Let Me Get Lost In You [TaeKo...

Av Hananami77

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''«Taehyung non può sposare il figlio di Jeon. Ho sentito troppe cose poco rassicuranti sul suo conto, non po... Mer

Personaggi+Introduzione
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#Special: [Biscotti in incognito]
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[Special 3#] Buon compleanno, hyung!
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~Epilogo~
LMGLIY - FAQ

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Av Hananami77

«Non posso più farlo».

La voce schietta e decisa risuonò tra le pareti dello studio raffinato in cui si trovava per un colloquio dalla massima urgenza. Rizzatosi dal suo profondo inchino, la schiena ritornò dritta tanto quanto una candela ed il petto sporse leggermente in fuori. Consapevole di ciò che stava affermando, si specchiò senza alcun indugio in due occhi scuri adombrati e scettici, reggendo quello sguardo fin troppo arrogante per poterlo lasciare completamente indifferente. 

Strinse i pugni dietro la schiena e lontani dallo sguardo scrutatore del re che gli scivolò addosso per qualche intenso attimo, un pò come se non avesse neanche sentito le sue parole. 

O che le avesse sentite e gli stava fornendo l'opportunità di ritrattare prima che fosse troppo tardi. 

«Dottore, a cosa devo questo improvviso cambio di rotta sulla tabella di marcia che ci eravamo preposti?» domandò con voce inflessibile ma affabile il re, non mancando di stringere gli occhi nella sua direzione così tanto che, come radici di un albero, le rughe di espressione gli raggrinzirono la pelle fino alle tempie. Abbandonata la firma di alcuni documenti reali, si era appoggiato con interesse allo schienale della comoda poltrona imbottita e, come se non si aspettasse una vera risposta, si voltò verso i suoi consiglieri. 

Con un veloce quanto mellifluo movimento della mano adornata da fini anelli in oro e pietre preziose, li cacciò senza degnarli di un'ulteriore occhiata; le quattro figure spiegate ai suoi lati si inchinarono profondamente e sfilarono silenziosamente via fino a che il riecheggiare dei loro passi non si perse oltre la porta ormai chiusa.

«Sono arrivato alla ferma conclusione che non posso più mentire al principe Jungkook. Non è nella mia etica lavorare in questo modo e non sto facendo onore alla memoria di mio padre nè alla materia a cui ho deciso di dedicare la mia intera esistenza» gli rispose senza esitazione Hoseok, rimanendo fermo in mezzo alla stanza.

«Dottore, parlare di queste cose in piedi è scomodo, accomodatevi». Quello del re non era stato un invito quanto un ordine, e quindi Hoseok non potè far altro se non prendere posto su una delle poltroncine poste di fronte la scrivania e attendere che il re concludesse il discorso -o ne iniziasse un altro ben più spinoso. 

Re Jeon, infatti, arcuò un sopracciglio e fece un sospiro rammaricato. «Perché mai avete cambiato idea? Cosa è successo di così sconvolgente durante l'ultima seduta da far cambiare drasticamente il vostro operato e addirittura non rispettare i nostri accordi? Mi è sembrato di essere stato abbastanza chiaro quando vi ho affidato il caso di Jungkook».

Hoseok rimase impassibile e non diede segno di quanto turbamento quella situazione gli stava mettendo addosso; lo sentiva gravare sulle sue spalle e sperava di riuscire a trovare un modo per districarsi da quella situazione senza che vi fossero drastiche ripercussione sulla sua persona...o sul principe stesso. 

«Andando avanti con la terapia, mi sono reso conto che la vostra richiesta non è assecondabile. La psicologia non è un trattato, non è una strategia di guerra e non è qualcosa di razionale che può essere pianificata in modo inflessibile. Il principe non sta reagendo secondo le mie stime, ed io non posso più  mentirgli o continuare a distruggere il suo equilibrio precario. Non è questo il modo migliore per ottenere ciò che volete, Vostra Maestà». 

Parlandogli chiaramente e lentamente, sperò che il suo discorso diretto fosse comprensibile abbastanza da non essere discusso, ma ovviamente non poteva aspettarsi che un uomo come re Jeon lo capisse o, addirittura, avallasse quel ragionamento così tanto lontano dalla sua visione di vita. Nutriva la speranza che di quell'uomo che aveva conosciuto e che adesso non sembrava esistere più, fosse ancora dentro di lui, da qualche parte nascosto. Re Jeon era stato forse il sovrano migliore che il regno avesse mai avuto avuto... prima che la moglie andasse via e abbandonasse lui e suo figlio. Prima che la regina scappasse con quell'uomo, il re era sempre stato affabile e disponibile, attento ed anche affettuoso non solamente nei confronti di suo figlio ma anche nei confronti dei suoi collaboratori.

