Capitolo 2

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Dieci anni dopo, James lavorava ancora come spia, sia per Arthur Smith, sia per Harold Storm, e, per sua fortuna, era riuscito a incrociare Theodora per i corridoi al massimo un paio di volte. Arthur Smith, nel frattempo, era stato eletto Primo Ministro, quindi si era dovuto trasferire con tutta la famiglia e alcuni dei suoi collaboratori (questo includeva anche James) a Downing Street.
Quel giorno era un giorno speciale: l'incarico di Arthur come Primo Ministro era stato confermato per un altro mandato, perciò Arthur avrebbe dovuto tenere un discorso per celebrare l'occasione. Arthur era felicissimo di essere stato tanto utile al suo Paese da essere riconfermato nella sua posizione, ma sapeva anche che, per alcuni (come Harold Storm), questo sarebbe stato un evento terribile. Ma Arthur non si scoraggiò: sapeva di star facendo la cosa giusta, e che non doveva aver paura delle possibili reazioni negative che avrebbe suscitato. E poi, era preparato a tutto: conosceva fin troppo bene Storm, il suo avversario, aveva intuito quali sarebbero state le sue prossime mosse e aveva progettato fin nei minimi dettagli le sue contromosse. Tutto sarebbe andato bene, non doveva preoccuparsi di nulla.
Theodora era nella sua stanza, a prepararsi per il grande discorso di suo padre. Aveva indossato un tailleur blu elettrico, che le avevano regalato i suoi genitori, delle scarpe con i tacchi dello stesso colore e aveva sistemato i suoi lunghi capelli castani con un cerchietto, per tenerli in ordine. Aveva abbinato anche l'ombretto al colore dei suoi vestiti, e si era messa un rossetto rosso acceso, che si notava immediatamente. Stava ancora finendo di sistemarsi, mettendosi degli enormi orecchini dorati a cerchio, i suoi preferiti, quando sua madre bussò alla sua porta:
«Teddy, sei pronta? Quelli della televisione sono già qui!»
La ragazza mise tutto in ordine il più veloce possibile, poi aprì la porta della stanza ed uscì.
«Mamma, quante volte ti ho detto di non chiamarmi più Teddy?» si lamentò. «Ho ventott'anni ormai, non più cinque!»
Theodora e sua madre Catherine arrivarono nella sala in cui si sarebbe tenuto il discorso di Arthur. C'era già moltissima gente, tra cui vari cameramen e tantissimi colleghi di Arthur. Theodora ne conosceva la maggior parte, dato che, dopo la sua laurea, era riuscita ad entrare in politica e seguire le orme di suo padre. Era sempre stato il suo sogno, e la ragazza era felice che si fosse finalmente realizzato.
Theodora incrociò lo sguardo di suo padre, che le fece cenno di raggiungerlo. Stava parlando con altri due politici molto importanti, e, con ogni probabilità, voleva presentare loro Theodora.
«Allora...» disse la ragazza a suo padre, quando i due uomini furono andati via. «È un giorno importante, per te...»
«Sì, importantissimo...» le rispose Arthur. «Ed è importante anche per te!»
«Perché oggi vuoi presentarmi ufficialmente come tua vice? O qualcosa del genere?»
«Esatto! Da oggi sarà ufficiale: se avrò qualche problema, sarà tutto nelle tue mani!»
«Davvero? Ti fidi così tanto di me?»
«Mi fido tantissimo di te... Sei una ragazza molto responsabile, con la testa sulle spalle, pienamente consapevole di quello che fa... Sarai perfettamente in grado di continuare quello che io ho iniziato... Anche se per me sarai sempre la mia Teddy... Oh, scusa... volevo dire Dora...»
Theodora sorrise. In realtà le piaceva quando suo padre la chiamava con quel nomignolo: le ricordava quanto volesse bene a suo padre, e quanto suo padre volesse bene a lei.

Anche per James era un giorno importante. Sarebbe dovuto essere presente durante il discorso di Arthur, come guardia del corpo, per svolgere il suo compito di spia. Arthur aveva provveduto a tutto, gli aveva persino comprato uno smoking per l'occasione. James si vestì, mise tre grosse borse nel portabagagli della sua macchina e guidò fino alla residenza di Arthur. Parcheggiò davanti ad un'uscita secondaria, dato che era impossibile anche solo transitare davanti all'entrata principale, e poi entrò nell'edificio.

Theodora era seduta in prima fila, accanto a sua madre, davanti ad una giornalista bionda e con le labbra enormi, durante il discorso di suo padre. Arthur aveva appena iniziato a parlare, quando si sentirono forti rumori di colpi provenire da dietro la porta principale della sala. La porta si aprì improvvisamente, ed entrò una decina di uomini armati, seguiti da Harold Storm, che si fermò appena varcata la porta da cui era entrato, con il solito sguardo maligno che a Theodora ricordava tanto i personaggi cattivi delle favole, o dei cartoni animati. Uno di quegli uomini, armato di pistola, su ordine di Storm, sparò ad Arthur. Tutti si alzarono in piedi urlando, spaventati, e la sala sprofondò nel caos, quando tutti tentarono di fuggire da lì, in preda al terrore. Theodora si allontanò da quella confusione, dirigendosi verso l'uscita più vicina, quando si voltò e vide un altro uomo armato che aveva catturato sua madre, e le aveva puntato una pistola alla testa.
«Teddy, scappa!» fece in tempo a dirle sua madre.
La ragazza obbedì: si voltò e riuscì ad uscire dalla stanza, ma non appena ebbe chiuso la porta dietro di sé riuscì a distinguere chiaramente un colpo di pistola molto più forte degli altri e più vicino a lei. Theodora corse per vari corridoi, in cerca di un'uscita, senza mai voltarsi indietro. Voltarsi avrebbe significato rendersi conto di quello che era appena successo, e Theodora non aveva il coraggio di farlo, in quel momento. Continuò a correre per qualche minuto, prima di fermarsi per rendersi conto di dove si trovava. All'improvviso, si trovò di fronte un uomo armato, uno di quelli che erano al servizio di Storm, ma, prima che potesse reagire, in qualche modo, fu presa alle spalle, immobilizzata, e perse coscienza.

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