1. Merrick Upper School

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La Merrick Upper School si vocifera sia stata progettata per essere un penitenziario. E anche se così non fosse, l'idea è quella a primo impatto. L'edificio ha spazi angusti, con lucernari fatiscenti e finestre collocate nelle parte alta delle mura. Ovviamente non ci sono sbarre di ferro o metal detector all'entrata, ma nei bagni non ci sono chiavi e le telecamere sono poste un po' ovunque, perché insomma, non si sa mai.
Proprio per le sue fattezze, i superstiti dell'ultimo anno si divertono un mondo a terrorizzare le matricole nuove. Inventano storielle ridicole su spettri di carcerati in cerca di sangue di vergine e cervelli giovani. O più semplicemente, senza far uso delle solite scusanti, le spaventano nei modi più pratici e tradizionali. Afferrandoli per la collottola, immergendo la loro testa nei cessi luridi. O cimentandosi in qualche smutandamento, in onore della buona e vecchia, cara scuola anni ottanta.
Ecco, la Merrick Upper School , in un certo senso, ha proprio tutte le caratteristiche di un'eccellente scuola. E non solo a livello scolastico, ma anche personale. I ragazzi lì dentro imparano a stare al mondo, a difendersi, a non farsi mangiare vivi.
Ha una formazione a scopo educativo che ruota a trecentosessanta gradi attorno l'individuo, qualità a cui altre scuole del quartiere non potrebbero mai nemmeno aspirare. E al diavolo se la Merrick Upper School sia considerata la progenitrice degli spacciatori, delle sgualdrine e dei poveracci senza speranza. Non è da tutti riuscire a creare un grande spirito di conservazione, quel qualcosa che spinga a forgiare se stessi nel ferro duro e grezzo.
E' come vivere in una terra deserta, un'isola dispersa lontano dalla civiltà, un'ambientazione alla Robinson Crusoe. Piena di cannibali senza rimorsi, adattati alla natura primordiale e l'istinto di salvarsi il culo in ogni modo. Non è cattiveria, i ragazzi lì dentro non agiscono per umorismo sadico; è più una sorta di amore per se stessi, per tenersi cara la pelle.
La debolezza è subito smascherata, se ne sente l'odore da miglia; carne fresca che si consuma nel giro di poco, anche solo prima di comprendere come difendersi. Ed è per questo che all'interno della Merrick Upper School non vige tanto la regola del pensare al proprio, perché è improduttivo e lacerante. E' una questione di mostrare subito i denti, marcare il territorio, far intendere all'altro che non ci si piega nemmeno a gambe rotte.
Alla fine, più che studenti, gli alunni non sono altro che bestie denigrate. Rifiutate dai propri genitori, dalla società, dal tizio che vende sigarette al discount. E forse, a volte, ritrovano la propria famiglia lì all'interno, in base alla propria specie.
Perché non sono persone, quelle. Agiscono in branco, in tipi di tribù non convenzionali. Il club degli scacchi, delle bellissime cheerleader o gli acclamati e idolatrati giocatori di football sono solo fantasie da commedia americana. Quell'istituto formativo non è altro che il covo delle tre Fiere. Una sorta di Inferno dantesco, pieno di sentimenti oppressi e vizi spudorati. Con i Leoni che reclamano il loro diritto di dominio, ricchi di acre superbia. Il peccato inteso come il principio di ogni male, il generatore del declino dell'uomo. Le Lonze, l'aspetto lucente e il corpo sinuoso, emblemi di lussuria smaniosa dove la ragione è stata prevalicata. E in fine, i Lupi faceti, dove la cupidigia e la fame di avidità sono insaziabili.
Peccati che corrodono tutto, anche l'aria, i dirigenti, le mani di chiunque.
Che corrodono Frida, che si trova ad affrontare tutto da sola, senza un branco d'appartenenza.
Forse perché non ha nulla a che fare con l'orrore di quei vizi.
O forse, perché li possiede tutti.