Il suo drastico e repentino cambiamento era avvenuto all'indomani dell'abbandono di quella che Hoseok aveva buoni motivi di credere fosse l'amore della sua vita. Da quell'istante, tutto era cambiato, il re in cima alla lista. Più freddo e calcolatore, era finito per essere quasi vittima della sua stessa rabbia, del rammarico verso sè stesso per non essere stato abbastanza da convincere la regina -quella per cui si era battuto contro le sferzate di corte e il disappunto del padre- a rimanere con lui. E quindi, quando aveva visto il figlio, l'unico -il frutto di quell'amore che non aveva mai smesso di ardergli dentro- crescere non come lui desiderava ma solo come una sorta di fenomeno da baraccone, si era sentito un fallito.

Aveva fallito nel matrimonio ed aveva fallito come padre. 

Non era riuscito, neanche in quel caso, a proteggere e tenersi stretto ciò che aveva di più prezioso. E quindi, la strategia che aveva adottato per far tornare le cose al loro posto, era stato quanto di più sbagliato potesse fare.

Re Jeon aveva deciso di aggiustare con la forza qualcosa che era stato spezzato proprio da quest'ultima. Il tutto, tramite il giovane figlio dello psicologo di corte, il giovane dottore Jung Hoseok. 

«Jungkook sta forse rifiutando di continuare la terapia? Vi ha forse pagato per venire qui a dirmi questa sorta di facezia di cattivo gusto?». Il re indurì la sua espressione e ne assunse una molto più tetra ed irritata, poco incline al dialogo e chiuso a qualsiasi tipologia di suggerimento che non fosse ciò che lui riteneva più giusto.

Hoseok scosse la testa ed arcuò un sopracciglio. «Vostra Maestà, indurlo a convincersi di aver vissuto quei due anni a ridosso della sua esperienza traumatica quando tutta la corte sa benissimo quanto sia stato JK ad aver gestito tutto, non è sicuramente la soluzione migliore per indurre il principe ad avere un atteggiamento più sicuro ed estroverso» spiegò con tutta la calma che riuscì a racimolare, mantenendo la sua facciata quasi intatta -gli occhi, infatti, erano illuminati da un bagliore di irritazione. 

L'espressione del re mutò e fece una smorfia stizzita e scettica e, in uno scatto nervoso, si passò una mano tra i capelli per portarseli all'indietro. «Infatti sono stati gli unici due anni in cui mio figlio si è comportato esattamente come un reale e non come uno stupido buonista. Quello è mio figlio, non un balbettante bamboccio dagli occhi sperduti» sbottò, furente. 

Il pugno che sbattè sulla raffinata scrivania dai riccioli dorati e levigati echeggiò tra loro e Hoseok guardò alternativamente il pugno chiuso del re ed il suo viso per minuti interi. 

Il problema di gestione della rabbia è rimasto. Non sta seguendo nessuno dei miei consigli.

«Maestà, non è producente convincere il principe di aver vissuto una vita che in realtà non ha mai realmente visto. Lui non sa cosa è successo in quel periodo, non ricorda nulla e l'ipnosi non è più un'opzione vagliabile. Crea scompensi nella sua psiche tale da confondere la sua mente e creargli dissociazioni confuse e dolorose» cercò di farlo ragionare il medico, guardando incredulo il re non sembrare nemmeno voler sentire di quanto il principe stesse accusando tutti quei mesi di terapia sbagliata -e che lui aveva cercato di bilanciare in modo da non risultare avvilente. 

Ma dopo ciò che era avvenuto nell'ultima seduta, vedere nuovamente Jungkook regredire fino al primo momento in cui aveva subito il suo abuso, notare con quanta dedizione Taehyung aveva cercato di raccogliere tutti  pezzi che il principe stava perdendo per mantenerli insieme, avere sbattuta in faccia la verità assoluta di non star facendo il proprio lavoro secondo etica medica era stato troppo per l'orgoglio Jung.

Se suo padre fosse stato ancora in vita, era certo che del suo operato ne sarebbe stato ben più che semplicemente contrariato e, con lui, anche un'altra persona che continuava a guardare da lontano.

Stava deludendo loro e stava deludendo sè stesso, ed il fardello si era fatto troppo pesante per essere ancora portato sulle spalle. 

Le diagnosi che aveva fatto al principe erano reali; ciò che non lo era, però, era la loro contestualizzazione. Ed il suo operato non lo rendeva tanto migliore del re o di tutti quei medici che lavoravano negli istituti di igiene mentale.

