Capitolo 3

39 0 0
                                    

Quando Theodora si risvegliò, non sapeva bene quanto tempo era passato da quando aveva tentato di scappare. Sapeva solo che era stata immobilizzata di nuovo. Aprì gli occhi e si guardò intorno: era seduta sul sedile anteriore di una macchina, ed era tenuta ferma dalla cintura di sicurezza. Alla guida c'era un uomo che non aveva mai visto prima, e che la stava portando sicuramente molto lontano da casa. Doveva avere circa una decina d'anni più di lei, era abbastanza alto, magrissimo, e aveva i capelli castani, lisci e spettinati. Indossava una camicia bianca e i pantaloni di uno smoking: molto probabilmente c'era anche lui al discorso di suo padre. Theodora pensò immediatamente che quell'uomo lavorasse per Storm, e che la stesse portando da qualche parte per ucciderla.
«Cos'è successo?» farfugliò. «Dove sono?»
«Nella mia macchina,» rispose l'uomo.
«Mi riporti indietro!» ordinò Theodora, cercando di scappare. «LE ORDINO DI RIPORTARMI INDIETRO!»
L'uomo misterioso non rispose. Si limitò, con un gesto, a chiudere ermeticamente lo sportello di Theodora, in modo da impedirle di aprirlo. La ragazza, infatti, si arrese.
«Lei chi è?» chiese Theodora all'uomo.
«Uno che ti sta aiutando,» rispose l'autista.
Dal tono non sembrava uno degli uomini di Storm. Forse quel tipo la stava aiutando veramente.
«Lei chi è?» ripeté Theodora, pretendendo una risposta diversa.
«James McDowell, e sono stato incaricato di portarvi in salvo, Miss Theodora Catherine Smith.»
Theodora non si domandò perché quel James conoscesse il suo nome completo: ormai tantissime persone sapevano benissimo chi fosse.
«Posso chiamarti Teddy?» le chiese James. «Il tuo nome è troppo lungo...»
«Non osi nemmeno pensarci!»
«Non hai un soprannome, allora? Un nome con cui ti chiamano gli amici...»
«Sì. Ma per lei e per il resto del mondo sono Theodora, chiaro?»
«Come vuoi... Theodora... Ma puoi evitare di darmi del lei, almeno? Mi fa sentire vecchio...»
Theodora tentò di ricordare perché il volto del suo 'rapitore' le sembrava tanto familiare.
«Ti ho già visto da qualche parte?» chiese Theodora.
«Ne dubito.»
«No, sono sicura di averti già visto... Forse in televisione... sai... in qualche film, o serie tv...»
«Ho un tipo di viso molto comune...»
Improvvisamente, Theodora si ricordò di averlo notato durante il discorso di suo padre.
«Tu eri là, vero?» chiese. «Mi sembra di averti visto in giro, prima del discorso di mio padre...»
«Sì, lavoro per lui...» rispose James. «Faccio un sacco di cose diverse, ma oggi gli serviva un bodyguard...»
«Non sembri per niente un bodyguard!»
«E tu non sembri per niente la figlia di un Primo Ministro!»
«Sei pagato anche per fare battute?»
James non rispose.
«Dove mi stai portando, comunque?» chiese Theodora.
«Il più lontano possibile. Devi nasconderti, e io devo assicurarmi che tu sia al sicuro.»
«Te l'ha ordinato mio padre, vero? Perché sapeva quello che sarebbe successo oggi?»
«Arthur sapeva che prima o poi sarebbe successo... Sapeva anche che Storm avrebbe scelto un'occasione del genere per colpire...»
«Ha ucciso i miei genitori... Ed il suo prossimo obiettivo sono io...»
«Mi dispiace...»
I due rimasero in silenzio, finché James non guidò verso un'area parcheggio, dove si fermò.
«Ti prego, dimmi che adesso scendiamo da questa macchina stravecchia e che mi porterai via da qui con una limousine...» disse Theodora.
«Mi dispiace deluderla, Milady, ma dovremo passare inosservati,» le rispose James. «Quindi no, niente limousine...»
«Ma lavoravi per mio padre! Non ti ha mai regalato una macchina decente?»
James non rispose. Parcheggiò, scese dalla macchina e andò ad aprire il portabagagli per prendere alcune cose. Aprì lo sportello di Theodora e le diede dei vestiti di ricambio e un altro paio di scarpe.
«Cos'è questa roba?» chiese la ragazza, quasi inorridita.
«Mettiteli,» le ordinò James. «Dobbiamo scappare, e tu sei ancora troppo riconoscibile... Non ti preoccupare, non ti guarderò, mentre ti cambi...»
Qualche minuto dopo, Theodora ebbe finito di cambiarsi i vestiti, e James andò a guardarla per vedere quanto fosse diversa.
«Devo proprio indossare questa roba?» chiese la ragazza.
James non trovava niente di strano nel fatto che Theodora indossasse una normalissima maglietta a maniche corte, dei jeans scuri e degli anfibi neri. Ma c'era ancora qualcosa che bisognava cambiare...
