15. 2 dicembre 2039

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Cappuccino e biscotti, niente di straordinario, però straordinariamente importante.

«Buongiorno dormiglione.» Manuel è un sasso, resuscita solo con i raggi di sole che trapelano dalle tapparelle aperte leggermente da Simone, per non rendergli del tutto brusco il risveglio. Si siede sul letto e gli accarezza il viso corrucciato, gli sistema i ricci disordinati, si perde in lui.

Manuel è attraversato dal profumo di caffè e da una dolcezza sconfinata.

«Buongiorno amore.» saranno gli strascichi dell'antibiotico, sarà che questo gesto a tratti banale lo commuove, sarà che nessuno lo aveva mai fatto per lui, sarà che è innamorato perdutamente o sarà che questa quotidianità vuole diventi il suo futuro, ma lui lo ha inaspettatamente chiamato amore per la prima volta e non se ne pente affatto.

Anche se si ostina a interpretare la parte del duro, ha abbattuto tutti i muri.

«Come mi hai chiamato?» Simone ha il volto paralizzato in un sorriso «ti ho chiamato amore, preferivi stronzo?» si avvicina a lui per un bacio «nono, preferisco amore, anzi non smettere mai di chiamarmi così» ad ogni bacio Manuel scandisce la parola amore «guarda che ci faccio l'abitudine poi» Simone pensa che questa abitudine la vuole per il resto dei suoi giorni «facci tutta l'abitudine che vuoi.»

«Buongiorno ghiro, è ora di svegliarsi!» Manuel ha cercato per tutta la notte le parole giuste per travestire la sofferenza in una favola a lieto fine.

Con l'arrivo delle prime luci del mattino ha deciso di rialzarsi, organizzare il contenuto delle valigie, preparare la colazione a quel bambino che quando dorme gli scioglie l'anima e affrontare la situazione armato di sola temerarietà.

«Papà altri dieci minuti...» Jacopo sbiascica ancora tramortito dal sonno e Manuel non può fare a meno di sorridere. Pensa a quando a lamentarsi era lui e a quanto le cose cambino con l'arrivo di una creatura di cui prendersi cura, che se prima il trillo della sveglia era un incubo dopo nemmeno lo senti più perché lo anticipi.

I ricordi cadono anche su Simone, nel tempo in cui era lui a svegliarlo, all'abitudine di chiamarlo amore al mattino.

«Va bene allora queste fette biscottate piene di nutella le porto al bambino del piano di sotto.» Manuel finge di uscire dalla stanza con il vassoio a forma di elefante tra le mani, Jacopo lo osserva e si solleva repentinamente.

«Nono papà, sono sveglio.» ha i ricci annodati, i ricami delle lenzuola stampati sulle guance rosse, il viso assonnato ma l'euforia di chi sta per mangiare cioccolato a volontà.

Davanti a lui una tazza con latte bollente e cacao, le famigerate fette biscottate, frutta già tagliuzzata e suo padre a viziarlo «sei il miglior papà del mondo.» Manuel sa di esserlo veramente perché Jacopo non ha mai accusato mancanze.

A maggior ragione l'idea di abbandonarlo lo devasta.

«Ieri sera ho preparato i panini col piccante e tu mi hai chiesto perché li avessi preparati visto che nessuno dei due ha il naso chiuso, giusto?» Jacopo annuisce mentre ingoia un boccone «li ho preparati perché io ho il naso chiuso da un po', tu non lo sai perché io la nascondo ma ho la voce uguale a quella di paperino per quanto è chiuso.»

«Davvero? Voglio sentirla!» Manuel simula una voce acuta e provoca la stessa risata al figlio di quando gliela faceva da neonato per strappargli qualche verso.

«Hai sentito che brutta che è? L'ho fatta sentire anche allo zio Simone, lui è un dottore e mi ha detto che i panini col piccante non bastano per farla andare via, quindi mi ha chiesto di restare un paio di giorni in ospedale con lui per provare altri tipi di peperoncino.» ha indorato la pillola, l'ha resa a tratti una barzelletta e Jacopo sembra più curioso che dispiaciuto «lo zio Simone è una specie di supereroe del piccante?» aver visto Batman la sera prima ha sicuramente condizionato il suo giudizio, ma a Manuel fa piacere accostare il concetto di supereroe a Simone, anche se del piccante.

SediciWhere stories live. Discover now