Quest'ultimo entrò proprio in quel momento, con i jeans calati fino a mostrare la V e i pettorali in bella vista. Aveva letteralmente il fisico di un Dio greco, che poteva benissimo essere stato scolpito da uno scultore, pur non essendo troppo muscoloso o ampio. In poche parole era perfetto, ma non glielo avrei mai detto.

Alzò un sopracciglio con fare scherzoso. «Mi state sparlando? Ho sentito il mio nome».

Sorrisi acida e bevvi un sorso di caffè, che si era un attimo raffreddato. «Non perdo tempo a parlare di cose inutili e credo neanche Med».

Ximena aprì uno dei pacchetti di carta e ne uscì fuori un Kanelbulle, conosciuto come cinnamon rolls.

«Come facevi a sapere che mi piace!». Urlò entusiasta.

Med rise, felice del suo entusiasmo. «Ti abbiamo osservato per tre mesi, Xim, sappiamo tutto di te».

Non avrei mai voluto essere al suo posto con tutta sincerità. Una vita passata da umana sconvolta da due demoni arrivati all'improvviso, che ti raccontano quanto le storie che ti raccontavano i tuoi genitori per farti un po' di paura fossero vere.

Med si girò verso di me. «Vedi se ho azzeccato per te».

Scartai la carta e un odore di cioccolato mi solleticò le narici, insieme al dolce odore della confettura di albicocche. Uscii con attenzione una fetta di torta sacher, una delle mie preferite, che mio padre era solito farmi trovare quando saliva qui sulla terra.

Sposato lo sguardo su Med con sorpresa. «Come-».

Tornai a guardare la torta. «Come diavolo l'hai scoperto?».

Sorrise. «Ho incontrato tuo padre per una commissione di tempo fa e gliel'ho chiesto».

Mi chiedevo cosa ci facesse Med con mio padre, ma lasciai perdere.

Dantalian si avvicinò e mi tolse di mano il bicchiere di caffè, sorseggiandolo con gusto, come se niente fosse. Lo fulminai con lo sguardo e mi guardò innocente. «Che c'è, amore mio?».

Gli strappai di mano il mio caffè. «È il mio caffè!».
Sorrise. «Quello che è mio è tuo».

«Sia mai». Sbuffai. «Potrei ereditare anche i tuoi problemi neurologici e non ci tengo».

Mi allontanai verso il cestino, svuotando il bicchiere del caffè in un colpo, e buttandolo.

Rutenis, appoggiato allo stipite della porta ad osservarci da non so quanto, scoppiò a ridere fragorosamente, mentre Dantalian gli mostrava il medio.

Ximena aspettò di finire il boccone prima di parlare. «Allora, insomma-». Abbassò lo sguardo. «Quando cominceremo l'addestramento?».

Rutenis si schiarì la voce teatralmente. «Prima cominciamo meglio è, la base è davvero, davvero, disastrosa».

Alzai gli occhi al cielo sbuffando. «Come se tu fossi meglio nelle 48 ore successive alla tua nascita». 

Mi voltai per sorridere alla semi umana. «Facciamo tutti schifo all'inizio».

Lei ricambiò, rilassando un po' la postura rigida e si soffermò sulle braccia di Dantalian. «Non ci hai più parlato dei tuoi meraki».

Dantalian sorrise divertito e si appoggiò al bancone della cucina, fin troppo vicino al mio corpo. Con il dito affusolato indicò il tatuaggio sull'avambraccio, contornato da frasi in latino che probabilmente avevano lo scopo di nasconderlo.

«Nel Medioevo pensavano che le salamandre fossero immuni al fuoco, perciò non c'è bisogno che dica altro».

Ximena aprì la bocca, ma lui la anticipò. «Sì, il fuoco mi fa comunque male. Però non ne posso morire. L'ho chiamato Musho, sì come il draghetto protettore di Mulan. Era una coincidenza troppo bella per lasciarla al caso».

FatumWhere stories live. Discover now