«Non preoccuparti, stai benissimo...» disse James. «Ma manca ancora qualcosa...»
James tirò fuori delle forbici da una borsa che aveva poggiato sul sedile posteriore.
«Che hai intenzione di fare con quelle?» chiese Theodora, non appena vide le forbici.
«Devi essere irriconoscibile...» le rispose James. «Dobbiamo completare l'opera!»
James iniziò a tagliare i lunghi capelli di Theodora, che prima le arrivavano fino a metà schiena, accorciandoli in modo che arrivassero a malapena fino alle spalle. Poi, ci spruzzò sopra una qualche sostanza che Theodora non riconobbe, per schiarirne il colore. Quando ebbe finito, la ragazza si guardò nello specchietto retrovisore.
«Sono orrenda!» esclamò. «Ma dato che stai facendo tutto questo per proteggermi, direi che hai fatto un ottimo lavoro... Per fortuna non rimarrò così per sempre... Almeno spero...»
«E non abbiamo ancora finito...»
James rimise in moto la macchina e guidò fino ad una piccola città nelle vicinanze. Parcheggiò proprio davanti ad un edificio spoglio e triste, che sembrava proprio il luogo verso cui erano diretti. Theodora e James scesero dalla macchina e si avvicinarono al portone chiuso. Sul citofono c'erano un paio di nomi e un sacco di spazi vuoti: evidentemente nessuno aveva molta voglia di abitare o lavorare lì. James suonò il citofono vicino ad uno dei cartellini con scritto un nome.
«"Frederick Stray, fotografo"» lesse Theodora. «Perché stiamo andando da un fotografo?»
«Lo scoprirai tra qualche minuto...» le rispose James.
«Ho come l'impressione che questo qui non sia un vero fotografo...»
I due entrarono nello studio di Frederick Stray, e vennero accolti dal "fotografo" in persona. Sembrava avere la stessa età di James, e aveva i capelli castani e gli occhi azzurri. A Theodora non sembrava molto un fotografo, ma forse si sbagliava...
«Ehi, James!» salutò Frederick. «Sapevo che saresti arrivato! Ho quasi finito quello che mi avevi chiesto!»
Theodora cercò di capire a cosa si riferisse, ma non ci riuscì.
«Prego, accomodatevi!» continuò Frederick. «E scusate il disordine!»
La stanza in cui si trovavano doveva essere usata sia come casa che come ufficio. Da quello che sembrava, Frederick non doveva avere molti clienti, dato che era tutto completamente in disordine. Quella casa, a occhio e croce, avrà avuto due o tre camere, non di più.
«Allora, hai fatto tutto esattamente come ti ho chiesto?» chiese James.
«Sì, devo soltanto stampare...» rispose Frederick. «E mi manca soltanto una foto... La tua già ce l'ho, devo solo avere una foto dell'incantevole signorina qui...»
Theodora era sempre più confusa. Non sapeva veramente cosa stesse succedendo, quando Frederick la prese per mano e la portò in una delle altre stanze della casa, quella con una parete completamente bianca e quella che assomigliava all'attrezzatura di un fotografo professionista. Allora era veramente un fotografo, pensò Theodora.
Frederick scattò una foto a Theodora, dopodiché la ragazza tornò da James, mentre il fotografo (o quello che era in realtà) stampava quello che aveva ordinato James.
«Ma che sta succedendo?» chiese Theodora a James, decisa a capirci qualcosa. «Perché mi hai portata qui? E perché a quel tipo serviva la mia foto?»
Prima che James potesse rispondere, Frederick tornò nella stanza, con in mano quelli che sembravano documenti falsi.
«Stiamo scappando e nessuno dovrà riconoscerci...» spiegò James. «Ci mancavano solo i documenti falsi!»
Ma certo, ora tutto aveva più senso! Per non essere riconosciuta, Theodora non avrebbe soltanto dovuto cambiare aspetto, ma avrebbe dovuto anche avere una falsa identità! Theodora e James diedero un'occhiata ai loro documenti falsi, per controllare quanto fosse stato credibile il lavoro di Frederick.
«"Hannah Collins"...» lesse Theodora.
«"Jason Collins"...» lesse James.
«Aspetta... cosa?» chiese Theodora, confusa e spaventata allo stesso tempo.
James e Theodora si guardarono, con la stessa espressione confusa.
«Oh, no, non vi preoccupate!» li rassicurò Frederick. «Non dovrete mica fingere di essere sposati! Siete solo fratello e sorella! Vi somigliate anche, se posso permettermi di dirlo...»

On The Run - In fugaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora