Annuì lentamente. «E allora come fa a conoscere Rutenis, che è solo un Gheburim?».

«Lo conosce da prima che diventasse un demone». Strinsi le labbra. «Molto prima».

La sua faccia si modificò in totale confusione. «Ma allora-». Aggrottò la fronte. «Lui è-».

Dai suoi occhi capii che stava iniziando a collegare il tutto. «Oh porca troia». Si portò una mano alla bocca.

Annuii. «Sì, Erazm». Abbassai lo sguardo.

«Ha venduto l'anima al diavolo?». Mio malgrado dovetti annuire. «Oh cazzo».

«Ho reagito anche io così quando me lo ha detto. In pratica Niketas è il suo capo, che a sua volta si trova a sottostare agli ordini di altri demoni di alto rango. Se hanno bisogno di aiuto, lui manda Rut o qualcuno come lui, esattamente come ha fatto con Azazel».

Si dimenò sul letto, come se l'idea lo turbasse tanto quanto me. «E quando non c'è nessun incarico?».

Deglutii, perché quella era la parte peggiore. «È costretto a stare all'inferno senza poter tornare qui sù e viene torturato per la scelta fatta da umano, per essersi fatto corrompere da Niketas. Non può scappare, ecco perché molte cose moderne lui non le sa, perché non le conosce. Perché è rimasto intrappolato lì fino ad ora, fino all'incarico dato da Azazel».

Si passò una mano fra i capelli. «È orribile, Arya. È orribile ancor di più sapere che anche per lui-». Si rifiutò di dirlo, come se sdegnasse l'idea, ma tanto era la realtà e potevamo farci ben poco.

Annuii rammaricata. «Anche per lui non esiste la possibilità di redimersi».

Scosse ancora la testa. «Cosa può portare un umano a stipulare un patto con il diavolo in cambio della sua anima?».

«Quello che porta qualsiasi creatura esistente a mentire o a fare cose brutte-». Deglutii sonoramente e abbassai lo sguardo. «Amore, soldi, potere, felicità, sesso».

Erazm rabbrividì sapendo cosa sarebbe successo, dopo il giudizio universale, a coloro che avevano venduto al diavolo la loro anima. Una tortura vera e propria. «Dio è un gran bastardo». Annuì alle sue stesse parole. «E la cosa peggiore è che lo sappiamo solo noi».

Se avessi potuto piangere, lo avrei fatto, ma per noi demoni un'altra condanna era non poter sfogare il nostro dolore con esse.

Una leggenda locale, all'inferno, diceva che poco prima del passo decisivo che ti avrebbe portato alla morte, ci era permesso di piangere e di sentire le lacrime calde sfiorarci le palpebre, come un presagio, un avvertimento. Era così che capivi se stavi per morire, se il tuo destino era segnato, se la fine era arrivata.

«Ho bisogno di una passeggi-».

La porta sbatté così forte sul muro da far tremare le pareti. «Che cazzo hai combinato?».

Mi voltai verso Dantalian, la mano ancora posata sulla maniglia con così forza da farla sbiancare, le sopracciglia arcuate in un espressione arrabbiata, il fiato corto.

Mi mostrai confusa. «Ma che diavolo ti prende?».

«Erazm». Sibilò. «Esci».

Lui rimase interdetto e questo lo fece arrabbiare di più. «Ucciderei chiunque le farebbe del male, quindi non sarò io il primo. Esci!». Tuonò.

Mi venne l'improvvisa voglia di schiaffeggiarlo con forza. «Smettila di urlare».

Erazm si alzò, lanciandomi un ultima occhiata prima di uscire, ma io acconsentì e il suo corpo snello, con le braccia possenti e la canotta bianca sul petto, sparì dietro l'angolo della porta.

FatumWhere stories live. Discover now