«Mamma!» E il suo volto si dipinse di gioia. «Stanno per salire.»

Con quell'ultima frase tornò in posizione e iniziò a tirare.

«Saliranno uno per volta.» Disse, improvvisamente carico di energie. «Prima mia madre.»

La sicurezza con cui disse quelle parole e il modo in cui aveva reagito ad un richiamo silenzioso, mi fece immaginare che i due avessero usato la telepatia tipica dei Kelpie per comunicare.

Così, ancora una volta, ripresi a tirare, ma questa volta quasi insensibile al dolore, tanto non vedevo l'ora che entrambi fossero salvi.

E proprio in quel momento spuntò una chioma albina oltre le gambe di Gideon.

Da quella posizione non riuscivo a vederlo in volto, ma il modo in cui gli si gonfiarono le spalle fu sufficiente a capire il suo stato d'animo.

Così felice, però, venne preso alla sprovvista quando uno strattone appesantì nuovamente la fune.

«Merda!» Disse graffiando la terra con i talloni ed avvicinandosi di qualche passo al dirupo.

«Gideon!»

Aerin, vedendo il figlio così vicino allo strapiombo, afferrò con una mano la corda subito dietro di lui, strattonandola nella direzione opposta.

La fune divenne improvvisamente così leggera che mi sbilanciai all'indietro, battendo malamente la schiena al suolo.

Sentendo l'impatto Dollarus si voltò indietro a verificare le mie condizioni.

Mi bastò un lieve cenno del capo per rassicurarlo, poi fui di nuovo in piedi.

Ma non servì più tirare, poiché Rubyo era riapparso sul bordo dello strapiombo.

Ora che finalmente eravamo tutti sani e salvi, scendemmo dalla cima lungo la strada che avevamo percorso all'andata, decidendo di accamparci per un po' lungo la costa, a riposare, prima di ritornare alla nave di Dollarus che si trovava dal lato opposto dell'Isola.

Emisi un mugugno di dolore quando, i miei piedi, sprofondarono nella sabbia, che mi entrò nei tagli.

Nonostante quel suolo fosse decisamente più morbido della roccia, ad ogni passo mi sembrava di camminare su degli spilli.

Strinsi i denti e corsi fino alla riva nella speranza di accorciare la durata della sofferenza.

Anche Rubyo ebbe la mia stessa idea, ed entrambi ci sedemmo in riva, con i piedi a mollo nell'acqua salata del mare.

Pizzicava, ma disinfettava.

Nel mentre Aerin e Gideon se la vedevano bene dall'avvicinarsi al mare, che li avrebbe indeboliti ulteriormente.

Dollarus, invece, sembrava una statua: stoico e instancabile era il più energico di tutti, e aveva ancora la forza di stare in piedi.

«Perché non ti siedi anche tu?» Lo invitai, girandomi nella sua direzione ma stando ben attenta di non toccare la sabbia asciutta con i piedi bagnati.

Vidi una smorfia comparirgli sul volto. «Non amo particolarmente la... polvere.»

Sorrisi, un po' imbarazzata.

«Mi dispiace per prima. La tua giacca, intendo.»

Quella fu la prima volta che vidi Dollarus arrossire. «No, no. È solo colpa mia. Non avrei mai dovuto dire una cosa del genere ad una Principessa.»

«La pulirò come si deve prima di restituirtela.» Dissi, sinceramente intenzionata a farlo.

«N-non ce ne è bisogno ma, a tal proposito, ho degli abiti di scorta sulla nave. Sia per me, che per i miei uomini.» Con l'ultima frase, spostò lo sguardo su Rubyo.

Con la sua corporatura sarebbe stato impossibile indossare gli abiti di Dollarus ma, magari, quelli dei suoi uomini si.

Annuii. «Grazie.»

In quel momento di silenzio mi guardai attorno.
In quel momento di silenzio, con le ferite che mi pizzicavano e i muscoli indolenziti, osservai ognuno di loro.

Dollarus, che borbottava tra sé e sé ancora imbarazzato.
Aerin, che riposava la testa sulla spalla del figlio.
Gideon, che, sorridendo, socchiudeva gli occhi, inclinando il capo verso la madre.
Rubyo, che mi guardava con i suoi occhi verde smeraldo, cercando di capire a cosa stessi pensando.

Da quando ero scappata da palazzo, la prima volta, avevo fatto veramente tanta strada.
E ora, arrivata a questo punto, quasi stentavo a crederci.

Eppure era così.

E le pietre erano recuperate.
E la daga era attivata.

Ma mai come adesso mi sentivo persa.

Avevo tutto ciò per cui avevo combattuto, eppure mi sentivo insicura.

C'era solo un'altra cosa, l'ultima cosa, che mi separava veramente dalla fine della missione.

Ingoiai la saliva.

«Aerin.» La chiamai, e la donna aprì gli occhi congelandomi con il suo sguardo cristallino. «Cosa sai di questa spada?»

Royal Thief IIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora