13 - Nei corridoi del Monev

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Da lontano, forse qualche chilometro, riuscì a scorgere una chiazza bruna in mezzo alla neve alta. Era un cervo, così gli parve, perché la distanza giocava a suo sfavore nel riuscire a distinguere meglio l'animale. Aveva il capo chino e il muso immerso nelle erbacce che circondavano un sempreverde all'inizio della boscaglia. Osservò Dorothea premere un sensore che permise all'obiettivo di prolungarsi in avanti, di qualche centimetro, riuscendo a inquadrare alla meglio il primo segno di fauna di quella zona innevata di Tahoe.

Quando lei gli porse la macchina fotografica, Oakley si rese conto che in realtà si trattava di una videocamera vecchio stile, probabilmente di qualche decina di anni prima. La grana non era delle migliori però era proprio quella a donare bellezza alle immagini che, nello schermo piccolo dalla superficie un po' consumata, seguivano a muoversi trasmettendo più intimità di quanto ti saresti aspettato.

«Ha più anni di te.» Fu la prima cosa che sentì di poter dire alzando di nuovo lo sguardo verso l'animale che ormai si allontanava ad ovest. Dorothea non ci mise molto a rispondere, volendo giustificare qualcosa di cui non aveva colpe.

«Era di mia madre.»

«Già...», mormorò lui sottintendendo di averlo capito da solo. La rigirò tra le mani, osservandola come per cercare qualcosa di perduto, poi se la portò davanti al viso proprio come aveva fatto lei minuti prima. Provò a scorgere meglio il soggetto da lontano ma la massa che prima gli sembrava definita e uniforme, anche dal binocolo appariva piuttosto indistinta. L'attimo dopo, senza pensarci nemmeno troppo, direzionò obbiettivo e busto dall'altra parte del panorama. 

La inquadrò così improvvisamente che le ci vollero degli attimi per rendersene conto. Il viso di Oakley si vestì di un tessuto setoso e drappeggiato lungo gli angoli della bocca rosea, incapace di contenere il sorriso divertito che gli si cucì alla vista della reazione della ragazza. Dorothea sapeva che l'avrebbe fatto, era come se parte di lei riuscisse a prevedere le mosse che la mente di lui avrebbe iniziato ad ideare. Proprio per questo motivo, fece cadere le spalle che prima stringeva irrigidita, così come la sua espressione che si rilassò arresa nel guardarlo riprenderla.

«Molto divertente.»

«Non parlare che rovini il video.» Ma spazientita gli tolse l'aggeggio dalle mani, mise in pausa il video e spense la videocamera. Oakley alzò gli occhi al cielo pensando a quanto suscettibile potesse essere la ragazza, la quale poi prese a parlare confutando il pensiero, quasi come se gli avesse letto la mente.

«Mi consumi le cartucce.»

Con gli sguardi distolti gli uni dagli altri, continuarono a parlare. Le mani di Oakley reggevano il peso del corpo strette intorno alla balaustra in legno mentre osservava l'infinità innevata e sentiva la ragazza muoversi accanto. Lei si appoggiò accanto a lui, dando le spalle al paesaggio che si perdeva all'orizzonte, mentre in cuor suo voleva e sperava di riuscire a dire qualcos'altro.

«Qui non c'è molto da riprendere.» Lui annuì concorde mentre l'ascoltava aggiungere che sarebbe stato bello andare al lago pur essendo piuttosto impossibile date le precipitazioni.

«Già.» Sospirò lui, guardandola di sbieco con occhi pensierosi. «Però...ho un'idea.»

E ora sedevano con la brina a soffiare i loro visi dalle punte dei nasi tinti di polvere rosa, mentre indecisi si chiedevano se guardare il panorama circostante o quello seduto accanto. Faceva freddo ma non ne percepivano affatto. I lievi raggi solari infiammavano ancor più i loro corpi vicini, troppo vicini, stretti l'uno all'altro dal minimo spazio offerto dalla gondola.

«Che te ne pare?» Le aveva chiesto guardandole il profilo, gli occhi della ragazza scrutavano l'orizzonte che si avvicinava mentre le sue mani erano ancora strette alla videocamera accesa ma che non registrava ancora. Furono i gesti di Dorothea a rispondere qualche attimo dopo: come un deja vu, Oakley la osservò riprendere il panorama, catturando con lo sguardo il capolavoro nell'opera. Pensò a quanto fosse bella e fragile allo stesso tempo, a come avrebbe voluto dirglielo, consapevole che mai sarebbe successo. 

Evermore - 𝑆𝑜𝑡𝑡𝑜 𝑖𝑙 𝐶𝑖𝑒𝑙𝑜 𝑑𝑖 𝐴𝑙𝑡𝑜𝑛𝑎 𝑉𝑎𝑙𝑙𝑒𝑠Where stories live. Discover now