Prologo - La Morte (non esiste più)

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Video: Baustelle

Settembre di un anno qualunque

Lele decise che era ora di alzarsi anche se erano solo le quattro del mattino. La caraffa dell'acqua, riempita e appoggiata sul comodino la sera prima, era ormai vuota, segno che la notte era stata calda, agitata e insonne, come ormai troppo spesso capitava. La giornata precedente... Quella poi... Era stata dura e triste, per usare un eufemismo. L'immagine della bara che veniva infilata nel loculo si era presentata davanti ai suoi occhi per tutta la notte.

Come aveva previsto, quasi nessuno era presente alle esequie. Tutti avevano dimenticato e per molti di loro era meglio così. Quando si rimane soli ed è tardi, è molto meglio dormire piuttosto che pensare ai torti subiti e a quelli che la vita potrebbe ancora riservarci. È questa sorta di auto protezione che fa sì che l'amico diventi il conoscente e il fratello diventi infine un parente lontano. Te lo ricordi Tizio? Sì, quello... Che brutta storia... Beh, è morto, poverino. Almeno ha smesso di soffrire. Non farmici pensare, va. Il non pensare permette di dormire la notte, in definitiva.

Hanno ragione loro, dunque. Meglio non pensarci. Sennò si rischia di passare le notti in bianco a riflettere sulle ombre del passato e su un presente inquieto.

Invece quello strano personaggio, quello che lo aveva avvicinato una volta terminato il funerale, quello sì che ci aveva pensato, dannazione! Più che l'interrogativo sul senso delle cose, la sofferenza e il congedo ufficiale dalla vita terrena, era proprio il ricordo di questo personaggio ad aver tenuto sveglio Lele per tutta la notte.

Gli inservienti del cimitero avevano murato il foro quadrato dove era appena stata sistemata la bara e stavano posizionando la pietra tombale davanti al loculo. Lele, nel frattempo, stringeva la mano ai pochi conoscenti presenti al funerale, i quali, in modo frettoloso, snocciolavano le inevitabili frasi di rito. 

Condoglianze... Che cara signora... Mi spiace tanto... Che perdita... 

A un certo punto si accorse di avere afferrato la mano di un signore distinto che non conosceva. L'uomo di fronte a lui lo guardava con un'espressione di visibile tristezza posticcia, goffamente dispiaciuto.

«Condoglianze e vivo rincrescimento, mio caro.»

Lele osservò il personaggio che aveva di fronte con uno sguardo sorpreso.

Questi, girando lo sguardo a destra e sinistra, attese che dietro di sé i partecipanti al funerale e gli inservienti si allontanassero. Poi si rivolse al loculo volgendo le spalle a Lele, accennando una preghiera.

«Ave Maria, piena di grazia...»  

Lele, ancora interdetto, interruppe la cantilena che l'uomo stava facendo piovigginare verso il loculo con una domanda.

«Con chi ho il piacere?»

Il personaggio sembrò non aver ascoltato la domanda, terminò la preghiera e poi si rivolse verso Lele accendendo un sorriso, sempre più carico di finta benevolenza. Somigliava ad uno di quei presentatori della RAI in bianco e nero, uno di quelli scarsi però, con quei capelli nero corvino impomatati e i baffetti alla Clark Gable.

«Lei, caro signore, non mi conosce. Leggo l'ovvio stupore nei suoi occhi.»

Lele lo guardò con aria interrogativa.

«Vede com'è strana la vita?» continuò lo sconosciuto «lei non mi conosce, ma io so tutto di lei. Pensi che mentre venivo qui ho ascoltato alla radio una buffa canzoncina, di quelle moderne. Diceva che la morte non esiste più. Pensi un po'. E invece... Eh, sì. Esiste eccome, mio caro.»

A queste parole l'uomo fu preso da un moto di rabbia. Era sconveniente. Era tutto sconveniente in quell'uomo. La sua presenza era sconveniente, il suo sorriso era sconveniente, le sue frasi erano dannatamente sconvenienti. Tutto era sconveniente e sgradevole.

«Se ne vada! Se ne vada e mi lasci in pace. Se non mi conosce e sa tutto di me, vuol dire che lei è un impiccione.»

Lo sconosciuto non si mosse. Allora Lele, sempre più infastidito, fece per andarsene, ma l'altro gli si piazzò davanti.

«No, no, mio caro amico, non si arrabbi. Per cortesia, su. Non se ne vada. Accetti il mio biglietto da visita, ecco qui. Perché, vede, io sono venuto ad offrirle la più dolce delle consolazioni.»

Lele, sempre più confuso, afferrò il biglietto che lo sconosciuto gli stava porgendo e lo lesse non capendo affatto quanto c'era scritto sopra. Tornò dunque a guardarlo con una domanda negli occhi.

«Parlo della vendetta, mio caro amico. La vendetta, naturalmente. Che altro?»

L'ARANCERE di Mau TrifibaWhere stories live. Discover now