«Quali sono dunque queste difficoltà che sta affrontando Jungkook?  Quando potrò riavere mio figlio?» chiese con tono di sufficienza re Jeon. Hoseok strinse le labbra e, per la prima volta, desiderò poter zittire il sovrano con un laconico "segreto professionale" che poteva rifilare a chiunque...ma non al re. 

«Sono tante ma grazie al suo consorte, il principe Taehyung, tutto sta ruotando per il verso giusto e sembra riuscire a controllare meglio il suo disturbo ed anche la sua vita. Avrete sicuramente notato come non riesca a non balbettare più in situazioni di forte stress, di come sia riuscito a rimanere presente durante tutti gli impegni reali e di come invece, JK e Kookie  siano rimasti più nell'ombra. Solo quanto il suo consorte sembra soffrire, avere qualche problema di salute o addirittura la sua mancanza allora il suo disturbo si acutizza e gli provoca frequenti dissociazioni con la sua identità, JK. Sono cambiamenti notevoli per i pazienti psichiatrici affetti da questo disturbo che io, in qualità di medico, non posso non notare e—» si interruppe come vide il volto del re distendersi in un'espressione singolare; un miscuglio di irritazione, consapevolezza, stizza, rabbia e collera. 

Eppure, fece una smorfia simile ad un sorriso dove solo gli angoli della bocca si sollevarono. 

«Capisco. Devo ammettere che avete ragione, sicuramente secondo un'ottica completamente medica e non profana come può esserlo il mio sguardo, potrebbero essere grandi passi avanti. Cosa proponete di fare, quindi?».

Hoseok fu preso in contropiede dalla constatazione ma sperò che il re intendesse veramente ciò che gli stava chiedendo, quindi si sporse verso di lui con occhi accesi dal rinnovato entusiasmo per il suo lavoro. 

«Indirizzerò Jungkook verso la verità senza che se ne accorga, lascerò che sia JK a gestire il sistema come il suo ruolo di protettore impone, in modo da non creare squilibri tali da danneggiarli o da danneggiare il delicato equilibrio della sua mente. Successivamente, si andrà verso una graduale integrazione delle personalità in modo che Jungkook possa incanalare nella sua persona vari aspetti di JK; facendo questo, non ci saranno dissociazioni nette, quanto più un'acquisizione dei tratti principali di quella personalità».

«Mio figlio e quel bambino, quindi, sparirebbero?» si interessò il re, e Hoseok annuì velocemente. 

«Esattamente. Saranno in larga parte integrati nella persona di Jungkook senza alcuna divisione. Sarà un processo lento e graduale in modo da avvenire con naturalezza senza traumi» terminò il medico, spiegando la sua linea di pensiero con ampi movimenti delle mani mentre guardava il re con occhi di chi sa cosa sta dicendo ed anche di poterci riuscire.

Il re sembrò soppesare le sue parole e frugò fin dentro le orbite di Hoseok, alla ricerca di un qualcosa di aggiuntivo che lo spingesse ad acconsentire. 

Infatti, poco dopo, annuì lentamente. «E sia, procedete».

Hoseok annuì e si alzò, facendo un profondo inchino, ringraziando il sovrano ed andando via. Ma ciò che si perse, fu l'occhiata che re Jeon gli rivolse ed il relativo ghigno di accompagnamento.


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«Devi parlare con JK, giusto?» chiese Jungkook non appena fu di ritorno da un incontro con suo padre. L'espressione era stanca e provata, e non ci voleva un grande acume per capire che fosse stato più difficile del previsto avere a che fare con il sovrano ed i suoi consiglieri.

Oltre ad aver discusso animatamente con il re, Jungkook era stato spedito in giro per la tenuta per ascoltare infinite chiacchiere di giardinieri, architetti ed artisti spuntati da chissà dove e venuti da chissà quale palese circa l'accostamento delle margherite con i papaveri rossi. Ed anche se aveva sinceramente provato a parlare qualche attimo con Taehyung -anche solo per potergli chiedere come stesse proseguendo la giornata- quest'ultimo si era assentato da palazzo per seguire i lavori di ristrutturazione di alcuni degli orfanotrofi ubicati ai margini della città per cui sembrava nutrire un profondo e sincero interesse.

Taehyung gli si avvicinò e gli diede un bacio sulla guancia. «Intanto bentornato» gli sorrise, amabile. Jungkook ricambiò e lo avvolse in un abbraccio, lasciandogli un bacio sulla tempia. 

«Grazie. M-mi sei mancato» ammise Jungkook con un sospiro. 

