Prologo

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<< Ma tu sei proprio sicura di questa cosa? >>
Lizzie mi guardò con aria seria mentre, decisamente controvoglia, tirava fuori l'ennesimo scatolone dal bagagliaio.
<< Ne abbiamo già parlato >> borbottai << Non ho altra scelta >>
Stava per rispondermi quando una vocina proveniente dal basso la interruppe.
<< Si che ce l'hai! Potevamo restare con i nonni! >>
Alzai gli occhi al cielo, esausta di dover ripetere quelle cose per la milionesima volta.
Lanciai quindi uno sguardo di fuoco alla mia migliore amica, perché era solo colpa sua se quel discorso si era nuovamente aperto, e mi piegai poi sulle ginocchia per essere all'altezza della bambina di fronte a me.
<< Ne abbiamo già parlato >> ripetei ancora, ma stavolta con voce decisamente più dolce << Andremo a trovare i nonni ogni volta che vorrai, te l'ho promesso >>
Peach si mordicchiò l'interno della guancia, non convinta.
Le accarezzai allora una guancia, sollevandole un po' il viso per far sì che mi guardasse negli occhi.
Aveva le stesse iridi azzurre di suo padre, ma per il resto il volto era praticamente identico al mio.
<< Staremo bene qui >> mormorai << E poi, senza la nonna in giro, potrai mangiare la pizza ogni sabato! >>
<< Davvero? >> esclamò lei, improvvisamente entusiasta.
Le sorrisi.
<< Solo se ti comporterai bene però >>
Peach annuì energicamente, ritrovando il suo solito buon umore.
Era una bambina molto intelligente per i suoi quattro anni ma, come c'era d'aspettarsi, alla notizia del nostro trasferimento non aveva esattamente fatto i salti di gioia.
Adorava infatti i miei genitori e la vita con loro, così tanto che spesso, durante i mesi che mi ci erano voluti per prendere quella decisione, avevo perfino pensato che le dispiacesse l'idea di restare da sola con me.
Ecco uno dei rischi di avere una figlia da adolescente: sei sempre perennemente insicura, pensi di continuo di stare sbagliando qualcosa e che lei non ti vorrà mai bene abbastanza.
<< Posso mangiarla anch'io la pizza con voi? >>
Mi tirai di nuovo in piedi, trovandomi stavolta davanti ad una Lizzie molto più comprensiva di pochi minuti prima.
Il suo sorriso dimostrava di aver capito la mia difficoltà, così lo ricambiai senza pensarci più di tanto.
<< Solo se fai la brava anche tu! >>
Era la mia migliore amica da quando ne avevo memoria ed era l'unica persona che mi avesse accompagnata durante il percorso dalla nascita di Peach fino a quel momento.
Molte delle mie "amiche" del liceo si erano infatti dileguate non appena il pancione non mi aveva più permesso di restare nella squadra di cheerleading o di ubriacarmi con loro, dimostrandomi difatti tutta la superficialità di quei rapporti ed in generale di quell'età.
Elizabeth no invece, lei c'era stata sempre: dalla prima ecografia all'iscrizione all'asilo, perfino quando ero rimasta sveglia di notte per misurarle la febbre o semplicemente per controllare se respirava bene.
<< Sei pronta? >>
Mi voltai verso di lei che, tenendo mia figlia per mano ed uno scatolone nell'altra, si accingeva ad aprire il portone che mi avrebbe condotto in una nuova fase della mia vita.
<< Si, lo sono >>

