Elektropop

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Di fronte all'insegna a neon del locale, ricontrollò sulla sua mappa che non si stesse sbagliando.
Sarebbe sembrato uno studentello birbante separato dalla scolaresca in gita, con quello zaino sulle spalle e il viso da ragazzino, ma fece finta di nulla e, dietro un gruppo di ragazzi, entrò nel locale.
Notò subito che era fuori dai gusti di Daniel: un posto affollato con la musica a tutto volume, gente che si muoveva da un piede all'altro coi loro drink in mano, via vai continuo dai bagni, luci psichedeliche contro gli occhi, pronte a farli lacrimare sopra un altro drink. Eppure, aveva già immaginato che avrebbe potuto scegliere qualcosa di insolito in cui osservarlo da lontano, senza farsi trovare.
Sono qui, gli scrisse, dirigendosi verso il bancone, secondo i piani. Ordinando una soda, rimase col cellulare in mano ad attendere una sua risposta.
Potrei essere chiunque. Potrei farti male. Non faresti meglio a scappare?
Con la cannuccia fra le labbra, Skyler deglutì con forza, sentendo il petto fremere.
Mi hai portato qui proprio perché, se dovessi essere un tipo simile, non faticherei a chiedere aiuto. Non è così?
Socchiuse gli occhi sentendo mille dubbi sfiorargli la pelle, facendola rabbrividire.
Se avesse avuto bisogno di aiuto, gli sarebbe bastato urlare finché sarebbe stato dentro al locale. Quasi si sentiva in colpa a dover pensare una cosa simile del suo Daniel, ma era proprio lui ad averglielo insinuato fra i pensieri, sguinzagliando un viscido dubbio che adesso lo faceva tentennare fra l'idea di rimanere e quella di tornare indietro a Solelka. Se i suoi l'avessero cercato alla mostra di Polanier, a Glisgolm, chissà quando si sarebbero accorti che era a chilometri da lì, in una grossa e sciocca bugia. L'avrebbero rintracciato, trovandolo dietro un cassonetto col ventre squarciato, o, peggio ancora...
«Skyler! Finiscila di comportarti come un idiota!» si rimproverò, mettendo a tacere quelle fantasie.
Ne sei ancora sicuro?
Già da tempo.


Si fece coraggio voltandosi alle spalle per vedere chi mai gli camminasse incontro.
Ma i corpi continuavano a muoversi creando un muro frenetico e colorato, senza che potesse vedere altro, oltre loro. Un altro sorso della sua soda, prima che due dita gli tamburellassero sulla spalla.
Gli prese un colpo quando si ritrovò davanti un sorriso un po' imbarazzato che dall'alto l'osservava incuriosito.
«Non ti avevo mai visto da vicino».
Mi aveva detto di avere gli occhi verdi, pensò, prima di annegare in un forte rossore. Gli sorrise imbarazzato, scorgendolo prender posto vicino lui. I capelli erano neri come la pece, il profilo da statua greca con un naso perfetto e mascella e zigomi ben delineati; quasi gli mancò il fiato mentre reggeva la soda in mano, inebetito.
Quando Daniel si voltò verso lui e sorrise, dovette mordersi un labbro per non prendere a ridacchiare come uno sciocco.
Cercò di ricordarsi del ragazzo che era corso via dal camerino, un anno prima, ma adesso ogni suo ricordo aveva preso le sue sembianze.
Gli occhi castani sulla pelle abbronzata, che faceva invidia al bianco gelo che invadeva tutta Uneke, il sorriso perfetto e le spalle larghe. Tutto lo lasciava piacevolmente sorpreso, soprattutto quell'aria socievole con cui gli si rivolgeva.
«Spero tu non abbia aspettato tanto!» gli disse guardandolo di sottecchi.
Skyler balbettò qualcosa confusamente, come un no, non preoccuparti, che riuscì a scandire appena.
Quando il corpo di Daniel si voltò da sopra lo sgabello rivolgendosi totalmente verso lui, la sua schiena si rizzò immediatamente, pronta a uno dei suoi colpi che, per telefono, era solito infliggergli lasciandolo di sasso.
«Hai fatto tante foto?» fu tutto quello che gli domandò.

Quell'immagine fantasticata che in un anno si era costruito per renderlo più tangibile era appena stata sostituita dal suo sorridente viso reale che chiacchierava con disinvoltura, senza interromperlo come faceva di solito per puntualizzare questa o quell'altra cosa. Anzi, sembrava abbastanza tranquillo e rilassato, con quel tono pacato e gentile con cui gli si rivolgeva. A Skyler quasi sembrò di star sognando.
Si era già abituato a lui, tanto da credere di conoscerlo da chissà quanto.
Cercando di non fargli capire che a stento riusciva a reggere il suo sguardo, annuiva fra le spalle strette sentendosi un brutto anatroccolo di fronte a tanta bellezza.
«Allora, dimmi: sei soddisfatto di ciò che vedi?» domandò sfrontato.
Skyler sollevò gli occhi incredulo.
«Cioè, era così che mi immaginavi?» E gli si fece più vicino, poggiando la testa sulla mano chiusa a pugno, il gomito poggiato sul bancone traslucido.
«Diciamo di sì.» rispose imbarazzato.
«Perché diciamo!?» e rise tanto forte, tornando a bere il suo mojito, che a Skyler sembrò di essersi beccato un pugno allo stomaco.
«È stato difficile farmi un'idea di te senza averti mai visto» gli toccò ammettere, immaginando che un'espressione di stizza potesse invadergli il viso, aprendo una delle grosse polemiche su quanto troppo ci si basasse sulla fisicità per giudicare una persona. Ma, insolitamente, lui annuì arrendevole. «Non hai tutti i torti...»
Sorpreso, Skyler incalzò con quella domanda che, da sempre, avrebbe voluto fargli: «Perché hai aspettato tanto, allora? Perché mi hai sempre detto che non potevamo vederci?»

Daniel sollevò le sopracciglia, arricciando il labbro superiore. Con una scrollatina di spalle gli rispose di non saperlo con precisione, scherzando sul fatto che voleva conoscerlo un po', prima di quel momento.
Skyler scrollò il capo e lui gli cinse le spalle con un braccio, avvicinandosi al suo viso. Un bacio sulla guancia lo fece arrossire un'altra volta. «So che hai qualcosa per me» mormorò, indicando lo zainetto.
Agli occhi increduli di Skyler rispose che lo conosceva tanto bene da saperlo.
«Non... non vorrei dartelo qui, comunque...» bisbigliò nella musica assordante, ma Daniel era abbastanza vicino da sentirlo. «Vuoi che ci spostiamo?»

Dentro la sua macchina, siaccoccolò contro il sedile, scrutando quel viso silenzioso che non smetteva disorridere.
«Qui va bene?» gli chiese accendendo la luce.
Skyler prese il libro dallo zaino, porgendoglielo fra le mani. Daniel lo osservò con attenzione, prima di avvicinarsi ad abbracciarlo. «È un pensiero molto carino... ti ringrazio!»
Con gli occhi bassi, in quel silenzio assordante sperò che non sentisse il suo cuore fremere per l'impazienza. Quando la mano si poggiò sopra le sue, il calore che emanò gli fece mordere con forza l'interno delle guance.
«Ti tireresti indietro se provassi a baciarti?» gli domandò avvicinandosi verso lui.
Skyler dovette strizzare gli occhi per capire se avesse sentito bene, mentre i suoi non gli si scollavano un attimo dal viso. Quell'aria petulante e precisina che aveva sempre avuto sembrava essersi volatilizzata, come se non fosse mai esistita. C'era qualcosa nel suo modo di fare che lo rendeva differente da quel tono sempre distaccato che raramente, da mesi, si concedeva una risata; vederlo ridacchiare tanto serenamente, seppur gli facesse piacere, lo faceva sentire come se una vocina, da lontano, gli suggerisse che qualcosa non quadrava.
Ma la bocca di Daniel la mise a tacere.
Si mosse dolcemente sulle sue labbra,leccandole senza alcun'esitazione. Colto alla sprovvista, Skyler si abbandonò alla sua mano dietro al collo, con la testa premuta contro il sedile, cercando di armeggiare come meglio poté a quel bacio imprevisto. Pochi istanti dopo, e si lasciò andare a quel desiderio tenuto stretto per troppo tempo, librando una mano verso il suo viso che accarezzò con la punta delle dita.
Daniel mollò la presa per un attimo, guardandolo compiaciuto. «Da quanto desideravi farlo?» gli domandò in un sorriso.
«Tanto» bisbigliò Skyler senza fiato. Tutto il suo corpo sembrava volerglisi buttare addosso, stringerlo a sé, toccarlo ovunque, passargli le mano fra i capelli e sul viso, sotto la maglia e lungo la schiena. E fra i baci che Daniel gli schioccò sul collo, dovette contenere quel fremito che gli diede alla testa.
«Sei mai stato con un ragazzo?» gli chiese senza mezzi termini, intrecciando le dita alle sue.
Lo sguardo di Skyler sfrecciò verso il parcheggio, sentendo il petto andare in frantumi tra tutti quei martellii incessanti. Scosse la testa, stringendo forte i denti. Aveva immaginato di far l'amore con lui, e non poche volte; si era ritrovato sudato dalla testa ai piedi, in piena notte, dopo ore e ore perso in quelle fantasie che non gli avrebbe mai confessato. Ma lì, di fronte a tanta sfacciataggine, quasi si chiese se avesse dovuto rifiutare una proposta simile.
Quando gli occhi si sollevarono, distrattamente incrociarono lo sguardo di un ragazzo, distante parecchi metri, fissarlo immobile da quella macchina spenta.
«Dan...» mormorò tremando. «Credo ci sia qualcuno che ci stia guardando...»
Con un colpo di gomito chiuse l'auto con le sicure, mettendola in moto. «Fuori dal pub c'è un sacco di gentaglia... non credo ti dispiaccia se ci spostiamo, mh?Dove hai detto che alloggi?»    

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