XVI - La fille aux cheveux de lin

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Claude Debussy - Preludes - 1909-1911 - Très calme et doucement expressif

Viktor Cena corse fuori dal commissariato di Ivrea. Dietro di lui, Veronica cercava di inseguirlo arrampicata su un paio di tacco otto sicuramente firmate.

Viktor udiva il vago ticchettare dietro di sé, ma in quel momento era perso nei suoi pensieri. Non ne poteva più: avevano passato una notte e un giorno interi a esaminare la posta del sindaco, a valutare ipotesi per poi smontarle, a costruire congetture per poi buttarle nel cestino della spazzatura. Non c'era nulla di sostenibile. Non c'era una pista solida. Nessuna traccia da esaminare se non biglietti e pezzi di plastica di un cellulare.

E poi c'era Chiara. Tutto era andato nel peggiore dei modi con lei, inutile nasconderlo. Era scappato come un ladro ed era tornato da lei come cane da guardia. Fantastico. Ma chi voleva prendere in giro?

«Viktor, rallenta. Non riesco a tenere il piede.»

Cena si fermò, riportato alla realtà dalla voce di Veronica.

«Scusa, Veronica, ero sovrappensiero. Il passo...»

«Eh?»

«Si dice tenere il passo.»

«È lo stesso, tanto hai capito. Pensi a questa sera?»

Giusto. Quella sera doveva presentarsi agli altri ufficiali dello Stato Maggiore. Una festicciola in un bar, niente di impegnativo. Era l'occasione per fare conoscenza e tastare il terreno. Se davvero l'Arancere era a contatto con il gruppo carnevalesco poteva anche farne parte in realtà.

«Vero. Non farmici pensare.»

Presero a camminare in silenzio verso la Punto di Viktor.

«Se vuoi chiamo un taxi.»

«No, Veronica. Lasciami perdere. Ho un sacco di pensieri per la testa. L'Arancere, il Mattatore. Cazzo, che casino.»

«Un sacco di gente che ha voglia di scrivere.»

«La cosa non ti è sfuggita.»

«Cellulare lascia tracce. Computer anche. Un biglietto se non ha impronte lascia poco.»

«Ti assicuro che un po' di paura la lascia.»

Veronica sorrise.

«Tu non hai paura. Sei arrabbiato e preoccupato.»

Viktor sorrise a sua volta.

«Sei proprio una profiler.»

«Sono brava. È mio mestiere.»

Salirono in Piazza di Città, attraversata dalla gente impegnata negli ultimi acquisti della giornata.

«Come mai vuoi tornare a Roma per due giorni? È una sfacchinata.»

Veronica cancellò il sorriso dal suo volto.

«Devo farlo. C'è una persona che mi aspetta.»

Di nuovo lo stretto riserbo del giorno del suo arrivo.

«Non sembri felice.»

Tornò il sorriso sul volto di Veronica. Era un sorriso dolce e sincero.

«E tu non sei un profiler davvero, Viktor.»

Alla stazione, Veronica si fermò ad acquistare un paio di riviste, diede un'occhiata al tabellone e sbuffò.

«Viktor, ritardo di un'ora. Vai pure che fai tardi al party.»

L'ARANCERE di Mau TrifibaWhere stories live. Discover now