12 - Poker e Umiliazioni

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«Ti va della cioccolata calda?» Chiese a Dorothea e il cervello le si bloccò per un istante infinitesimale. Spostò lo sguardo dal volto del ragazzo in attesa alla confezione verde e oro che pendeva dalla sua mano tesa. Oakley si pentì all'istante di averlo fatto, sentendo ancora una volta di aver pigiato il tasto sbagliato.

Scosse la testa in negazione ma corpo e mente non erano tutt'uno in quel momento. Avrebbe detto di sì, se solo quella scatola le fosse capitata tra le proprie mani, così da poterne osservare meglio da vicino il contenuto, gli ingredienti e quei numeri che tanto la terrorizzavano. Ma ciò non accadde, perché lui sapeva troppo poco di lei e lei sapeva troppo di se stessa.

«Sicura? Ѐ da zuccherare.» Provò a convincerla afferrando un'altra tazza dalla credenza e con gesti meccanici agguantò anche il barattolo delle zollette.

«Preferisco il caffè, nel mio latte.» Spiegò lei sperando di concludere quel discorso, poi spense la fiamma e si versò il latte caldo nella sua tazza blu mare. Invertirono i movimenti, ora lui si preparava del latte caldo ed era lei a cercare il caffè solubile nella credenza. Rimasero lì, fermi, in piedi sui posti per un tempo indefinito, immobili l'uno accanto all'altra mentre sorseggiavano le loro bevande, con la schiena poggiata alla cucina ed entrambe paia di occhi vaganti in giro per la stanza.

«Cosa devono fare con la pietra lavica?» Gli chiese tutto d'un tratto, ricordandosi di ciò che le aveva detto appena incontrati. Lui alzò lo sguardo nella sua direzione, sorpreso che avesse spezzato il lungo silenzio, e si passò la tazza nell'altra mano prima di parlare.

«Qui fuori c'è un barbecue, credo vogliano preparare qualcosa prima della tempesta.»

«Non credo riusciranno in tempo.»

«Secondo me sì, la neve cade fitta ma non eccessivamente.»

«Passeremo gli ultimi giorni chiusi qui.»

«Probabile, almeno c'è la sala relax.» Allora lei corrugò la fronte e si voltò verso di lui, come se avesse appena pronunciato la più grande fandonia di sempre.

«Sala relax?» Oakley annuì, si mosse e fece qualche passo per allontanarsi da lì. Quando si voltò per vedere se lo stesse seguendo la vide ancora ferma al suo posto e così, incitandola con la mano, la invitò a seguirlo. A passo incerto, perché ancora ingenuamente incredula a quell'informazione, camminò dietro di lui fuori in veranda, la quale si affacciava dalla porta sul retro accanto al tavolo da pranzo.

Entrambi si strinsero nei loro indumenti, l'aria gelida filtrava attraverso i lembi fin su, lungo la schiena. Ed era proprio sotto una specie di botola incavata nel pavimento di quella larga veranda che, a qualche metro di scalini di distanza, si apriva una specie di bunker sotterraneo dove un lungo tavolo da biliardo rosso affiancava una piccola vasca idromassaggio. L'odore di cloro le travolse l'olfatto, così come il calore percepito quasi come un colpo di frusta in pieno viso.

«Non dovrei stupirmi, no?» Chiese ironicamente, scendendo gli ultimi due scalini per dare meglio un'occhiata.

Dalle labbra di Oakley uscì un suono indistinto, una specie di sospiro d'ovvietà che fu accompagnato da: «Sono solo i Fassbender.»

Dorothea si avvicinò al bordo, chinandosi per immergere l'indice nell'acqua e controllarne la temperatura. Dal contatto le sembrò tiepida e le venne da pensare, ad alta voce, che Tyrone non le aveva fatto presente di doversi portare un costume da bagno.

«Le ragazze avranno qualcosa da prestarti.»

«Le ragazze sono...», provò a cercare le parole adatte, quelle che suonassero meno meschine. «Muscolose?» Puntò lo sguardo su di lui ed entrambi scoppiarono in una lieve risata che portò Oakley ad annuire, concordando con l'ultima osservazione.

Evermore - 𝑆𝑜𝑡𝑡𝑜 𝑖𝑙 𝐶𝑖𝑒𝑙𝑜 𝑑𝑖 𝐴𝑙𝑡𝑜𝑛𝑎 𝑉𝑎𝑙𝑙𝑒𝑠Where stories live. Discover now