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Ricordo ogni cosa di quella mattina

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Ricordo ogni cosa di quella mattina. Ricordo come la luce proveniente dalla finestra si infiltrò prepotente sotto le mie palpebre, illuminando la mie iridi.
Aprii gli occhi e mi alzai prima del suono della sveglia perché sentii un forte senso d'ansia stringermi in una morsa lo stomaco. Posizionai una mano sopra di esso e questo mi fece pensare a mia madre e alle innumerevoli volte in cui aveva cercato di farmi stare meglio con un solo abbraccio. Forse cercavo conforto, ma ero in ritardo e non avevo tempo per i ricordi, quindi scostai quel pensiero.
Ricordo che prima di uscire di casa guardai il mio riflesso nello specchio sistemandomi velocemente i capelli, sfiorando delicatamente le occhiaie violacee che avevo sotto agli occhi. Prima di aprire la porta mi assicurai di avere le chiavi della macchina che si trovavano già nella mia mano e gli occhiali da sole che si trovavano sulla mia testa. Un gesto abitudinale che mi permetteva di mantenere la calma, di mantenermi concentrata. Era come se verificare le cose ovvie della mia vita mi aiutasse a tenere a bada quelle che non potevano essere controllate. Sei priva di senso, mi rimproverai.

Raggiunsi il mio luogo di lavoro in venti minuti. Parcheggiai la mia auto appena fuori dal bar vicino alla centrale dove di lì a poco avrei iniziato a lavorare. Mi misi la borsa in spalla ed entrai dalla porta di vetro del locale: lo stile rustico del luogo mi saltò subito agli occhi. C'erano sgabelli in legno scuro posizionati di fronte ad un bancone contornato da piccole luci a led. Non era molto luminoso, ma la sua semplicità lo rendeva molto accogliente. Mi avvicinai senza prestare attenzione perché impegnata a cercare il portafogli nella mia borsa ed ordinai.
'Un caffè americano, grazie'
'Subito.' mi sorrise il barista: un ragazzo poco più che vent'enne con i capelli castani e mossi e gli occhi verdi. Aveva qualche neo sul volto e non potei fare a meno di guardare le sue mani affusolate mentre manipolava il caffè all'interno della macchinetta. Iniziai a sentire il profumo proveniente dalla bevanda scura e non potei fare a meno di ripensare a mia madre. Sei debole, Stacey. Scossi la testa trovandomi di fronte il ragazzo che aveva un'espressione inquisitoria sul volto.
'Hai detto qualcosa?' Chiesi.
'Solo se vuole un po' di zucchero.'

'Ah, no. Non importa.' Sorrisi debolmente rimproverandomi per la seconda volta quella mattina. Rimani concentrata. Sempre concentrata.
Lanciai un'occhiata rapida all'orologio che si trovava sul mio polso e, notevolmente in ritardo, emisi un lamento seguito da un 'cazzo': non potevo essere in ritardo, non il primo giorno. Camminai velocemente verso la porta spingendola con una spalla e, mantenendo ancora il mio caffè, decisi di entrare in centrale.
Iniziai a guardarmi in giro e non vedendo nessuno continuai a sbirciare fino a che non mi trovai di fronte ad un corridoio con porte di vetro disposte le une di fronte alle altre. Sentii una voce profonda provenire da una delle porte e la seguii fin quando la voce dell'uomo era sempre più vicina. Mi misi dietro la porta ed iniziai ad ascoltare.
'Purtroppo non siamo riusciti a prenderlo nemmeno dopo la sparatoria al centro commerciale'
Udii il dissenso e il malcontento generale di tutti gli agenti.
'Silenzio'
All'interno della stanza cadde il silenzio
'Tuttavia, siamo in accordi con la polizia della California e se ci dovessero essere degli spostamenti saremo i primi a saperlo.' Disse l'uomo robusto con capelli e barba scuri. Doveva trattarsi sicuramente del commissario capo della centrale che continuò cercando di attirare l'attenzione dei suoi ragazzi.
'Ospiteremo il vice-commissario di Los Angeles ed uniremo tutti le forze per non farlo scappare di nuovo'
concluse velocemente.
Ancora fuori dal suo ufficio sentii levarsi una voce tra tutte le altre, una voce calda con un accento diverso dal solito che ero abituata a sentire da quando mi trovavo lì Riconobbi alcuni cenni di londinese.
'Non voglio un vice-commissario, io lavoro da solo David.' disse con tono aspro.
Quelle parole scatenarono la mia impulsività e il nervoso, che crebbe veloce dentro di me, mi fece spalancare la porta. Il gruppo di uomini che si trovavano seduti sulle piccole sedie bianche non si fece perdere l'occasione di fare qualche commento una volta entrata. Che razza di sfigati, pensai.
Mi presentai con tono autoritario 'Vice commissario Stacey Brown, polizia di L.A. al suo servizio' strinsi la mano al capo e salutai il resto della squadra con un rapido cenno del capo. Notai un uomo con le braccia conserte che si accigliò e capii subito di aver individuato l'inglese. Un uomo abbastanza alto dai lineamenti piuttosto duri e la mascella pronunciata. Capelli biondi che mostravano una leggera stempiatura e occhi color ghiaccio. Il suo sguardo severo pesava su di me. Bingo.
'Anche io lavoro da sola. Come vedi, abbiamo qualcosa in comune.'
Soddisfatta, scossi i capelli e mi voltai per prendere posto.
'Bene, come avevo precedentemente affermato, lavoreremo fianco a fianco con gli Stati Uniti per formare una squadra investigativa per stare sulle tracce di Grimes. Lavoro di gruppo, mi raccomando.' David posò lo sguardo su di me e sul biondo. ' Meditate su possibili piste da seguire. Ci vediamo tra un'ora, buon lavoro a tutti!' e fu così che il Detective Jhonson ci congedò ed io mi ritrovai a pensare che presto o tardi la mia impulsività mi sarebbe costata cara. Spera solo che il prezzo non sia troppo alto per te, pensai. Spera che nessuno si faccia male e fu così che iniziai il mio primo giorno: attenta a non esser divorata dai miei stessi pensieri prigioniera della mia stessa mente.

Focus- Tom HiddlestonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora