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La settimana passò più in fretta di quanto pensassi. Ancora, continuavo a pensare a quella mostra, sperando di poterci andare prima o poi, e al mio "appuntamento" con Ran della scorsa settimana. Mi augurai che, essendo arrivato il "nostro" martedì, le cose potessero andare meglio dell'ultima volta, ripristinando quella serenità che temetti si fosse minata definitivamente.

Con mia grande sorpresa, il ragazzo arrivò prima che iniziasse l'attività del mio club, per ordinarmi di seguirlo immediatamente. Uscii dalla classe tra le proteste generali delle mie amiche, che considerarono questa sua comparsa inammissibile. Dovemmo annullare l'incontro di quel pomeriggio e, mentre le ragazze decisero di rientrare a casa prima dell'orario previsto, mi feci accompagnare dal ragazzo nel luogo da lui scelto per quel giorno.
Mentre sfrecciavamo per le strade di Tokyo, intuii la possibile destinazione, ma aspettai di confermare la mia ipotesi una volta arrivati, non credendo che potesse essere vero.
Dopo circa mezz'ora, i miei sospetti si rivelarono corretti: il Museo nazionale d'arte occidentale si stagliava davanti a me in tutta la sua grandezza. Non potei crederci sul momento, le gambe mi tremavano dalla gioia e non mi capacitavo del fatto che mi avesse portata proprio lì.

Voltai lo sguardo verso Ran, che ancora guardava l'edificio, e gli chiesi: -Perché?-
-Non volevi essere qui?-
-No, no, mi hai fraintesa. Perché hai scelto di venire qui? Non è il tuo genere di posto...-
-Dovevo farmi perdonare per come mi sono comportato la scorsa settimana. Anche se il mondo dell'arte non mi appartiene, so che è il tuo posto sicuro e pensavo che ti facesse piacere.-
Tacqui, soppesando le sue parole e riflettendo, ancora, sul fatto che lui non mi avrebbe comunque permesso di scavare più a fondo su di lui, ma alla fine la mia euforia ebbe la meglio su questi dubbi.
-Se non vuoi, possiamo andare da qualche altra parte...-
-No, tranquillo. Qui è perfetto.- gli risposi rivolgendogli un sorriso a trentadue denti.
Mi sorrise di rimando, per poi avviarsi al mio seguito verso l'ingresso del museo.

Con mio ulteriore sgomento, vidi che aveva già provveduto a comprare i biglietti, per cui potemmo accedere direttamente alla mostra.
Camminare per quelle sale, in mezzo a quei tesori inestimabili, era qualcosa di estremamente elettrizzante: il miglior repertorio artistico francese, inglese, italiano e tedesco era radunato lì.
La zattera della Medusa, il Ciclo degli alienati mentali, Il viandante sul mare di nebbia, Il naufragio, Chiaro di luna sul mare, La barca di Dante.
Erano tutti lì. Quelle tele che fino ad allora avevo visto solo stampate su carta lucida nei miei manuali, erano fisicamente presenti in tutta la loro maestosità.
Mi divertivo, di tanto in tanto, a raccontare aneddoti sugli artisti e sulle opere al mio accompagnatore, riempiendolo di nozioni che avrebbe sicuramente dimenticato in poco tempo e forse annoiandolo, ma nonostante ciò intuii che per lui fosse gratificante e soddisfacente vedermi al settimo cielo.
Indugiai particolarmente su quello che è sempre stato il mio quadro preferito: Il bacio di Francesco Hayez.

Rimasi così intenta a contemplare la tela in un reverenziale silenzio, che se non fosse stato per Ran non mi sarei mai ripresa da quello stato di trance.
-Ti sta piacendo la mostra?-
-Sì, molto.- risposi con un fil di voce, osservando ancora l'opera davanti a me.
-È italiano.-
-Sì.-
-Perché ti piace tanto?-
Non fui mai così felice di rispondere ad una domanda del genere, a suo rischio e pericolo.
-Vedi, apparentemente potrebbe sembrare una semplice scena di due amanti, immersi in un mondo medievale, che si stanno scambiando un appassionante e sensuale bacio. In realtà, questa semplice effusione non ha nulla di tranquillo: l'uomo ha il piede che poggia su un gradino, lì in basso a destra, vedi? Come se dovesse subito scappare. Quindi non è una semplice scena romantica: trapela del nervosismo, lui sembra pronto ad un'imminente dipartita e questo fa assumere al quadro un tono del tutto diverso. Non è un momento di esplosione della passione, ma uno straziante commiato. Si riesce quasi a sentire il dolore della partenza imminente e la nostalgia che la fanciulla proverà, quasi certa di non poter sperare nel ritorno del suo amato...-

Man mano che parlavo, la mia voce si affievoliva sempre più mentre sentivo la mano di Ran, di fianco a me, cercare timidamente la mia.
Decisa, seppur dopo aver attraversato pochi, carichi secondi di incertezza, la afferrai, intrecciando le nostre dita; la sua mano era morbida, proprio come mi era parsa due settimane prima, quando lo avevo medicato e bendato.
Mi voltai nella sua direzione, sorridendo e ricevendo un sorriso di ricambio, e notai che mi guardava più intensamente del solito.
Ricordate quando vi parlai di quel guizzo ogni volta che mi salutava, dopo avermi riportata a casa una volta conclusi i nostri pomeriggi?
Se la luce che i suoi occhi emanavano in quella situazione era appena percettibile, quel giorno era qualcosa di distinguibile anche per chiunque ci stesse intorno.

Rimasi ferma sul mio posto, concentrandomi su quelle iridi viola che, pian piano, si avvicinarono sempre di più, creando in me una sensazione mista tra la vertigine e l'adrenalina.
Le punte dei nostri nasi si sfiorarono, facendomi sentire la lieve freschezza della sua pelle a cui fece da contraltare il calore del suo respiro.
Furono secondi che durarono minuti, prima che le sue labbra sottili, ma morbide e lisce al tatto, si posassero sulle mie. Anche questi istanti parvero eterni, catapultandomi in un universo fatto di dolcezza e armonia.
Sembrava che quel contatto dovesse durare all'infinito, diventando immortale proprio come quello della coppia che, sulla tela di fronte a noi, faceva eco al nostro stretto abbraccio.

Snuff (Ran Haitani FF)Where stories live. Discover now