E per la prima volta, dopo l'incidente, delle lacrime salate scendono lungo le mie guance in pubblico, il mio cuore batte sincero e la mia anima vola in cielo a salutare quella pura del ragazzo che due anni fa ha perso la vita.

Il cuore cede per un attimo, ma fortunatamente c'è Pierre al mio fianco che pensa a farlo battere.

Piango per tutte le volte che avrei voluto farlo, ma non ne ho avuto la possibilità perché c'erano le telecamere.

Espirmo tutti i sentimenti repressi per anni, li lascio scivolare via insieme alle lacrime e appena mi alzo, sono più leggera, più felice, con meno pesi al cuore e più amore nel petto.

Saluto Pierre che continua il suo giro mentre io torno sui miei passi.

Le lacrime hanno smesso di scendere ma le mie guance sono rimaste umide.

Non mi curo dei giornalisti e delle persone che mi stanno attorno, perché sul mio viso c'è un sorriso che sarebbe in grado di far invidia a quello di Daniel Ricciardo.

Scavalco il muretto ritrovandomi nella pit lane alla ricerca del box Mercedes, per condividere con papà il mio grande traguardo, ma la mia attenzione viene catturata dalla figura spensierata di Max che cammina nella mia direzione.

Ed ecco che risolto un problema, un'altro si fa avanti.

Asciugo le guance umide e mi volto appena il ragazzo chiama il mio nome.

"Max" fingo di essere sorpresa "Non ti avevo visto".

Che scusa patetica!

"Alla fine sei scappata dalla festa di ieri" dice deluso, ma divertito.

"Scappata?" domando leggermente confusa.

Io non sono scappata.

"Si, sono arrivato un po' più tardi rispetto ciò che avevo detto, ma quando sono arrivato nessuno sapeva dove foste tu e Norris e ho pensato che ti avesse riportato all'hotel, mi sono sentito male per non aver rispettato la promessa" spiega gentilmente.

"Oh" ecco l'unica cosa che esce dalla mia bocca, poi fortunatamente il criceto drogato che mi ritrovo nel cervello riprende a correre sulla ruota permettendomi di formulare frasi con un senso.

"Ti ho aspettato per un paio di ore poi ho pensato che non saresti più venuto e allora Lando mi ha accompagnata in una stanza della villa, ero davvero stanca e leggermente brilla" ammetto omettendo qualche particolare e sminuendone altri.

"E comuqnue non preoccuparti, non credo più di tanto nelle promesse" continuo per non farlo sentire in colpa, dato che qui l'unica che dovrebbe farlo sono io.

Ignora il mio repentino cambio di discorso e sorride.

"Quindi com'è Lando?" domanda e vedo il ragazzo in questione camminare in lontananza.

"Beh, Lando è..." mi perdo ad osservare il moro in fondo alla pit lane.

Lando è bello, solare, forse un po' sfortunato, ma persiste i traguardi a cui aspira, non molla se qualcuno gli dice che non è in grado, anzi si rimbocca le maniche e fa meglio di ciò che gli altri si aspettano. È critico quando si parla di analizzare le sue telemetrie e nonostante abbia raggiunto il suo obbiettivo non scenderà mai dalla macchina dicendo che è soddisfatto totalmente del suo lavoro; per lui ci sarà sempre una curva in cui avrebbe potuto allungare la staccata, un rettilineo in cui avrebbe potuto spingere di più o una traiettoria presa meglio.

Lando è così.

E io, ho capito tutto questo parlando con lui, nelle due ore in cui ho aspettato te, caro Verstappen.

LOVE ON THE RUNWhere stories live. Discover now