Mal di mare

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Dall'esterno, entrava il rumore assordante delle campane delle chiese del regno. Non importa che avesse ordinato che le sue stanze venissero insonorizzate e che porte e finestre fossero di legno pesante, quelle dannate campane le sentiva comunque, sempre.

Sommerso nella sua vasca da bagno fino a poco sotto al naso, Haruka era sul punto di appisolarsi.

«Vostra altezza!» si sentì chiamare da oltre la porta, da una voce più che familiare.

«Vostra altezza!» sentì di nuovo. La porta si aprì con un violento tonfo.

«Ah, siete qui, vi stavo cercando» gli disse Makoto, suo migliore amico e valletto personale.

«Ho sentito»

«E allora perché non avete risposto?»

Haruka fece orecchie da mercante.

«Oggi è il gran giorno» gli ricordò l'amico porgendogli un asciugamano e voltandosi dall'altra parte.

«Lo so»

«Perché vi siete rinchiuso qui quindi? Dovete prepararvi»

Haruka non rispose. Che domanda era? Era chiaro come il sole perché.

«Voi non volete, vero?» gli chiese Makoto. Non rispose di nuovo.

«Avete ragione, chi mai vorrebbe?»

Haruka si girò a guardare l'altro. Era sicuro, glielo leggeva in faccia: Makoto capiva i suoi sentimenti e il suo dispiacere era sincero. Per quanto fosse normale fra la nobiltà sposare perfetti sconosciuti, era un boccone troppo amaro per essere mandato giù e il suo amico se ne rendeva conto.

Con Makoto, Haruka non aveva bisogno di parlare: era come un libro aperto. Era un'amicizia profonda la loro, nata durante i loro anni d'infanzia da un casuale incontro nei giardini del castello. Lo ricordava bene, aveva poco meno di sette anni.

Il Re era solito organizzare grandi balli allo scopo di trovare il miglior partito per il suo unico figlio e ormai per Haruka era diventata routine: suo padre gli presentava qualche graziosa bambina mai vista prima, si allontanava e lo osservava da lontano mentre cercava, goffo com'era, di spiccicare qualche parola. Durante una di quelle sfarzose feste, Haruka lamentò, come scusa, un forte mal di pancia e scappò.

Tutte quelle persone e quel rumore e quel movimento lo disturbavano risucchiando tutta la sua energia.

Fuggito con successo andò nei giardini posteriori del castello, in un angolo che solo lui e pochi altri conoscevano: dietro un alto cespuglio, superato un roseto vi era una fontana nascosta che aveva in segreto ordinato a due complici servitori di mantenere e pulire affinché potesse nuotarci quando ne aveva voglia. Il padre difatti, un uomo, seppur dagli ottimi valori, molto severo, gli aveva con fermezza vietato il nuoto. Aveva ordinato che la piscina reale fosse chiusa e trasformata in un gigante acquario; aveva inoltre ordinato che lungo la costa del mare, sulla quale si affacciava il castello, venisse rafforzata la sicurezza.

Haruka non aveva battuto ciglio sulla questione poiché comprendeva le ragioni del padre di voler proteggere il suo unico erede ma ciò non voleva dire che non ne soffrisse.

Arrivato, in fretta e furia, vide qualcuno vicino alla enorme fontana. Un bambino che pareva della sua stessa età era intento a infilare la mano nell'acqua per poi osservare il suo incresparsi.

«Chi sei?» aveva chiesto Haruka.

Il bambino si girò sorpreso e, vista evidente differenza di classe, iniziò ad agitarsi.

Mal di mareWhere stories live. Discover now