Good Boy

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Era successo così, un po' per caso.
Harry era entrato nel negozio di Louis, gli occhi sbarrati e vigili, un leggero tremolio alle mani e un sottile strato di sudore a imperlargli la fronte.
Non era nemmeno così evidente la sua agitazione -o almeno non lo era per un occhio distratto o poco interessato.
Esattamente il contrario di ciò che era Louis che, dal momento stesso in cui il riccio aveva messo piede nella sala d'attesa, non aveva smesso un secondo di seguirlo con lo sguardo, come irrimediabilmente attratto da ogni singolo aspetto di lui.
Dopo solo pochi minuti, Louis era già in grado di fornire una perfetta sintesi di ogni comportamento o caratteristica del ragazzino.
Il modo in cui si girava l'anello sul medio della mano sinistra ogni volta che incontrava lo sguardo di qualcuna tra le altre persone presenti nella sala; le labbra color rosso vivo, torturate dai suoi denti; i piccoli respiri, quasi impercettibili e apparentemente casuali, con cui cercava di riprendere il controllo di sé e calmarsi.
Chiaramente Louis era irrimediabilmente attratto anche dal modo in cui il ragazzino sembrava essere nervoso, in attesa, inerme.
Quando questo iniziò a picchiettare il piede per l'agitazione, Louis decise che era il momento di farla finita con la sua osservazione analitica.

"Tu, ragazzino. Vieni" attirò la sua attenzione, invitandolo ad avvicinarsi.
Questo si alzò dalla sua sedia, inciampando leggermente nei suoi passi, come un cerbiatto appena nato.

Louis, ad ogni modo, lo trovò adorabilmente imbranato.

"Sono qui per farmi un tatuaggio" disse quello, tutto d'un fiato e come stesse recitando un copione.
Louis, che dovette impiegare tutte le sue forze per non scoppiare a ridere a tanta inadeguatezza, si limitò a fargli un sorrisino furbo.
"Siamo in uno studio di tatuaggi e io sono un tatuatore. C'era da aspettarselo, non credi?"
Harry sgranò gli occhi e balbettò "Sì, insomma io- presumo che... cioè, sì, presumo sia così, insomma" arrossendo talmente tanto che Louis ebbe paura che potesse prendere fuoco.

Il maggiore, un uomo di 22 anni, avrebbe certamente potuto -o forse "dovuto"- smettere di cercare di mettere in imbarazzo quello che era, sostanzialmente, solo un ragazzino.
Ovviamente a Louis non erano sfuggiti i tratti fanciulleschi e un po' acerbi del ragazzo. Anzi, erano stati proprio quelli a metterlo sull'attenti una volta entrato nello studio.
Ma, per qualche motivo che di certo non aveva intenzione di analizzare -sia perché avrebbe dovuto fare appello alla sua coscienza e moralità, sia perché, fondamentalmente, non gli importava neanche un po'-, trovava quella situazione fin troppo divertente e stimolante.
"E dimmi, ricciolino, avevi un appuntamento con quello che presumi essere il tuo tatuatore?" Chiese il maggiore, facendogli un occhiolino.
"Io-ehm, non sapevo servisse prendere un appuntamento" rispose sempre più in imbarazzo, mentre si grattava la testa e tentava in ogni modo di evitare le occhiate di scherno del ragazzo di fronte a lui.
"Ma è un tatuaggio piccolo, prometto che ci vuole poco" continuò con occhi supplicanti e mordendosi il labbro inferiore per l'agitazione.

Louis fece del suo meglio per non far cadere lo sguardo proprio sulla sua bocca dal colore ormai vermiglio e prese un respiro.
La situazione si stava facendo pericolosa e lui non aveva tempo per tutto questo.
"Senti, ragazzino, quanti anni hai?"
"Diciannove"
Louis rise.
"Diciannove dici?"
Il riccio sbuffò.
"Va bene, diciassette"
Questa volta bastò un sopracciglio alzato da parte del maggiore.
"Ne compio diciassette la prossima settimana" aggiunse, ormai irrimediabilmente in imbarazzo, tentando in ogni modo di non incontrare lo sguardo del più grande.

Louis sospirò.
Assolutamente prevedibile.
Quasi gli dispiaceva vedere quegli occhi tristi sul viso del più piccolo e per questo decise di avere un po' di pietà.
"Senti, vieni qui con i tuoi, fai firmare loro questa autorizzazione e ti farò tutti i tatuaggi che vuoi"
Harry alzò finalmente gli occhi dalle sue scarpe, forse leggermente sollevato dal fatto che il maggiore non lo avesse ulteriormente preso in giro.
"Ma i miei non saranno d'accordo!" Protestò immediatamente.
Louis pensò che gli mancasse solo picchiare i piedi al pavimento per sembrare un bambino arrabbiato.
La realtà, comunque, non si discostava poi così tanto.

GOOD BOY -Larry StylinsonWhere stories live. Discover now