«Anche tu, ma la mia lontananza da palazzo è stata per una buona causa. Vedessi quanto sono belli i progetti! Devi venire a vederli, credo che i bambini ti adorerebbero» esclamò con entusiasmo Taehyung e dio solo sapeva quanto adorava vederlo così entusiasta di qualcosa.

Il cuore di Jungkook si scaldò al sorriso che gli stava rivolgendo l'altro e annuì. 

«Magari qualche volta potrei v-venire con te» concesse il principe, e Taehyung si illuminò e lo baciò forte prendendogli il volto tra le mani. Jungkook arrossì ma ricambiò il bacio, conscio che quelle labbra gli sarebbero mancate enormemente.

«Dopo che a-avrai parlato con JK, magari» mugugnò contro di lui, giusto un attimo prima che Taehyung si discostasse e facesse un cenno di assenso. Passò le dita tra le ciocche corvine e gli fece un piccolo sorriso rincuorante.

«Sì, direi che è la cosa migliore. E per rispondere alla sua domanda iniziale, sì: devo parlare con JK. Lo farei in coscienza condivisa, ma non credo sia il caso vista la natura del vostro rapporto— allo stato attuale delle cose, intendo» spiegò Taehyung mentre continuava a passargli le dita tra i capelli; l'espressione di Jungkook non mutò, rimase tranquilla ed i suoi occhi rimasero sui suoi per tutta la durata del discorso. 

Era un pò come se temesse di non poterli più rivedere e che quindi fosse necessario catturare ogni più piccolo dettaglio per imprimerselo nella memoria.

«Non manca molto alla partenza per la festa di fidanzamento di Jin, per cui...dobbiamo fare tutto di fretta». 

Taehyung arricciò il naso da fastidio e Jungkook aggrottò le sopracciglia. Sciolse l'abbraccio e storse il muso, una sorta di smorfia tra il pensieroso e il timoroso gli incrinò i lineamenti e si allontanò un pò da lui per massaggiarsi le tempie circolarmente. 

«S-succede sempre tutto i-insieme» si lamentò il principe, scuotendo brevemente la testa per scrollarsi di dosso un pò di pensieri e di nervosismo. Taehyung gli andò vicino e gli passò una mano sulla schiena, guardandolo con occhi impensieriti. 

«A parte l'ovvio...cosa c'è che non va? E' successo qualcosa oggi?» chiese in un sussurro. 

«No, nulla di diverso, ma JK—non voglio che torni a pensare che io sia un perdente. Solo recentemente sono riuscito a farmi chiamare Jungkook almeno una volta su dieci» rivelò con una punta di rammarico Jungkook. La mano di Taehyung scorse lungo il suo avambraccio e si intrecciò alle sue dita, stringendole forte. 

«Non lo farà Koo, ne sono certo. So che stava ascoltando anche lui quando eravamo da Hoseok, me ne sono accorto e benchè non lo dia a vedere, quello che è successo in battaglia ha dato da pensare anche a lui».

Jungkook lo guardò con espressione incerta e si morse il labbro, abbassando gli occhi sulle loro mani intrecciate. Li rialzò su Taehyung che, con un sorriso fiducioso, gli baciò la punta del naso «Vedrai, sono sicuro capirà».

«Non che abbia molta scelta» mormorò il principe prima di prendere un profondo respiro. Si guardò intorno con fare pensieroso e vagamente riluttante, cercando con gli occhi un qualcosa che potesse aiutarlo in quel processo. 

Da quando non ricercava più un modo di far uscire JK? Erano passati anni dall'ultima volta in cui avevano parlato civilmente ed erano passati altrettanti anni dove non si erano neanche parlati, in cui era sparito completamente dalla sua vita senza lasciare alcuna traccia del suo passaggio. Anni che Jungkook non ricordava, che non gli sembrava di aver vissuto ma di cui conservava qualche sprazzo e che sperava che l'aiuto di Hoseok fosse sufficiente a farglieli ricostruire.

Chi lo avrebbe mai detto che mi sarei trovato a dover chiamare JK...

«E' da t-tempo che non c-chiamo JK, devo t-trovare un input forte abbasta da farlo uscire».

Vedere Jungkook soppesare quelle parole con un cipiglio triste -e che cercava di nascondere dietro un'apparente tranquillità- fece stringere il cuore di Taehyung e gli sembrò quasi di  sprofondare negli abissi della tristezza. Non era un medico, ma non serviva esserlo per capire quanto poco fosse cortese chiedere a qualcuno con il disturbo di Jungkook cambiare personalità perchè più "utile" rispetto alla sua. Se fosse stato al contrario, anche lui avrebbe avuto qualche remora dell'accondiscendere a quella richiesta.

