Capitolo 8

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Conoscevo molte cose, avevo letto tantissimi libri e mi ero interessata a ogni singolo elemento mi circondasse, ma su una cosa ero veramente impreparata: la mia famiglia

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Conoscevo molte cose, avevo letto tantissimi libri e mi ero interessata a ogni singolo elemento mi circondasse, ma su una cosa ero veramente impreparata: la mia famiglia. Ero sempre stata consapevole che qualcosa, nella storia che la nonna mi aveva sempre raccontato, non fosse veritiero, come l'incidente mortale mai riportato sui fatti di cronaca oppure, quelle fotografie che ritraevano una coppia totalmente diversa dalla figlia che abbracciavano. Dentro di me la consapevolezza che quei pezzi di carta non mostrassero la mia famiglia si era sempre fatta più insistente negli anni, al punto da farmi dubitare persino della nonna. Non nutrivo per lei rancore. Comprendevo le sue ragioni e l'affetto che mi rivolgeva, perché era lo stesso che provavo io per lei. Eppure, davanti a quei due demoni dagli occhi di giada, non potei far a meno che stringere i pugni, consapevole che, per l'ennesima volta, qualcun altro ne sapeva più di me sulla mia stessa vita.

«Sta dicendo il vero?» La voce di Xavier era roca e la sua espressione mal celava l'astio che nutriva nei miei riguardi.

«Allora?» Mi incalzò facendomi sollevare di scatto la testa nella sua direzione. Non potei non notare il ghigno divertito dipinto sul volto del moro al suo fianco, sembrava divertirsi molto della disgrazia capitata.

«Cosa vuoi che ti dica? Io non conosco la mia famiglia», ringhiai affilando lo sguardo su di lui. Xavier non rispose, si limitò a imitare la mia espressione. Sotto il pallore della luna, i nostri occhi si scontravano in una lotta a pari merito. Nessun vincitore. Nessun vinto. Un lieve soffio di vento scivolò fluido attorno alle nostre figure avvolte nell'oscurità. I miei capelli vennero sollevati lievemente da quella dolce carezza, lasciandosi ricadere, poco dopo, sulle spalle. Sentivo il corpo dolere e la mano bruciare, come avvolta dalle fiamme roventi. Il sangue proveniente dal dito continuava a colare lungo il palmo, ma la mia attenzione era totalmente sullo Shen davanti a me. Gli occhi di Xavier erano stretti in due fessure imperscrutabili e la sua postura rigida mi faceva intuire che fosse piuttosto nervoso in merito alla faccenda. Non potevo certo dargli torto, dopotutto si era ritrovato imprigionato in una collana per anni e al suo risveglio era fiancheggiato da una sciamana incapace di aiutarlo in qualsiasi cosa. Eppure, ero consapevole che dentro di lui ci fossero altre ragioni per spingerlo a infuriarsi, ma non riuscivo a capire quali e nemmeno il motivo per cui mi importasse tanto.

«Interessante! E dimmi, da quanto tingi i capelli?» Una mano lesta afferrò una ciocca, dietro la mia nuca, tirandola a sé con forza. Inclinai la testa digrignando i denti per dolore e ritrovandomi faccia a faccia con il demone in nero.

«Non toccarmi!» Gridai cercando di divincolarmi dalla presa ferrea del suo tocco, ma lo Shen ghignò divertito sollevando ancora di più la prova del mio albinismo. Non avevo gli occhi rossi, il mio era considerato una forma parziale, ma le ciocche bianche si ripresentavano con invadenza ogni volta che le tingevo. Me ne vergognavo, per gli sguardi incuriositi, per i commenti stupidi dei ragazzini e per il mio essere diversa dagli altri. Sentii gli occhi pizzicare per il dolore alla cute e, poco dopo, la presa dello Shen si ammorbidì, fino a svanire, ma non prima di aver percepito sulla pelle la sua risata calda.

Shen-L'ombra del dannatoWhere stories live. Discover now