Ma mentre io indugiavo nei miei passi, guardandomi intorno, Rubyo aveva già raggiunto il grosso letto, piegandosi in due per raccogliere qualcosa sotto di esso.

Quando si rialzò, stringeva tra le mani una scatola in legno.

Prima di porgermela, la ripulì dalla polvere, soffiandoci sopra e strofinando una manica.

Gli andai in contro lentamente.

Era più pesante di quanto mi aspettassi.

Lessi l'incisione: «Buon compleanno, bambina mia.»

Improvvisamente gli occhi presero a pizzicare ed il cuore a tremare.

Ma iniziai a singhiozzare solo dopo che Rubyo mi strinse a sé.

«È la polvere.» Dissi, cercando di trattenere le lacrime.

«Lo so, lo so.» Rispose lui, strofinandomi dolcemente la schiena.

«Voleva che te la dessi per il tuo dodicesimo compleanno. Aprila.» Aggiunse poco dopo, liberandomi dall'abbraccio.

Tirai su con il naso, trovando il coraggio.

Conteneva una lettera, ed un pugnale.

Rimasi qualche istante ad osservare il contenuto, senza toccarlo.

Il foglio di carta era scolorito dal tempo e sembrava particolarmente fragile da maneggiare.
L'arma, invece, aveva resistito decisamente meglio allo scorrere degli anni, tuttavia presentava delle incavature, come se delle parti se ne fossero staccate.

Sfiorai la lama con i polpastrelli, solleticandoli, risalendo fino all'elsa.

L'afferrai.

Ma non appena estrassi la daga dalla scatola in legno, nel pavimento si aprì un varco nero sotto i miei piedi.

Così come il mio corpo sprofondava nel pavimento, anche il mio cuore affondava nello stomaco, mentre mi allungavo, invano, verso Rubyo che, immobile, sembrava ghiacciato nel tempo.

Gridai il suo nome, ma dalla mia gola non uscì alcun suono.

Potei solo continuare a cadere.
In silenzio.
Nel buio.
Con gli occhi chiusi.

Li riaprii annaspando.

Mi guardai in torno.

Ero ancora a palazzo.

Ero fuori.

Era notte.

Scalza e con un pomposo vestito in raso, tulle e seta, tra le mani stringevo ancora il pugnale.

Lasciai cadere improvvisamente l'arma quando, dalla lama, vidi gocciolare del sangue, che mi aveva impregnato il palmo.

Urlai.

Ancora con la bocca dischiusa e le labbra tremanti, seguii con lo sguardo il pugnale cadere, fino a sbattere con un rumore ferroso nella pozza di sangue ai miei piedi.

Gridai ancora più forte, cadendo all'indietro e nascondendo il viso tra le mani, ma non abbastanza velocemente da non incrociare lo sguardo con gli occhi aperti, ma privi di vita, del cadavere ai miei piedi.

Ero stata io?
Lo avevo ucciso io?

Non riuscivo a pensare ad altro mentre vedevo la macchia vermiglia espandersi sul marmo.

Royal Thief IIWhere stories live. Discover now