«Mi dispiace molto obbligarti a fare questo» deglutì nervosamente Taehyung, aggrottando le sopracciglia per il dispiacere. «Sai che lo faccio non perchè non ti voglia nè perchè penso che JK sia migliore, giusto? E' solo perchè abbiamo bisogno anche di lui per capirne di più» Taehyung gli prese il volto tra le mani per obbligarlo a guardarlo e leggere nel fondo dei suoi occhi l'autenticità di quelle parole.

Jungkook annuì e socchiuse gli occhi allo scorrere dei pollici di Taehyung sui suoi zigomi, che lo carezzavano gentilmente. «Lo so, n-non preoccuparti. N-non me la prendo».

«Solo...tienilo sempre a mente» concluse Taehyung, non prima di avergli dato un bacio, «Posso aiutarti in qualche modo nel processo?».

Si allontanò di qualche passo per lanciare un'occhiata scrutatrice alla stanza e stava anche per chiedergli se potevano provare con il mostrargli dei vestiti di JK, quando il volto di Jungkook si illuminò come se avesse avuto l'idea dell'anno.

Senza esitazione, gli prese il polso e lo portò fuori dalla loro stanza senza dirgli nulla; guardandosi intorno per sperare che in giro non ci fosse nessuno, iniziò a guidarlo tra le infinite stanze del palazzo senza dirgli una parola. 

Taehyung rimase in silenzio fino a che non si rese conto che si stavano addentrando in un'altra ala di quell'enorme struttura, ben diversa e -soprattutto- sconosciuta. Da quando era arrivato a palazzo Jeon, non si era mai veramente preoccupato di esplorare zone come quelle -non perchè non gli importasse ma perchè il castello di Jungkook era così immenso che esplorarlo tutto gli avrebbe tolto del tempo prezioso che, invece, poteva dedicare alla loro relazione.

«Jungkook, dove stiamo andando?» sibilò per non fare troppo rumore. Era sera, e lì anche i muri sembravano avere occhi ed orecchie fin troppo indiscrete, la penombra in cui versavano le stanze e che li avvolgeva non era limpida abbastanza da farlo orientare ma era sufficiente a vedere che stavano camminando speditamente verso una meta a lui sconosciuta. 

«Jungkook! Dove stiamo andando?» ripetè nuovamente, stavolta con un tono un pò più acuto tirandogli la mano per attirare la sua attenzione. 

Jungkook si voltò verso di lui e gli fece un piccolo sorriso consapevole. «Nella stanza di JK».

Eh?

Come se fossero diventati due pesanti massi, i piedi di Taehyung si bloccarono e lo fecero immobilizzare, ed insieme al suo fermarsi, la presa sulla mano del principe si strinse e lo strattonò lievemente per convincerlo a non trascinarlo ancora e prestargli un attimo di attenzione perchè...beh, quella era una cosa che non si aspettava.

Jungkook gli lanciò un'occhiata interrogativa e piegò la testa con confusione. «Che c'è?» sussurrò in soffio.

«In camera di JK? JK ha una stanza tutta per lui?». La sorpresa e la lieve esitazione si riversarono tra di loro, ma a palesarsi maggiormente fu lo sbalordimento che lo indusse a sgranare gli occhi e schiudere le labbra.

«Sì, quando eravamo più piccoli non ci piaceva condividere la stanza—anche perchè era un vero caos» ridacchiò sommessamente Jungkook come se gli fosse appena venuto in mente un qualcosa di estremamente divertente. «E poi non avevamo tutti gli impegni di adesso, quindi era normale avere una stanza t-tutta per noi. JK non fa ovviamente eccezione».

Taehyung arricciò il naso dal fastidio: ma per quale motivo nessuno si prendeva la briga di parlargli di quei momenti o di quelle cose? A Kookie avrebbe fatto sicuramente piacere stare nella sua stanza personale senza che dovesse trattenere le risate o gli squittii ridenti perchè c'era sempre qualcuno ad origliare.

«Aish, mi farai impazzire prima o poi» sbuffò Taehyung spostandosi i capelli dalla fronte ma ridendo di come Jungkook si aprì in un sorriso alla Kookie. Largo e sfavillante, gli aveva fatto arricciare il naso e socchiudere gli occhi.

«Mi piace farti impazzire» e, se già quella frase non era abbastanza, Jungkook gli fece anche l'occhiolino che...beh, gli fece perdere un battito.

Jungkook che ammiccava?!

Con gli occhi che stavano per rotolare via guardò le guance di Jungkook colorarsi via via di una leggerissima sfumatura rosa; catturò il labbro inferiore e lo trattenne tra i denti per sopprimere il sorriso al ghigno malizioso che si dipinse sul viso di suo marito.

