 

Sasha si accasciò alla porta, si sentiva morire un'altra volta e quando dopo pochi istanti la porta si aprì fece in tempo a vedere solo una sagoma possente di un uomo e un braccio luccicante di metallo. Dopo questa visione appannata si sentì il corpo leggero e si lasciò cadere a terra con la vista del tutto oscurata.

|| Spazio Autrice ||

ALLOOOOOORA questo capitolo è più lungo del solito, mi scuso per eventuali errori grammaticali.

Spero vi piaccia, è stato abbastanza complicato scriverlo perché mi ero presa una pausa dalla storia ma ci ho comunque provato.

Probabilmente i prossimi capitoli saranno scritti in prima persona dal punto di vista di Sasha.

Al prossimo capitolo!! <3

Red Widow || Bucky BarnesWhere stories live. Discover now