34 - Saragozza di nuovo

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Marc parcheggiò la sua Honda Civic Type R davanti al suo garage e dopo essere scesi, mi condusse all'interno della sua casa, che scoprii essere estremamente moderna e stilosa, oltre che tecnologica. Lui sì voltò verso di me, in pantaloncini beige e maglietta nera con le braccia incrociate, enfatizzando i muscoli delle sue braccia e inarcando un sopracciglio.

Per quanto il momento fosse serio, non riuscii a contenermi nell'ammirare il suo viso: l'espressione seria gli faceva risaltare la forma elegante delle sue labbra, oltre che la linea della sua mascella.

Quando mi resi conto di ciò che stavo facendo, abbassai lo sguardo, imbarazzata. Imbarazzata perchè lo avevo fissato, ma imbarazzata anche per le bugie che dovevo spiegargli.

« Quindi? » mi chiese lui, in italiano « hai intenzione di parlare o no? »

Divenni rossa: anche se non riuscivo a vedermi, lo sapevo. Le guance avevano iniziato a scottarmi.

« Scusa » sussurrai, non riuscendo ad incrociare i miei occhi con i suoi.

« Io voglio sapere chi tu sia » pretese Marc, prendendomi contropiede.

Alzai lo sguardo, dispiaciuta e allo stesso tempo ferita.

« È inutile che mi guardi così » proferì Marc, freddo « Non so fino a dove tu ti sia spinta con le bugie. Non so se quello che mi hai raccontato di te sia vero o meno »

« Ti ho solo mentito sulle moto » specificai io « non mi sarei mai permessa di mentire su tutta la storia della mia vita »

Lui alzò il mento, in segno di sfida: « Sai quante persone mi hanno mentito su di loro solo per avvicinarsi a me? »

« Credi che io sia capace di una cosa del genere? » gli domandai, con il magone. Sul serio credeva che io potessi essere così stronza?

« Non lo so, io non ti conosco » dichiarò Marc, indifferente « Può essere »

Quella sua apaticità mi fece male, molto male. Un buco nel petto iniziò a divorarmi dall'interno.

« Ti ho solo nascosto un dettaglio della mia vita » sostenni io, cercando di non piangere « Non mi sono mai permessa di dirti cose false. Ti ho solo tenuto all'oscuro di una cosa »

Lui rimase in silenzio, facendo un cenno con la testa per invitarmi a continuare.

« Correvo in moto » rivelai io « ho iniziato ad avvicinarmi alle moto quando avevo solo tre anni. A quattro ho iniziato con le enduro e le cross insieme a mio papà, mentre mio zio ci aiutava a sistemare la moto. Poi ho iniziato a correre in pista: ho corso in Italia, qualche volta in Spagna e in Francia, fino a quando ho vinto il CIV italiano due volte di seguito, nel 2011 e nel 2012, a 14 e 15 anni. Ero l'unica femmina che correva contro i maschi, poi, per colpa di quella cosa e per colpa di quello che ha fatto mio zio, ho smesso di correre agonisticamente »

« Quindi è per quello che sei qui » proferì Marc « hai conoscenze in Ducati, conoscevi Nakamoto, Dovizioso e Stoner già da prima »

« Assolutamente no. Avevo solo mio zio come collegamento al mondo delle moto. Gli altri li ho conosciuti solo quando ci ero già dentro » precisai io, offesa da quella sua implicazione « neanche sapevo che la Honda avesse provato a contattarmi dopo il CIV »

Lui fece un segno affermativo con il capo, come se stesse comprendendo: « Perciò sei entrata in Ducati come meccanico senza un titolo di studio adatto perchè avevi già esperienza nel mettere a punto una moto, e perchè Dall'Igna sapeva già chi tu fossi »

« Si »

« È per questo che sei così brava come collaudatore » tirò le somme lui, con un'aria quasi ammaliata « perchè sei stata anche una pilota, e piuttosto brava oserei dire. Hai guidato la mia bimba estremamente bene, e tu non la guidi da sette anni come me »

Alzai le spalle, non del tutto convinta dal suo atteggiamento.

« Perchè la mia moto? » mi domandò lui, curioso.

« Davvero c'è bisogno di spiegazioni, Marc? La tua moto ha vinto sei titoli negli ultimi sette anni » gli feci presente, e lui sorrise compiaciuto.

« Perchè non me lo hai voluto dire prima? » mi chiese lui.

« Una ragazza come pilota? Che avrebbe potuto batterti, se avesse continuato con la sua carriera? Sarebbe stato un motivo di imbarazzo, per te » spiegai, anche se sapevo che non era questo il vero motivo « e di certo non volevo sembrare una gradassa vanitosa »

« Non lo saresti stata, anzi ti avrei ammirato. Sarei peso dalle tue labbra, proprio come sto facendo ora » mormorò lui, avvicinandosi verso di me, con fare attento ma anche sornione.

I nostri occhi sì incatenarono e io iniziai a percepire qualcosa allo stomaco: era qualcosa di strano, mai provato prima. Non so dove trovai il coraggio per dire una frase del genere, ma mi uscì con estrema naturalezza, con un ghigno: « In quale dei due sensi? »

Marc sorrise di più, avendo capito la mia risposta al suo flirt, e mi prese per i fianchi, avvicinando pericolosamente il suo viso al mio.

« E se fossero entrambi? » proferì lui, fissandomi intensamente, sempre con quel sorriso malizioso.

E poi le sue labbra sì unirono con le mie.

Fu qualcosa di strano, strano ma avvolgente e intimo. Mi sentii fuori da ogni realtà, fuori da ogni tempo e da ogni spazio. Solo il qui e solo l'ora pareva che esistessero in quel preciso istante. Mi resi conto solo in quel momento quanto avessi bramato da tempo un contatto del genere con lui, quanto lo avessi desiderato e soprattutto, sperato.

Il bacio non sì fermò, ma procedette sempre con dolcezza mentre Marc mi trascinò ancora di più verso di sè. Le mie mani sì poggiarono sulle sue avambraccia, scorrendo verso l'alto fino a raggiungere i suoi bicipiti sviluppati.

Ci staccammo per qualche secondo, ma l'unica cosa che potei notare fu il suo viso: le pareti, la casa, l'arredamento per me non esistevano più. Per me esisteva solo lui.

Lui, la stessa persona che solo qualche secondo dopo sì abbassò di nuovo per baciarmi ancora. Quella volta le mie braccia sì congiunsero dietro il suo collo, mentre le mani di Marc mi sollevarono da terra.

Non successe nulla di sconvolgente nel resto di quella giornata, se non il fatto che non riuscimmo a stare lontani per troppo tempo. Trascorsi la notte da lui: dormimmo nello stesso letto, nel suo letto matrimoniale; la mia testa appoggiata sui suoi pettorali mentre il suo braccio sinistro che mi abbracciava, tenendomi stretta a lui. Lui in pigiama, io con una sua maglietta e dei suoi pantaloncini. Dormimmo solamente, non ci fu nulla che ci fece andare oltre e ci andò bene così. Stavamo bene ed eravamo colmi di felicità, quella stessa felicità impossibile da frantumare.

Quel Ferro Che Possiede Un' Anima || Marc Marquez [COMPLETATO]Where stories live. Discover now