                                                                                                             ***

"Non capisco, non capisco proprio. Mia figlia è una brava ragazza, non sarebbe in grado di compiere un gesto così avventato. L'abbiamo educata bene, io e suo padre, Don Pedro. Siamo dei bravi genitori."
Teresa Parker scuote la testa, stringendo tra le dita la sciarpa di twin ancora tiepida di calore umano.
E' una donna bellissima, nonostante gli anni passati. Il naso pronunciato, la curva piena delle labbra e gli occhi gentili contornati da piccole rughe d'espressione. Sembra quasi sul punto di scoppiare in lacrime, seduta su quella poltroncina di pelle sintetica. In alcuni punti, sui braccioli, si intravede un po' di gomma piuma. Come se delle unghie c'avessero premuto contro, in modo forte e grezzo, forse per digerire meglio l'essere convocati in presidenza.
E' la prima volta che si trova in quell'aguzzo ufficio, Teresa. E' piccolo e spoglio, arredato con semplici foto di paesaggi innevati e spiagge tropicali; eppure nessun volto di bambini o donne dall'espressione materna. Sembra tutto così solitario e impersonala da trasudare malinconia da ogni angolo.
"Le credo, Signora – dall'altro lato della scrivania, il preside della Merrick Upper School mostra un breve sorriso di compatimento. E' una smorfia da protocollo, imparata nel corso degli anni. I genitori sfoderano sempre quella frase in contemporanea ad un'espressione allibita – Le credo davvero. Ma i fatti sono questi, ci sono testimoni e la situazione è più che lineare."
Si fa chiamare Don Pedro, il dirigente scolastico. Ha lottato per accaparrarsi quel ruolo, la motivazione di voler far qualcosa di buono per quei ragazzi dal futuro già spacciato. C'è sempre speranza, per chiunque – è la frase che incastra nei colloqui con i genitori o le assemblee d'istituto, tra un momento di silenzio e il buon giorno d'apertura.
Adesso si sta sistemando il colletto increspato della camicia di flanella, con le dita tozze l'allarga, lasciandosi scappare un sospiro. Poi sorride accondiscendente, accavallando le gambe, rilevando il disagio della donna davanti a lui.
Gli dispiace, certo. Ma "Si provi a mettere nei miei panni, Teresa – dice gentile, il tono di voce così calmo e sereno già ad ammorbidire le parole successive – Non posso di certo sorvolare su un comportamento del genere. La legge è uguale per tutti, come Lei sa. Bisogna essere inflessibili, altrimenti i giovani d'oggigiorno non impareranno mai la lezione. A vivere come si deve. Ad avere un buon futuro."
"Quindi cos'ha in mente? – a Teresa la voce scappa più acuta, informale – Sospensione? Espulsione? Mi dica, quanto vuole? Cinquecento sterline, settecento?"
Don Pedro scuote la testa e l'espressione gli esce quasi ferita. "Signora Parker, non è una questione di denaro. E' più una lezione. Una lezione che insegnerà a sua figlia a comprendere gli sbagli compiuti, ad interrogarsi sui propri atteggiamenti"
In realtà è tutta scena, una performance da professionisti. Se non fosse che Don Pedro si sia preso a cuore una missione suicida, quella di aiutare i reietti della società a costruire una sorta di futuro, potrebbe benissimo cimentarsi nel teatro. Magari eviterebbe l'alto tasso di emboli imminenti.
Ma la dote di bravo attore può sempre tornar utile. Eppure Teresa non abbocca, sa che è finta educazione, la sua.
E' sempre una questione di soldi, alla fine. Così "Don Pedro, ho fatto la mia scuola, ai miei tempi - ribatte composta, già con la borsa elegante sul grembo – Sarò anche una casalinga, ma sono pienamente consapevole di come giri il mondo. Quindi? Quanto vuole? A chi devo intestare l'assegno?"
E' buffa, Teresa. Con quel trucco ben curato, i capelli sistemati ad arte e il cappotto più costoso di quell'intero ufficio. L'espressione esasperata e i nervi a fior di pelle. Se prima stonava tra i corridoi della Merrick Upper School, con i mocassini eleganti contro il pavimento lurido, gli occhi seri sui muri pieni di disegni volgari – ora ha il viso e il temperamento di una che si sente a casa. Si è già fatta le ossa; le viene facile adattarsi. E non vede l'ora di concludere la faccenda per poi aprirne un'altra, con sua figlia, e andare in palestra, a smaltire la rabbia e la delusione che l'hanno scombinata come una sbornia da alcol etilico.
Ma Don Pedro con tutta la calma del mondo, afferra un plico di fogli, s'inumidisce i polpastrelli, li fa scorrere tra i fogli dalla consistenza leggera, sfogliandoli con aria concentrata.
Alla fine li ordina, sempre con cura, abbandonandoli sulla scrivania. Si ritrova con gli occhi sul viso di quella donna, rimanendo a labbra serrate e espressione pensierosa.
"Cosa crede di ottenere, con un assegno?"
Il concetto è solo uno: Più paga, più sono disposto a chiudere un occhio.
Teresa lo comprende dopo un breve momento di stupore, non credeva fosse così semplice giungere ad un patto. Si ritrova a meditare, con una mano che sfiora leggera il lobo dell'orecchio.
Pensa alla sua bambina, che in fin dei conti si meriterebbe davvero una punizione. Ma riflette anche riguardo alle voci di corridoio; sull'impressione che susciterebbe lei stessa, se le sue amiche scoprissero la sua incapacità di educare la propria figlia.
"Una breve sospensione – si ritrova a constatare sotto lo sguardo attento di Don Pedro – Penso sia un buon compromesso, no? D'altronde non ha ucciso nessuno. E magari..."
Don Pedro, le mani sotto il mento, alza un sopracciglio. Studia la donna davanti a lui, che se ne sta in silenzio a espressione corrucciata. "Magari? Vada avanti, Teresa"
"Potrebbe prestare servizio alla scuola? Una sorta di servizi sociali a sfondo pur sempre educativo. E' possibile?"
"Detenzione? – l'uomo inclina la testa curioso, sembra quasi affascinato – Vorrebbe mandare sua figlia in detenzione?"
Miss Parker tace e punta lo sguardo sulla propria borsa, mentre con gesti pacati si accinge a cercare il carnet d'assegni. Non dà sfogo a nessuna emozione, nemmeno quando afferra una Bic dal portapenne e si diletta a compilare l'importo di denaro, il beneficiario e il giorno. Non sbatte ciglia neanche chiarendo il motivo della causale inserita.
"Mi capisca se ho cambiato il determinante – gli spiega, porgendogli l'assegno – Non mi piace motivare il perché. E non credo che sia fondamentale nemmeno per Lei. Facciamo che sia una semplice donazione. Magari per ridipingere i muri qui fuori. E' indecente per un istituto essere luogo di sfoghi sessuali e oscenità da parte di teppisti sconsiderati."
Ovviamente sua figlia non fa parte di tale cerchia. Don Pedro sopprime un sorriso canzonatorio, deviando lo sguardo per non scemare la sua professionalità. Senza tanti scrupoli accetta la vaglia, infilandola dentro un cassetto da oliare e si esprime nel sorriso più candido possibile.
"E' stato un piacere vederla, Teresa. Per quanto riguarda la sanzione, le faremo sapere al più presto. Ma non ha nulla da temere...- si alza dalla sedia con il viso mite, accompagnando la donna alla porta grezza dell'ufficio – Posso dirle con sicurezza che sua figlia non verrà espulsa. Per i dettagli la farò chiamare dalla segreteria domani mattina."
Come risposta, prima di uscire, Teresa esibisce un sorriso tirato.
"Non si offenda se le dico che per me non è stato un piacere vederla, considerando la situazione. Spero di rincontrarla in un contesto più che differente. Tante buone cose, Don Pedro."
Chiusa una faccenda. Se ne apre un'altra. 

Erba Cattiva | One DirectionWhere stories live. Discover now