"Davvero devo andare, ho dimenticato di fare delle cose" rimango vaga perché non ho idea di che scusa inventarmi.

"Devi fare delle cose alle 23.40? Dai resta almeno mezz'oretta ancora, se poi ti annoi ti accompagno personalmente in hotel, ora non avresti nemmeno un passaggio" dice lo spagnolo.

Sto per aprire bocca e dire che prenderò un taxi o un uber e che non me ne vado perché mi annoio ma semplicemente perché il cuore fa male.

Vengo però preceduta da quella voce che non sentivo da troppo e che un tempo era il suono preferito del mio udito.

"Lasciala stare Carlos, l'unica cosa che sa fare è scappare" parole amare e acide, in grado di lacerare ogni parete del mio cuore e ancora più taglienti dette da una persona che mi conosce bene o meglio, che mi conosceva bene.

Cerco di ignorarlo armandomi di tutto l'autocontrollo che la mia terapista italiana mi ha insegnato ad avere.

Mi volto andando verso le scale.

"Sbaglio forse? Scappare non è l'unica cosa che sai fare?" dice Pierre facendomi bloccare di nuovo.

Le sue parole tagliavano e lo facevano così in profondità da farmi davvero male.

Sapevo bene cosa stesse facendo, lo aveva sempre fatto, continuava a provocarmi per cercare una reazione.

Peccato che lui conosceva solo la vecchia parte di me, non sapeva che avevo smesso di lottare.

"Hai ragione, sono solo in grado di scappare" lo assecondo voltandomi verso di lui.

Rimane in silenzio, forse non si aspettava una risposta del genere da me.

Mi guarda quasi spaventato.

I suoi occhi luccicano mentre i miei sputano indifferenza.

"Grace?" domanda.

Dubita persino della mia identità.

"Sono cambiata Pierre, non lotto più come facevo prima, non mi batto più per ciò in cui credo, perché tanto arriverà sempre l'ignorante di turno con il suo pensiero mediocre a cui tutti daranno ragione; vado per la mia strada, credo nei miei ideali e lascio parlare chi non vuole ascoltare; non ho bisogno di approvazione e nemmeno di una ramanzina da parte tua sul mio comportamento; due anni fa ho cercato di fare la cosa migliore per tutti, ma evidentemente non era la cosa giusta per te e si sa non si può accontentare l'intera umanità" dico queste parole con estrema calma e fisso i suoi occhi dicendo frasi talmente sagge che mi stupisco di me stessa.

Se qualche anno fa quegli occhi così sinceri mi avrebbero fatta scoppiare a piangere, ora non mi provocavano alcun effetto.

"Non avevi il diritto di abbandonarmi" dice tremante.

"Non hai la minima idea di ciò che ho passato in questi due anni, quindi non venire a dirmi cosa avevo il diritto o no di fare" ribatto rimanendo tranquilla.

"Forse dovreste andare a parlarne fuori" si intromette Lewis.

Pierre annuisce e posa una mano sulla parte bassa della mia schiena, guidandomi verso l'uscita.

Camminiamo silenziosamente e una volta fuori dal locale ci appostiamo al muretto che ci permette di vedere la città illuminata.

Guardo davanti a me, poi volto lo sguardo verso il gruppo di ragazzi che stanno fumando alla mia destra.

Non fumo da tanto, ho perso quel vizio quando la prima volta che ho messo in bocca una sigaretta dopo la morte di Anthoine, mi sono ricordata che lui odiava vedermi fumare, così ho riposto la sigaretta nel pacchetto ancora pieno e ho definitivamente smesso di avere bisogno di nicotina per calmare i nervi.

LOVE ON THE RUNWhere stories live. Discover now