Capitolo 3

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E Finalmente rieccomi! (Si fa per dire...).
Dopo mesi finalmente riesco ad aggiornare anche questa storia, scusate la lentezza, il tempo ultimamente è poco, ma volevo cogliere anche l'occasione per avvisare tutti (anche qui si fa per dire, perchè in realtà siete pochi e non sapete quanto stimo ed apprezzo questi pochi, coraggiosi che leggono questa strana storia!), dicevo... volevo avvisarvi che anche se potrà capitare che ritardi con gli aggiornamenti, la storia proseguirà e MAI verrà interrotta prima della sua naturale conclusione.

Detto ciò, una breve premessa al capitolo:
Mi scuso in anticipo con tutti i maschietti che leggono! Perchè? Perchè questo capitolo è vergognosamente romantico e sdolcinato per cui non inveitemi contro o almeno fatelo con una certa comprensione, perchè lo so già da me! Mi è venuto così... bohhhh! Insomma è un capitolo più per donne che per uomini, me ne rendo perfettamente conto da sola!
Ma uomini non temete! Sopportate stoicamente e virilmente questa sbrodolata di estrogeni frementi perchè l'azione e gli squartamenti arriveranno anche loro... insomma un pò per uno... in questo capitolo si ritroveranno più le fanciulle che i fanciulli (almeno credo poi bohhh... magari sono io che generalizzo anche troppo, ma prevenire è meglio che curare!).
Però prossimamente avremo anche una bella dose di azione.
E no... anche se nel finale la nostra Lilith sembra improvvisamente caduta in preda ad un rimbecillimento ormonal/romantico della Madonna, vi rassicuro che saprà ancora tenere una pistola in mano.

Detto questo... enjoy... (si spera...).


****


Durante il viaggio di ritorno io non posso fare a meno di continuare a fissare Adam ed a ripensare a questa allucinante storia della data di termine incisa indelebilmente nel suo dna.
Siamo sull'elevovia, ormai è sera e non c'è più molta gente nel nostro scompartimento. Questi enormi ascensori sono fatti per trasportare centinaia di persone alla volta ed all'interno il loro aspetto non si discosta poi molto da quello delle vecchie metropolitane. Ma è tardi e non ci sono più molti passeggeri, siamo riusciti anche a trovare due posti liberi e sederci, cosa che di solito non mi succede mai. Dopo una certa ora, terminati i normali orari di lavoro, in effetti non ci sono più molti individui col fegato necessario a scendere verso i livelli più bassi. Dopo le 21 le linee che vanno verso il Settimo sono sempre semideserte, ed i pochi che fanno rientro verso la Seventh Town non hanno certo un aspetto molto raccomandabile.
Dai finestrini si vedono solo delle luci bianche sfrecciare rapidissime, creano strane ed ipnotiche scie lattiginose simili a tante comete candide a causa dell'altissima velocità. Sono le luci dei tunnel in cui sfreccia il turboascensore, un ampio vano cilindrico suddiviso in scomparti che si sposta sia in verticale che in orizzontale lungo tutta la sua linea. La particolarità dei turboascensori è proprio questa: viaggiano in tutte le direzioni, dal basso verso l'alto e viceversa, per lungo ed anche diagonalmente, solo in questa maniera è possibile coprire in tempi brevi tutto l'esteso territorio di God City ed i sette sottolivelli di cui è composta.

