Phi & Nong

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Un gruppo di bambini stava giocando a calcio nel parchetto vicino la scuola. Si stavano divertendo rubandosi la palla a vicenda per cercare di fare goal nella porta avversaria, improvvisata da zaini e giacche buttate a terra. Arrivata una certa ora, le madri richiamarono i propri figli per tornare a casa. Soltanto un bambino rimase a vederli andare via, li salutò con la mano e poi riprese a palleggiare da solo. Sapeva che sua madre avrebbe fatto un po' di ritardo, lo aveva già avvisato prima di uscire di casa quella mattina. Sapeva che doveva portare da qualche parte sua sorella Grace, quindi avrebbe aspettato pazientemente il suo arrivo continuando a giocare. Ormai c'era abituato a giocare da solo, spesso lo faceva ma non gliene importava più di tanto. Gli bastava avere un pallone tra i piedi e lui era felice nel suo mondo, proprio come in quel momento. Il bambino scartò un avversario immaginario ma calciò troppo forte e la palla andò a finire dalla parte opposta, ai piedi di un ragazzino che era seduto sugli scalini intento ad ascoltare della musica. Il ragazzino fermò il pallone e si tolse gli auricolari dalle orecchie. Alzò lo sguardo verso il bambino e sorrise porgendogli la palla. Il bambino rimase incantato da quel sorriso, non aveva mai visto nessuno sorridere in quel modo. Gli dava una sensazione di benessere e di calore. Era un sorriso genuino che trasmetteva emozioni anche attraverso i suoi occhi magnetici. Il bambino ne fu subito attratto. La mamma gli aveva sempre detto di non dare confidenza agli sconosciuti ma qualcosa in quel ragazzo lo portava a fidarsi di lui. Sentiva che quella persona non gli avrebbe mai fatto del male. Era come un sesto senso. Gli piaceva quel ragazzino e a quel ragazzino piaceva lui.

"La palla è tua?"

"Si...scusa se ti ho fatto male."

"Non mi hai fatto male. Mi ha sorpreso perché ero concentrato sulla musica."

"Phi cosa stavi ascoltando?" gli chiese il piccoletto con fare curioso mentre riprendeva possesso del pallone. Non voleva allontanarsi da li.

"Delle canzoni internazionali molto famose in questo momento. Vuoi sentire?"

Il bambino annuì e si avvicinò di qualche passo affinché il più grande gli mise un auricolare nell'orecchio e l'altro nel proprio per poter ascoltare insieme. Fece partire la playlist e si ritrovarono entrambi ad andare al ritmo con la canzone. Al bambino piacque molto anche se era la prima volta che la sentiva e non ne capiva le parole. Osservò con curiosità il ragazzino mentre chiudeva gli occhi per cantare il ritornello con trasporto. La sua voce era bellissima, ancora un po' acerba, ma fece lo stesso emozionare il piccolo calciatore. Gli sembrò che il proprio cuore stesse facendo mille rimbalzi al secondo come quando giocava con il suo pallone. Cosa stava succedendo al suo cuore? Doveva preoccuparsi? Doveva dirlo alla mamma? Con una scrollata di spalle, smise di pensarci. A parte quella strana e forte sensazione che aveva per la vicinanza del ragazzo, per il resto si sentiva bene. Meravigliosamente bene. Quando il ragazzo riaprì gli occhi, il bambino gli sorrise e lui ricambiò. Il piccolo ne rimase abbagliato, sembrava un sole che con i suoi raggi scaldava tutti.

"Sei bravissimo a cantare." disse il bambino con entusiasmo restituendogli l'auricolare.

"Grazie...mi piace cantare e suonare, ma devo migliorare."

"Diventerai un bravo cantante un giorno."

"Sarebbe un sogno ma è irrealizzabile. I miei genitori vorrebbero che diventassi medico oppure un insegnante. Non vogliono che diventi un artista. E' un lavoro precario e se non sfondi non sei nessuno. Non vogliono che entri in quel mondo." il ragazzino era triste, come se avesse spento l'interruttore della felicità. Il più piccolo era contrariato, voleva rivedere quel bel sorriso non quell'espressione sconsolata.

"Ma tu vuoi farlo."

"Non voglio andare contro il parere dei miei genitori. Mi hanno anche offerto di diventare un modello e forse fare i primi passi nel mondo dello spettacolo...ma non l'ho ancora detto loro. Ho paura di deluderli."

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