«Oh, anche a me piace quando lo fai, Koo».

Quella nota roca e profonda che caratterizzava il timbro di Taehyung lo convinse a tornare in sè e decretare che sì, se non avessero ripreso il loro percorso, probabilmente si sarebbe lasciato prendere dall'impulso di premerlo con la schiena contro il muro e baciarlo fino a togliergli il respiro per sentire sussurrare il suo nome mentre—

Si schiarì rumorosamente la gola e riprese a camminare a guance rosse senza posare più lo sguardo su un divertito Taehyung che, dietro di lui, si godeva il panorama che gli stava fornendo. Anche nella penombra, l'oscillare della schiena di Jungkook ed il suo sedere fasciato in quel completo grigio fumo cucito praticamente su di lui erano dettagli impossibili da ignorare.

Con sua sorpresa, notò che le camere di cui parlava Jungkook erano ubicate molto più lontano di quanto si immaginasse, in quell'ala del palazzo che sembrava una sorta di distaccamento dal corpo principale. Anche l'arredamento non era uguale; lo stile era meno tetro ed i colori non erano scuri ma di tonalità più chiare ed armoniose. Le luci calde dei vari candelabri a parete illuminavano chiaramente l'ambiente, ed il soffitto bianco sembrava riflettere quei piccoli raggi artificiali per rendere più soffusa l'atmosfera. Proprio lì vicino, una porta dall'aria pesante in fine mogano intagliato faceva la sua comparsa e spiccava per il suo colore scuro e rigido, ed era proprio quella porta verso cui Jungkook era diretto. 

Aprendola, Taehyung scoprì che questa dava su una sorta di stanza di disimpegno enorme, illuminata da un lampadario pendente i cui ciondoli in cristallo coloravano le pareti di graziosi motivi romboidali delle più svariate colorazioni. Ad attirare la sua attenzione, tre porte poste ognuna su una facciata diversa delle mura tappezzate da carta da parete a motivo floreale. Anche in quel caso, a regnare sovrani erano colori neutri che si mostravano senza sopraffare- come invece sembravano voler fare sia quelli del suo palazzo che quelli del palazzo di Jungkook.

Per motivi diversi, colpivano entrambi allo stesso modo. Ma quelli...quelli non comunicavano nulla se non quiete.

Impreziosite da cornicette in gesso che seguivano il perimetro del soffitto, tutto lasciava presagire che in quella stanza ci fosse un chiaro gusto femminile.

«Dove siamo?». 

Jungkook richiuse la porta e si assicurò di fermarla a chiave, ritornando a passo svelto verso di lui per abbracciarlo da dietro e posargli il mento sulla spalla. Il cuore stava facendo uno dei suoi tanti scherzetti, soprattutto perchè aveva sempre accuratamente evitato di tornare in quel luogo da praticamente sempre ed era la prima volta che mostrava una parte della sua vita a qualcuno che non fosse sè stesso.

Nessuno, né suo padre, nè il dottore o Yoongi erano mai stati lì.

Quello era il loro spazio, era una cosa che era sempre rimasta tra loro e tale si era imposto dovesse rimanere. Prima di conoscere Taehyung, ovviamente. 

«Molti anni fa, questo era il luogo dove mia madre passava più tempo. In questa sala principale prendeva il tè con le sue amiche, mentre le tre porte che vedi» le indicò idealmente con lo sguardo -anche se era consapevole che Taehyung non stesse seguendo il suo movimento- «Erano rispettivamente la sua sala da lettura, lo studio ed una sala privata dove si faceva cucire gli abiti per sorprendere mio padre». 

Taehyung rimase in silenzio ma si rese conto di non aver mai visto la madre di Jungkook. Non vi era alcun quadro, alcuna raffigurazione o testimonianza del passaggio di quella donna a palazzo. «Quando ha deciso di andarsene, quest'ala del palazzo è caduta in disuso e perciò, dopo tantissime insistenze, pianti e bronci, mio padre mi ha permesso di trasferirmi qui. Ero felice perchè potevo giocare fino a tardi senza che nessuno della servitù o dei consiglieri di mio padre venisse a rimproverarmi per non essere andato a letto» continuò Jungkook, prendendo un profondo respiro senza nemmeno accorgersene. 

Taehyung si voltò appena verso di lui e, se il mento continuava a rimanere sulla sua spalla, gli occhi scuri erano fissi su una porta in particolare.

«Jungkook, non devi raccontarmelo per forza» gli disse in un sussurro, carezzandogli il dorso della mano con la punta delle dita. Non voleva che Jungkook si sentisse forzato a parlare di qualcosa di sicuramente non felice, lo stava già costringendo a dissociarsi in favore di un'altra identità -e per questo si sentiva terribilmente in colpa e scortese.