*

Il salone era ampio e luminoso, complici le numerose finestre e la luce del primo pomeriggio, ed il parquet si abbinava perfettamente al mobilio semplice e funzionale.
L'appartamento era più grande rispetto alle foto che avevo visto online, così come la ragazza di fronte a me era decisamente più bella dal vivo piuttosto che nella foto sull'annuncio.
<< Allora, cosa ne pensi? >> mi chiese con la voce che tradiva un fortissimo accento spagnolo << Ti piace? >>
Si, mi piaceva.
Certo, mi spaventava a morte l'idea di andare a vivere "da sola" e di dovermi occupare di mia figlia senza alcun aiuto, ma ero allo stesso tempo eccitata dal profumo dell'indipendenza che ciò avrebbe comportato.
E poi, a dirla tutta, l'appartamento era decisamente carino e ben tenuto, non troppo lontano dall'autostrada per New York nè da casa dei miei, situato in un quartiere ricco di verde che Peach avrebbe adorato.
<< Si, mi piace molto >> le sorrisi allora, rivolgendo poi lo sguardo in basso << A te piace, amore? >>
Peach annuì, mordicchiandosi il labbro come faceva sempre quando era in imbarazzo.
Non era una bambina timida, non come me alla sua età, eppure la nostra nuova coinquilina non era esattamente il tipo di persona con cui era abituata ad avere a che fare.
Lola Gonzales era di una bellezza dirompente: alta e formosa, con i capelli neri di certo tinti ed un trucco molto più marcato di ciò di cui avrebbe avuto bisogno.
Parlava con un accento che a Peach doveva sembrare assurdo, rideva in modo troppo rumoroso e si comportava già come se ci conoscessimo da tutta la vita.
Io la trovavo una meravigliosa novità, ma non mi era difficile capire perché mia figlia si sentisse così intimidita in sua presenza.
<< Harry e Mike sono a fare la spesa, ma tornano tra poco >> ci spiegò, facendoci poi strada lungo il corridoio.
Mi indicò le loro stanze velocemente, conducendomi poi all'interno di quella che immaginai dovesse essere la mia.
<< E qui ci siete voi! >>
La stanza era mediamente grande, con un'ampia finestra di fronte all'ingresso, un letto matrimoniale in cui avremmo dormito entrambe, un armadio ed una scrivania non troppo ampia.
<< La scorsa coinquilina ha portato via quasi tutto, ma sono certa che non avrai problemi ad arredarla >> mi sorrise e poi, rivolgendosi a Peach, aggiunse: << E a riempirla di giochi, ovviamente! >>
La bambina le rivolse una smorfia imbarazzata, aggrappandosi poi alla gamba di Elizabeth.
<< Le faccio paura? >> mi chiese quindi Lola, con una spontaneità che mi fece ridacchiare.
<< Un po', ma solo perché non ha mai conosciuto nessuno come te >>
<< Come me? >>
Lizzie mi guardò con aria di rimprovero, mentre lo sguardo di Lola era palesemente incuriosito.
Nonostante i miei ventun anni infatti, non avevo ancora imparato a tenere a freno la lingua ed ogni volta finivo con il parlare troppo.
<< Beh, intendevo... >>
Ma fortunatamente non ebbi il tempo di terminare quella frase.
Salvata dal campanello insomma.
<< Questi devono essere loro! >>
Ci spostammo di nuovo verso l'ingresso, dove un ragazzo carico di buste di carta era appena entrato.
La prima cosa che pensai nel vederlo era che fosse il più tipico dei newyorchesi snob: i capelli biondo scuro perfettamente pettinati, il viso sbarbato, il fisico asciutto e l'outfit che voleva apparire casual.
Somigliava in modo impressionante a lui, a Todd.
<< Mikey! >> esclamò Lola << Loro sono Faith e Peach, le nostre nuove coinquiline. Lei invece è... >>
Si voltò verso Lizzie con l'aria mortificata di chi non ha prestato troppa attenzione ad una presentazione.
<< Elizabeth >> sorrise lei << Un'amica >>
<< La migliore amica! >> la corresse subito Peach, facendo ridacchiare tutti.
<< È la migliore amica mia e della mamma >>
Lizzie la abbracciò intenerita, mentre il ragazzo di fronte a noi ci guardò tutte come se fossimo uscite da chissà dove.
<< Io sono Mike >> mormorò appena ed ebbi l'impressione che il suo sguardo mi stesse radiografando senza alcun pudore.
<< Piacere di conoscervi >>
Ci sorpassò quindi per dirigersi verso la cucina, mentre io pensavo che non sembrava affatto ci fosse una correlazione tra ciò che diceva e ciò che la sua faccia lasciava intendere.
Lola probabilmente dovette accorgersene, perché subito si affrettò a rivolgersi a me: << Non è molto socievole all'inizio >>
Annuì con espressione fintamente cordiale, proprio come quella del suo amico.
<< Ti assicuro che con il tempo migliora! >> ci tenne poi ad aggiungere.
<< Beh, non può certo peggiorare >> rispose seccamente Lizzie, facendomi trattenere una risata sotto i baffi.
Se io ero spontaneamente sincera, lei invece lo faceva apposta, risultando piccata e sarcastica in confronto al mio sembrare soltanto sbadata.
Lola si grattò la testa, vagamente a disagio.
<< Magari Harry vi starà più simpatico >>
<< Oh, non vedo l'ora di scoprirlo, purtroppo però ora devo proprio andare >> mormorò la mia amica, piegandosi poi sulle ginocchia per essere all'altezza di Peach.
<< Allora bimba mia, adesso zia deve tornare a casa. Per qualsiasi cosa, qualsiasi, tu prendi il telefono della mamma, mi chiami ed io vengo subito. Capito? >>
Mia figlia annuì con decisione, come se le fosse appena stato comunicato il modus operandi di un'importantissima missione segreta.
<< E chiamami anche tu cretina, non farmi aspettare anni come tuo solito >> si rivolse poi a me, sfoggiando quasi la stessa aria seria della bambina.
<< Promesso >>
Le schioccai un bacio sulla guancia, ringraziandola di avermi accompagnato lì e di avermi dato una mano con gli scatoloni ma, soprattutto, con Peach.
<< Fammi sapere com'è questo Harry >> mi disse poi, ammiccando in maniera inequivocabile.
Alzai gli occhi al cielo, ridacchiando.
Era da quando io e Todd c'eravamo lasciati che cercava disperatamente di trovarmi un ragazzo e, sebbene io non avessi mai voluto saperne, lei continuava imperterrita a perseguire il suo obiettivo.
<< Oh guarda, sicuramente mi innamorerò di lui! >> scherzai quindi, guardandola mentre si avviava lungo le scale.
E, senza saperlo, con quella frase avevo appena iniziato il prologo di questa storia.

Io, lui e Peach Onde histórias criam vida. Descubra agora