Adam è visibilmente nervoso e vuole parlare, ma io non riesco quasi ad ascoltarlo. Mi limito a fissarlo preoccupata e ad annuire ogni tanto. Sono talmente sconvolta da non riuscire nemmeno a celare il mio stato d'animo davanti a lui, ed infatti Adam sembra accorgersi della mia inquietudine ma probabilmente la reputa dovuta a tutte le sorprendenti notizie appena apprese circa la sua natura. Già da sole queste basterebbero ampiamente a giustificare la mia evidente ansia, ma sfortunatamente per il mio androide, c'è ben di peggio.
«Lilith insomma ma ci sei?
Mi vuoi dire una volte per tutte a cosa stai pensando e che intenzioni hai?» Mi interroga infine in tono teso ed infastidito, evidentemente stanco dei miei sguardi preoccupati e del mio silenzio.
«Cazzo non lo so Adam! Non lo so! Cosa vuoi che ti dica... lasciami pensare... devo riflettere... ho bisogno di tempo...» sbotto all'improvviso, quasi aggredendo verbalmente il mio compagno.
«Riflettere? Tempo? Per la miseria! Se è vero quello che ci ha detto il tuo amico come minimo a quest'ora abbiamo già mezza RealLife che ci sta dando la caccia!»
«Già...» intervengo io pensierosa.
Poi lo fisso, ha lo sguardo febbricitante, è spaventato, teso, agitato, e dannatamente bello.
Intanto il turboascensore si arresta e le sue enormi porte automatiche si aprono scorrendo dentro alla apposite fessure nelle pareti accompagnate da un sonoro fischio.
Le poche anime che erano con noi nello scompartimento si avviano verso l'uscita ed anche noi veniamo vomitati fuori assieme a loro, due disperati come tanti.
Siamo tornati nel Settimo.
Velocemente ripercorriamo in silenzio la via verso casa.
Siamo davanti al mio blocco abitativo quando improvvisamente Adam si ferma sul marciapiede e mi guarda serio.
«Lilith non mi hai detto tutto vero?»
«Adam... no... che intendi dire...» rispondo io, ma il mio tono insicuro e poco convincente rivela già molte cose, sono sempre stata brava a mentire, ma con lui proprio non ci riesco.
«Lilith avrò anche 15 anni ma non sono stupido, ho capito che Squirrel voleva dirti ancora qualcosa quando mi avete allontanato con quella scusa del lavoro.»
«Adam...»
«Lo so, non me lo vuoi dire. Ma se tu non me lo vuoi dire... io non voglio nemmeno saperlo. Io mi fido di te» mi dice sorridendo.
Poi mi fissa ancora per qualche istante in silenzio.
«Lilith tu non c'entri nulla con questa storia ed io già ti ho causato una marea di problemi, restando rischio di metterti sempre più in pericolo, e non me lo posso permettere, non posso farti questo, non a te.
Per cui io adesso mi girerò e me ne andrò, senza più guardarmi indietro perchè se lo facessi non so se troverei ancora la forza per proseguire.»
«Adam no, non...»
«Shhh zitta... non dire niente, lasciami andare. È giusto così, lo sai.»
Poi si abbassa e sfiora le mie labbra con le sue, «non ti dimenticherò mai...» mi sussurra, «sarai il primo pensiero di ogni mio risveglio e l'ultimo prima di addormentarmi, sempre, per ogni singolo giorno che mi resterà da vivere. Qualsiasi sarà il tuo futuro, e ti auguro tutto il meglio dell'Universo, credimi, non dubitare mai che io sarò con te.»
Dopodichè si gira e si allontana senza più esitare.
Io rimango lì bloccata in mezzo alla strada. Non riesco a muovere un solo muscolo, dentro la mia voce grida, il mio cervello mi sta urlando di richiamarlo indietro ma non ce la faccio, le mie corde vocali e le mie gambe sono come paralizzate.
Adam.
Lui svolta l'angolo e scompare definitivamente alla mia vista.
Un groppo al cuore, è angoscia pura quella che provo, sento lo stomaco contorcersi improvvisamente come un grosso serpente preso in trappola.
Mai più... non lo rivedrai mai più. E morirà, lui morirà.
Cazzo no!
Ma allora perchè non riesco a fare nulla? Semplicemente perchè dentro di me so che ha ragione.
So che è spacciato e anche lui lo sa. So che è folle, so che ho probabilità pressochè inesistenti di salvarlo e che tentando di farlo mi condannerei a morte da sola.
E' tanto... è tanto per un uomo conosciuto da 2 giorni, è tanto anche se lo conoscessi da anni.
Ma fondamentalmente ha senso? Ha senso continuare a vivere così? In questo allucinato ed allucinante nulla, questo vuoto di umanità, senza emozioni, senza calore, senza amore, senza niente?
Non è stato meglio forse un solo giorno con Adam che cento vissuti senza di lui?
Sì, è stato meglio.
Potrei anche morire domani, ma non morirei sola. Potrei anche vivere altri 60 anni, ma li vivrei sola. Perchè non troverò un altro Adam. E lo so, eccome se lo so. Potrò incontrare altri mille uomini, ma sarà come non averne incontrato nessuno.
Perchè magari è vero che l'assonanza perfetta con un'altra anima la si trova, forse, se si è fortunati, un'unica volta nella vita. Quell'essere completamente diverso da noi ma che si interseca incredibilmente e perfettamente con la nostra essenza più intima. Quell'individuo le cui diversità compensano le nostre, come due pezzi di un puzzle che si incastrano perfettamente uno nell'altro e si uniscono, creando una figura che è qualcosa di totalmente diverso dalle singole due parti separate.
Lascio andare chi ho atteso senza saperlo per una vita intera, perchè lo so che è lui, non è follia. E' lucida intuizione la mia. Non è il cuore a parlare, è la mente.
Corri e riportalo da te, corri e vivi, fosse un giorno o cento o mille, ma vivi, perchè fin'ora non hai realmente vissuto... Lilith tu respiri, mangi, dormi, lavori, ma non sei viva, non sei veramente viva.
E allora corro.
Le mie gambe finalmente si staccano dall'asfalto del marciapiede ed inizio a correre, rapidamente svolto l'angolo e mi guardo intorno... panico... la strada è deserta, non vedo nessuno, c'è solo qualche solitario lampione che illumina con una luce smorta la strada.
«Adam!» Urlo.
Niente.
Ricomincio a correre finchè sbuco nel viale principale della mia zona, in mezzo alla gente, la solita folla di disperati che si aggirano di notte per la Seventh: barboni alcolizzati, delinquentelli tatuati in cerca di qualcuno da rapinare facilmente, travestiti e prostitute, tossici appoggiati ai muri o seduti per terra che fumano sigarette chimicamente alterate, papponi che escono dagli squallidi bar per controllare la loro merce in vendita. Io li ignoro completamente, in questo momento nemmeno esistono per me, sono come tanti fantocci di pezza, forse sono veramente fantocci di pezza ed io ed Adam siamo gli unici esseri viventi rimasti al mondo, è questa l'unica, bizzarra ma terribilmente realistica sensazione che provo. Strattono i fantocci, li spingo per passare, alcuni mi rivolgono qualche ingiuria che io nemmeno ascolto. A vedermi dall'esterno devo sembrare una pazza, ma non mi importa, dentro di me solo un folle, sconsiderato panico.
«Adam!» Urlo ancora, «dove sei!»
Perchè! Perchè l'ho lasciato andare!
Alla fine mi blocco in mezzo al marciapiede, ormai affranta. Ho fatto una corsa pazzesca, ho i pomoni che mi scoppiano, respiro ansimando mentre mi guardo intorno tra la folla che mi passa accanto indifferente, ci saranno centinaia di persone per la strada, non lo ritroverò mai, potrebbe essere andato ovunque.
Ormai è soffocante ansia quella che provo, sconforto, terrore.
L'ho perso... l'ho perso per sempre. Lo avevo qui, un attimo fa era qui con me, ed ora l'ho perso.
Improvvisamente piango. Prima solo una lacrima solitaria che scende quasi senza che io me ne accorga, ma in pochi secondi vengo invasa da singhiozzi convulsi, come un fiume in piena che frantuma di colpo i suoi argini ed allaga tutto, inondando ogni metro di terra emersa.
Piango lacrime violente che non riesco a fermare, in piedi, inerme, con le braccia abbandonate lungo i fianchi, c'è solo il vuoto attorno a me, tutto di colpo ha perso valore, importanza. E' la sensazione più claustrofobica ed orribile che abbia mai provato in vita mia, mentre per la strada i fantocci senza anima mi osservano come se fossi un'aliena, ma in realtà sono loro gli alieni. Mostri creati da un mondo mostruoso, figli di una delirante realtà che non mi appartiene, che non ci appartiene, perchè noi ci eravamo trovati, in mezzo a tutto questo ributtante immondezzaio vivente, noi eravamo riusciti comunque a trovarci, ed era stato un piccolo miracolo, che io stupidamente ho distrutto.

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