Jungkook strinse la presa sulla sua vita chiudendo subito dopo gli occhi e nascondendo il viso sulla sua nuca -precisamente, quasi tra i capelli. L'odore muschiato e dolciastro di Taehyung era un calmante perfetto per i suoi nervi.

«Le a-altre stanze sono diventate di Kookie e JK nel momento in cui la loro p-presenza è stata palese a tutti. Non torno qui da a-anni, q-quella d-di fronte a te è l-la mia vecchia s-stanza» Jungkook deglutì pesantemente e non aggiunse altro.

Non che ci fosse molto da aggiungere che Taehyung non avesse capito. Era bastato sentire come gli si stringesse saldamente addosso e la sua voce diventasse poco più alta di un soffio -insieme al ritorno del suo balbettio- per comprendere ciò che Jungkook intendeva.

Per determinate cose non servivano le parole, non erano necessarie e certe volte risultavano perfino superflue. Si voltò ed abbracciò stretto Jungkook, che posò il volto contro il suo collo ad occhi chiusi. «Va tutto bene Koo, adesso è passato. Sono momenti che non ritorneranno, lui non tornerà» sussurrò al suo orecchio Taehyung, passando la mano sulle sue spalle ricurve.

Jungkook lo abbracciò ancora più forte. «Io ci provo davvero a d-dimenticare—te lo giuro, ogni g-giorno, m-ma i mostri tornano s-sempre. Non ci lasciano m-mai stare» mugugnò con voce attutita dalla sua pelle.

Taehyung gli diede un bacio tra i capelli.

«No, non tornano, perché siete forti e perchè non possono più ferirvi. E anche tu, piccolo Koo, sei la persona più coraggiosa che io abbia mai conosciuto perchè nonostante tutto, ti sei rialzato ed hai iniziato a riscrivere la tua storia, prima da solo e adesso con me. Stai decidendo tu della tua vita, ed anche se i mostri continueranno ad esistere, non significa che sarai o sarete sempre da soli a combatterli. Non possono tangerti, non possono toccarti ancora perchè non siete da soli. Non lo sei, Koo».

Non si aspettava alcuna risposta dal suo discorso, e preferì che Jungkook soppesasse le sue parole anzichè continuare il discorso perchè, altrimenti, il suo tentativo di trattenere le lacrime sarebbe andato perduto e la sua voce si sarebbe sicuramente incrinata in maniera irreparabile. Non poteva cancellare il passato di Jungkook, quelle cose che provava non se ne sarebbero mai andate, ma poteva aiutarlo nel vivere felice e godersi i momenti che il futuro gli riservava. 

Attese che l'altro si tranquillizzasse, sentendo il cuore sciogliersi come Jungkook mormorò con voce quasi inesistente «Menomale che e-esisti». Gli diede un dolce bacio a fior di labbra e Jungkook intrecciò le loro dita.

«Vieni, quella di JK è da questa parte».

La porta dove lo condusse Jungkook era quella immediatamente sulla sinistra e come abbassò la maniglia, i cardini cigolarono appena ed un profumo maschile piuttosto intenso -misto ad uno più sintetico e familiare- arrivò alle loro narici prima che la stanza di JK si mostrasse a loro.

Jungkook accese la luce e Taehyung fu colpito da ciò che i suoi occhi incontrarono. A dire il vero, da un tipo come JK si aspettava una stanza scura almeno quanto le tonalità di quel palazzo spettrale, o una stanza simile a quella che li aveva accolti durante quella lontana notte di nozze -magari anche con poca mobilia e arredamento ridotto all'essenziale. 

Ma invece, ad accoglierli non c'era niente di tutto quello che Taehyung si aspettava.

Oltre ad essere una stanza incredibilmente spaziosa, a spiccare era il grande letto a baldacchino a due piazze su cui vi erano stati adagiati sopra una serie di cuscini che andavano dal giallo ocra al dorato intenso, disordinatamente ammassati nel centro che però non stonavano. Le pareti erano tinte di un bellissimo e particolare color oro che, colpite dalle luci calde dei lampadari a parete, sembravano quasi risembrare la luce del sole. Di tutte le facciate, due erano interamente tappezzate da schizzi, quadri e disegni -che fossero a carboncino piuttosto che a matita non aveva importanza-, e rappresentavano tutti i medesimi soggetti.

Cavalli.

Precisamente, un cavallo bianco di sua conoscenza: Furia.

