36. So why don't we go somewhere only we know? (2)

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"Non potrei farne a meno."

Tutte parole che risuonano nella mia mente ogni notte prima di andare a dormire. Ci penso, e ci ripenso.

«Non ho niente da dirti.» mormora.

«E cosa ci fai qui allora? Ti andava di dondolarti come un fottuto ragazzino su un'altalena ormai arrugginita?»

«Magari si.» si stringe nelle spalle, regalandomi la sua versione peggiore:

quella menefreghista.

«Questo è tutto quello che hai da dirmi? Dopo tutto quello che siamo stati forse me la merito anche io una spiegazione, o sbaglio?» domando con voce tremante.
Non voglio credere che per lui io non conti più niente. So che non è così.

Lo so. Ma allora perché non parla?
Perché non mi dice che sto sbagliando tutto?

Rimane in silenzio anche questa volta, spaccandomi il cuore in due, mentre lo vedo torturarsi le pellicine del pollice destro tremando come una foglia.

«E dimmi...cosa siamo stati?» borbotta in tono derisorio, come se mi stesse prendendo in giro.
Come se non fossimo stati nulla.

Mi guarda dritto negli occhi, quasi divertito.

Schiudo la bocca, cercando le parole da dire, mentre il petto inizia a bruciare.

Non può averlo detto.
Non può aver appena sminuito il nostro rapporto di prima.

Non dopo quello che mi disse quel giorno.

6 anni prima

«Sta' per arrivare un bel temporale, forse dovremmo rientrare.» borbotto, guardando il cielo grigio sopra di noi.

«Ti spaventa un po' di pioggia?» mi prende in giro, dondolando leggermente accanto a me. Le nostre mani si sfiorano, quasi inavvertitamente, ma è lo stesso percepibile finché non inizia a ad accarezzarmi il dorso, con la solita dolcezza che lo contraddistingue quando è solo con me.

«Johnny di seconda mi ha lasciato in asso ieri sera.» sbuffo frustata. I ragazzi della mia scuola si avvicinano con la stessa velocità con cui si allontanano. Inizio a credere che i miei fratelli c'entrino qualcosa. O forse sono io il problema.

Noto il silenzio da parte di Trevor e così mi volto a guardarlo, beccandolo col capo chino e un sorriso lieve sul volto.

«Perché sorridi?» indago, confusa.

«Niente, niente.» scuote la testa divertito.

«Ti divertono le mie disavventure amorose?»

«Amorose?» ripete scettico.

«Come dovrei definirle?»

«Amore non è la parola esatta. E non va usata con questa casualità.»

«Tu per cosa la useresti allora?» mi lancia uno sguardo così intenso da farmi tremare.

I suoi occhi sono sempre stati i miei preferiti al mondo. Mi fanno sentire al sicuro, ma al tempo stesso mi spaventano. Non sai mai cosa aspettarti.

LimitlessWhere stories live. Discover now