"Oh, ma certo, Karen!" Le stringo la mano, con un sorriso. "Il piacere è tutto mio."

"Il suo arrivo è imprevisto, ma posso comunque-"

"Non si disturbi, non mi trattengo a lungo," confesso. "Sono stata incaricata di sorvegliare l'arrivo di quel carico laggiù," le spiego, "dopodiché tornerò a New York."

La donna annuisce e sempre con un sorriso sulle labbra, si appunta qualcosa sul tablet. "Perfetto, allora la lascio al suo lavoro," dice. "Se dovesse avere bisogno, chieda di me al centralinista."

"Grazie Karen."

Raggiungo il camion e con un cenno del braccio, faccio cenno all'uomo alla guida di seguirmi all'interno di un capannone.

Con l'aiuto di tre tecnici, i soli autorizzati ad accedere alla struttura che conterrà la macchina, riusciamo ad assemblarne le varie parti entro l'ora di pranzo.

Sono io a chiudere la porta gialle alle nostre spalle e, strisciando il mio badge sullo schermo elettronico, questa si sigilla ermeticamente.

Dopo aver constatato di essere in netto anticipo sulla tabella di marcia, decido di recarmi in portineria per far chiamare Karen. Da quando la mamma è stata nominata CEO, non ho ancora messo piede nel suo ufficio. Rivestire i suoi panni, adesso, è un onere di non poco conto.

Giunta dinnanzi alle porte automatiche però, la voce di Happy mi richiama a rapporto. "Mahogany, se hai finito, è meglio andare," dice. Dal suo tono di voce, traspare di nuovo quell'angoscia di qualche ore fa, sull'aereo.

Il rombo di un tuono squarcia il silenzio, facendomi sobbalzare sui tacchi dallo spavento.

Happy mi apre la portiera, lanciando un cenno del capo ai nuvoloni scuri sopra le nostre teste. "È solo un temporale, ma non sarà divertente volare lì in mezzo."

Alzo gli occhi al cielo. Una saetta, seguita da un secondo borbottio, cade in picchiata sull'oceano. Se ho imparato una cosa nella mia vita, è che niente è mai come sembra.
Muovo i primi passi verso l'auto. "Già," mormoro. "È solo un temporale."

***

La vista appare sfocata, confusa, e così anche la scena che mi si prospetta davanti. Il cielo sembra essere stato dipinto da un'unica pennellata uniforme di arancione, come se fosse un'illustrazione in un libro per bambini. Il mio corpo è immobile, steso su una superficie che non percepisco al tatto: non so se sia liscia o ruvida, dritta o ondulata, liquida o solida, morbida o dura, bianca, nera o colorata e questa cosa mi manda fuori di testa dall'ansia. Inizio a dimenarmi, ma senza muovermi. È come se fossi viva in un corpo morto.

Percepisco un movimento alla mia destra, ma la testa non esegue i miei comandi. Una figura maschile compare nel mio campo visivo offuscato. Percorre un breve tratto di strada prima di bloccarsi dinnanzi a un paio di gradini, che scendono fino a immergersi nello specchio d'acqua che riflette il colore pescato del cielo.

"Io sono già stata qui..."

Non faccio in tempo a finire di formulare il pensiero che un altro rumore di passi echeggia in quello che sembra un portico antico, risalente forse all'antica Grecia. Una donna appare alle spalle dell'uomo. I capelli rossi raccolti in una treccia che appoggia sulla spalla sinistra, mi ricordano quelli della ex spia russa. Posa una mano sul braccio dell'altro, senza proferire parola.

Provo a concentrare tutte le mie forze nella mano destra, nel disperato tentativo di farmi notare: deve esserci un valido motivo se mi trovo qui, ora, in queste condizioni, e le uniche persone che possono darmi una risposta a quanto pare non si sono accorte della mia presenza.

Tomorrow Never Dies Vol.2Where stories live. Discover now