XIV - Frozen

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Video: Madonna

Il gelo continuava a rimanere impigliato per le vie di Ivrea e neanche il timido sole di fine inverno riusciva a strapparlo via dalle torri rossastre del castello. Nella sala riunioni del commissariato di Ivrea, il caldo tepore dei termosifoni stava mettendo a dura prova l'attenzione del team dedicato alle indagini sull'Arancere, già provato dall'estenuante presentazione alla quale stava assistendo.

«...e per tutto questo io penso che non si può parlare di omicidi seriali. Al momento non è serial killer come intendiamo noi. Come classico serial killer, voglio dire. Non so se mi spiego.»

Veronica Kendall aveva appena terminato la sua lunga relazione in un italiano approssimativo ma efficace, accompagnata da una presentazione PowerPoint di sessantadue slides. Il pubblico non pagante aveva a poco a poco allentato l'attenzione, fatta eccezione per il commissario Vincenzi, per Belleri e per Viktor. Proprio lui, in modo particolare, stava riflettendo su alcune evidenze che non aveva ben considerato in precedenza. L'incontro con Zia Rita lo aveva rasserenato e ora riusciva a concentrarsi meglio sulle indagini. Dopo la prova del costume napoleonico, il pomeriggio precedente, lui e Zia avevano parlato del più e del meno: "Come va? Mangi? Stai bene? Hai la fidanzata? Pensi sempre al Roccia e alla mamma? Io ci penso tanto, por cit."
Viktor aveva cercato di non farla preoccupare: "va bene, ho una ragazza, qualche volta penso ai miei". Ma Zia Rita, premurosa, si era fatta promettere che sarebbe andato a pranzo da lei la domenica successiva.

«Ti preparo i tajarin. I miei tajarin» gli aveva proposto in modo assai seducente.

Come poteva rifiutare?

Con quella promessa in testa tutto appariva più chiaro, e nemmeno l'estenuante presentazione dell'americana lo aveva stancato.

La profiler era partita dal biglietto spedito al commissariato di Ivrea per confrontarlo con il cartello trovato sul greto della Dora Baltea. Era quello il fulcro della sua analisi. Mentre nel primo caso era evidente la volontà di far conoscere a tutti il proprio pensiero e la responsabilità dell'assassinio, pur rimanendo criptico sul suo significato, nel secondo c'era un semplice cartello, non firmato e che nulla aveva a che fare con il primo delitto: né i tempi, né il metodo.

I casi studiati dalla Kendall evidenziavano la tendenza degli assassini a ripetere il modus operandi dell'approccio alla vittima, ovvero il modo in cui i serial killer entravano in contatto con essa. Nell'ottanta per cento dei casi, l'assassino era in grado di concepire un solo e unico sistema per individuare la propria preda, questo perché i delitti erano il risultato di un'irresistibile frenesia violenta rivolta a sottomettere il malcapitato.

Nei casi di Ivrea, invece, si era di fronte a una situazione ben diversa.

Francesco Longo era stato aggredito in casa da una persona che probabilmente conosceva, quindi era stato ucciso con un colpo di pistola alla nuca e poi decapitato, con tutta quella macabra messinscena che la Kendall aveva ricordato a tutti. Qualche giorno dopo l'assassino, si suppone, aveva inviato un biglietto firmandosi L'Arancere.

Gualtiero Berardi, invece, era morto fuori casa per cause naturali ed era poi stato decapitato, ma con una modalità del tutto differente rispetto al delitto precedente. L'assassino si era procurato un oggetto molto tagliente e aveva operato all'aperto. E, soprattutto, aveva posto quel cartello che scombinava tutte le regole del "bravo omicida seriale".

«Ma... mi scusi, dottoressa Kendall, non vorrei apparire presuntuoso. Davvero lei crede che non ci troviamo di fronte a un serial killer?» chiese il Commissario Vincenzi piuttosto perplesso.

Veronica, che si trovava in piedi di fronte al fascio di luce del proiettore, si tolse gli occhiali e andò ad accendere la luce nella sala riunioni. Si accorse che i partecipanti la guardavano perplessi.

L'ARANCERE di Mau TrifibaWhere stories live. Discover now