Capitolo 155 - Epilogo

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Perché, ora, non era più facile come una volta portare avanti una conversazione con lui?
Perché, ora, mi era così difficile guardarlo negli occhi?

«E tu li hai tagliati.» Notò, con un cenno del dito.

Mi toccai nervosamente le punte, corte.

«Ti stanno bene.» Sorrise.

Sentii un maremoto smuovermi l'intestino.
Il sangue concentrò la sua pressione sul mio volto, partendo dalla nuca e risalendo fino alla punta delle mie orecchie.

Volevo farmi aria con la mano, ma temevo che così non avrei fatto altro che dare più nell'occhio.

«Stai- stai bene?» Trovai infine il coraggio di chiedergli, dopo essermi schiarita la gola.

Fu allora che nel suo sguardo comparve quel familiare velo di cupezza.

«Tu... sai?» Inizialmente lasciò la frase in sospeso, ma poi si affrettò ad aggiungere: «Della mia morte, intendo.»

La facilità e la leggerezza con cui pronunciò quella parola fu sconcertante.

«Si, oggi stesso.» Deglutii.

«Mi dispiace.» Il suo sguardo si abbassò, per rialzarsi poco dopo. «È stata una misura estrema. Dovevo scappare, salvarmi la vita in un modo o nell'altro...»

«Anche se questo significava farti credere morto?»

Non lo stavo biasimando anzi, il mio intero corpo doleva al solo pensiero di cosa avesse potuto spingerlo a compiere tale decisione.

Annuì.

«È stata la scelta migliore. Ho rinunciato al mio nome, al mio passato, alla mia identità, ma ora, per la prima volta dopo tanti anni, riesco a dormire tranquillo.»

Eccola, la causa del suo vigore, della freschezza del suo volto.

Era la prima volta che sentivo Rubyo dire una cosa del genere.

Se da un lato ne fui infinitamente lieta, dall'altro non potevo fare a meno di notare di quanto tossica io fossi stata per lui, nonostante non lo avesse mai ammesso.

Strinsi il pugno lungo la mia coscia.
Gliene avevo fatte passare fin troppe per permettermi di sentirmi in colpa.

Quindi mi limitai a rimanere lì, in piedi sulla riva del laghetto, immobile e in silenzio, a combattere contro i miei demoni interni.

Finché Rubyo non aprì le braccia.

Lentamente, con gentilezza.

E le mie gambe capirono il significato di quel gesto prima ancora della mia testa.

Corsi, gettandomi nelle sue braccia, stringendo il suo corpo.

Così pressata verso di lui i miei polmoni non avevano spazio per gonfiarsi, eppure solo ora sentivo di essere davvero tornata a respirare.

E quando sentii il suo palmo accarezzarmi i capelli, il cuore mi scoppiò in petto e gli occhi non riuscirono più a trattenere le lacrime.

Con la testa nascosta nel suo torace, la mia bocca si schiuse da sola, senza che io potessi controllarla.

«Non è vero che ti ho dimenticato.» Le parole erano uscite con la potenza di una cascata, impossibili da contenere, accompagnate da un singhiozzo.

La mia volontà non aveva più nessun appiglio sulle mie azioni.

«Ho mentito.» Non mi curai di ripulirmi il viso, ancora bollente, dall'ennesima lacrima fredda. «La memoria mi è tornata, ma non potevo dirtelo o non te ne saresti andato.»

Royal Thief IIWhere stories live. Discover now