« Sei pazza? Annie, ascoltami » mi ordinó. Tutta l'ilaritá di poco prima se n'era completamente andata, lasciandolo mortalmente serio, e anche... oserei dire nervoso. Non ricordavo una volta in cui avessi colto quello stato d'animo sul suo volto.

« É molto importante che tu adesso te ne vada da qui. » Gli avrei risposto molto male se non avesse avuto quell'espressione, ma mi morsi il labbro e corrucciai le sopracciglia.
« Ma che cosa... »

Mio fratello mi trascinó di nuovo sul marciapiede, spingendomi nell'ombra e parandosi davanti a me - per impedirmi di cercare di sbirciare nell'auto... o per impedire a chiunque fosse lá dentro di guardare me.

Smisi di tirare il collo quando lo sentii staccare le mani da me e portarsele alle tempie, massaggiandole.

Il mio sesto senso da gemella mi spinse ad avvicinarmi, immediatamente preoccupata.

« Hey » lo chiamai, le mie dita che sfioravano la sua spalla leggere come piume. « Cosa c'è che non va? Non ti ho mai visto così teso. »

La sua testa bionda si sollevò, e io mi ritrovai ad osservare i suoi occhi scuri, più torbidi che mai.

« Ho combinato un casino. »
« Non importa, risolveremo tutto, come al solito. Basta che mi dici di che si tratta e... »
Mi interruppe, scuotendo la testa con determinazione.

« No, non capisci. Ho fatto delle cose, brutte cose, Annie. Nemmeno tu mi puoi aiutare questa volta. »

Dei brividi gelidi cominciarono a scorrermi lungo la colonna vertebrale.

« E chi lo farà allora? »
« Io stesso. E forse qualcun altro, ma non ho ancora capito se vogliono aiutarmi, o uccidermi. »
Il mio stomaco si annodò su sè stesso.

« E quello nella macchina? Verso quale comportamento è orientato? »

« Il primo, spero. » Un sorriso gli illuminò per un istante il viso angelico.

« Ma non mi fido di lui. È uno di loro, ecco perché non voglio che ti veda. Non deve sapere della tua esistenza. »

Lo guardai, sempre più confusa « Non ci sto capendo niente. »

« Lo so, ma è meglio così. Annie, ascoltami attentamente ora. »
Come se fino a quel momento non lo avessi fatto.

« Io me ne sto andando. E non so se ritornerò. »
Cercò di prendermi la mano, ma io avevo già fatto un passo indietro.
« Che cosa? »
« Non posso fare altrimenti. »

Ci fissammo negli occhi per un paio di secondi, verde che si specchiava nel nero, nascosti dalla luce degli unici due lampioni funzionanti in quel parcheggio vuoto, mentre la rabbia cresceva in me ad una velocità spaventosa.

La mia mano si mosse quasi di propria volontà quando andò a scontrarsi violentemente con il petto di Evan.
Una volta. Poi un'altra. Poi in una veloce successione di spinte e piccoli pugni. Lui frenò il mio accanimento afferrandomi i polsi in una morsa ferrea, e io mi ritrovai a singhiozzare sul suo petto.

Sapevo che quello che aveva appena detto era veramente la sua intenzione. Evan non scherzava mai.

« S-sei un egoista e-e un idiota, Evan Roberts. » mugolai cercando di asciugarmi le lacrime che scorrevano imperterrite lungo le mie guance.
« E tu sei una testa calda, Lyanna Roberts. » appoggiò il mento sulla mia nuca.

« Quanto tempo starai via? Dove andrai? E che cosa dirò a mamma e papà? »
« Non lo so. » mormorò, ma io percepii le vere risposte alle mie domande: " Non lo vuoi sapere. Non te lo posso dire. Non mi interessa. "

« Come farò senza di te? » chiusi gli occhi e inspirai il suo odore. Sapeva di sapone al gelsomino, terra e la punta salata della notte.

« Non hai mai avuto bisogno di me per cavartela nel mondo. Casomai è dato il contrario. »
« Quanto ti sbagli... »

Il clacson dell'auto suonò una seconda volta, impaziente. Lanciai un'occhiata omicida alla macchina, il cui abitacolo era ancora completamente buio.
« Può anche esserci il presidente degli Stati Uniti lì dentro, giuro che adesso vado e gli spacco la faccia. »
Evan rise raucamente e si scostò un poco.

« Non dire a nessuno che mi hai visto andare via, che sono stato qui o che sono partito con qualcuno. »
« Perché? »
Scosse la testa, e mi diede una delle sue solite risposte criptiche. « Scaramanzia. »

Raccolse il suo borsone e mi guardò in silenzio. Vedevo la sofferenza nei suoi occhi, e sapevo che il suo comportamento aveva una ragione, ma ciò non significava che lo capissi.

« Puoi anche scappare, Evan, nasconderti da chissà cosa e non dirmi nulla. Ma sappi che io ti verrò a cercare. E ti troverò. Come quando eravamo piccoli, e giocavamo a nascondino. Vincevo sempre io. »
Mio fratello si gettò la borsa oltre la spalla e mi rivolse un sorriso malinconico.

« Questa volta spero di vincere io. Non dovresti desiderare di trovarmi, ma potrai sempre farlo. »
Prima che potessi chiedergli che cosa intendesse, aveva fatto un rapido passo in avanti, mi aveva cinto la vita con un braccio e mi aveva stampato un tenero bacio sulla fronte.

Quando riaprii gli occhi, la macchina stava sgommando via.

Fu allora che lo sentii. Fu come quando sei nella tua camera, nel buio, al sicuro sotto le coperte, e ti stai per addormentare, e all'improvviso ti sembra di inciampare, nonostante tu sia fermo su una superficie solida, ed è come se un baratro si aprisse sotto di te e tu precipitassi fino al centro della terra.

Mi accasciai sul cemento, incurante del vestito, dei capelli o del trucco ormai rovinati, e mi portai una mano ad artiglio sul cuore, che mi doleva come se qualcosa di fosse spezzato.

Forse, il filo che da tutta la vita mi univa ad Evan.

Il mio stomaco si contrasse violentemente e all'improvviso, e mi sporsi sul fianco e vomitai, asciugandomi poi la bocca con il dorso della mano e appoggiando la testa sul muro dietro di me, lo sguardo alla luna e le lacrime che non smettevano di scendere sul mio viso.

What's wrong with EvanWhere stories live. Discover now