Pensieri di una ragazza

giorni ordinari

In questi giorni mi sentivo felice, non è una cosa che mi capita spesso, pensavo di aver raggiunto finalmente la pace interiore, di aver trovato quell'equilibrio tra scuola, amici e famiglia ma poi... È semplicemente crollato tutto. Per colpa mia.
Per colpa mia perché non so controllare la rabbia.
Per colpa mia perché non so gestire le mie emozioni.
Per colpa mia perché sono una candele, una volta che la accendi, brucerà fino a consumarsi del tutto.
Ho fatto una cosa di cui mi pento, di cui ho ancora sulla pelle i segni freschi e doloranti di un atto compiuto in preda al dolore che provavo all'altezza del seno, un dolore fastidiosamente familiare.
Occhio per occhio, dente per dente, così diceva il detto no?
Ho pensato sarebbe stata la stessa cosa, un modo per auto punirmi, per scacciare il dolore mentale con quello fisico ma ho fatto una cazzata.
Me ne pento, me ne pento tantissimo.
Le persone, anche quelle intorno a me, quelle che dovrebbero sostenermi di più non ci sono e io mi chiedo il perché.
Sono sempre disponibile ad ascoltare e consigliare, a stare in piedi fino ai primi raggi del sole per consolare e rassicurare e mi domando, se io faccio questo per loro, loro mi ascolteranno quando io ne avrò bisogno? Saranno lì, pronti a consolarmi?
La risposta è no.
Perché io ci sono sempre per tutti ma loro non ci sono mai?
Perché se loro sbagliano se ne dimenticano tutti subito ma se sbaglio io me lo rinfacciano per anni?
Le persone provano piacere nel vedere i loro simili in difficoltà, amano vedere il dolore e la paura, si nutrono del potere fasullo che dà loro, per qualche minuto, l'idea di aver fatto del male a qualcuno.
Vivono per questo, ho pensato.
M poi ho riflettuto attentamente: è perché loro, semplicemente, vorrebbero provare quel dolore che stanno infliggendo agli altri, perché così capirebbero di essere ancora vivi, di essere umani.
Ho capito che loro non vivono per questo ma sopravvivono grazie a questo.