Alcune erano scene di caccia, altri erano primi piani, altri erano studi di fisionomie confusionarie e dalle linee nette e dure, alcuni erano disegni accennati, altri erano dettagliati e sfumati. Ditate di carboncino spiccavano negli angoli dei fogli, punteggiature di biacca andavano ad illuminare gli occhi scuri del cavallo o facevano risaltare quella sorta di lucentezza immaginaria di un manto rasato. 

Pendevano dalle pareti in una sorta di armoniosa continuità, era una sorta di confusa narrazione ma erano tutti incredibilmente colorati. Sembravano essere stati appesi con un criterio difficile da cogliere, in un preciso ordine- forse di qualche processo mentale?

Ma, più in generale, quella stanza trasmetteva calore. Quelle tinte chiare, calde, accoglienti e confortanti stupirono incredibilmente Taehyung e lo fecero sentire quasi di troppo. Quello era il mondo interiore di JK, era il suo mondo e si era rivelato essere completamente diverso da ciò che si era immaginato nel momento stesso in cui aveva scoperto che stavano per entrare nella sua stanza. Non avrebbe mai creduto che una persona tanto rabbiosa ed irascibile come JK...amasse così tanto i colori.

Proprio come lui.

Impossibile da ignorare era la pila di fogli scompostamente sistemata sul basso tavolinetto da tè che era stato spostato dalla sua posizione originale per essere addossato al muro, vicino a dove una serie di tele incompiute erano abbandonate contro le pareti o su dei cavalletti in legno di diverse dimensioni ed altezze. E Taehyung si spiegò anche l'odore sintetico come gli occhi gli caddero sulla tavolozza di colori, su alcuni pennelli, carboncini e su dei tubetti di tempere abbandonati lì di fianco. 

«JK ama l'arte, come puoi notare. H-ha sempre disegnato e p-poichè non si è mai fidato di nessuno se non d-di noi, ha sempre avuto un forte i-interesse per gli animali. Per Furia, i-in particolare» spiegò Jungkook. Un brivido gli passò sulla schiena e socchiuse gli occhi per come tutti quegli input gli stavano dando velocemente alla testa. Erano così tanti che dovette concentrarsi qualche attimo sul nulla per poter rimanere presente, ma sapeva non sarebbe durato troppo.

«Lui continua a stare qui?» gli domandò Taehyung, non mascherando il suo stupore.

Jungkook scrollò le spalle. «Spesso. A-abbiamo diverse stanze, q-quindi lui va un po' d-dove preferisce, ma è stato qui r-recentemente—uhm, mi pare di ricordare» rispose a denti stretti. Le mani gli tremarono e Taehyung gli alzò il viso con la mano libera per dargli un bacio sulla fronte.

«Ci vediamo presto Koo. Non dimenticarti che ti amo». Jungkook fece un mezzo sorriso e gli occhi gli si mossero velocemente e per qualche secondo più di quanto succedesse di solito. E poi, proprio come ogni volta, in una familiare ripetizione del momento, il suo sguardo di svuotò di qualsiasi emozione o luce ed il suo viso divenne una maschera senza espressione.

Taehyung fece qualche passo indietro e lasciò la sua mano, riuscendo a contare appena tre passi prima che vedesse il principe sbattere le palpebre, strizzarle e sibilare all'improvviso. Si portò le dita alle tempie e le prese a massaggiare circolarmente, continuando a mugugnare su quanto male gli facessero e su quanto fosse insopportabile il loro pulsare. Le sopracciglia arricciate creavano una profonda ruga in mezzo agli occhi, le labbra erano stese in una linea sottile e netta e quello stato perdurò per qualche secondo, giusto il tempo di placare il suo lieve mal di testa.

«Queste dissociazioni forzate mi uccidono ogni volta» sibilò fra sè, facendo una smorfia infastidita. Scosse la testa per scrollarsi quel senso di disagio e riaprì gli occhi; la sua espressione mutò sensibilmente e si sorprese che Jungkook fosse andato nella...sua stanza? E poi, lo sguardo si spostò sulla figura a qualche passo di distanza da lui che sembrava più un manichino che una persona in carne ed ossa. 

In realtà, Taehyung non sapeva se dovesse iniziare lui o meno la conversazione; era solo sicuro che le corde vocali e la lingua non volevano spicciarsi e che quindi preferiva starsene in silenzio perchè c'era l'incognita di come JK avrebbe reagito a vederlo in quel luogo privato ed intimo lo faceva sentire nervoso.

JK piegò la testa e lo guardò dall'alto in basso, studiandolo con profonda perplessità. «E tu che ci fai in camera mia?».

Anche se doveva suonare come una frase infastidita, JK non si stava sentendo poi così tanto infastidito e non diede realmente peso al fatto che la curiosità e la perplessità erano di gran lunga superiori rispetto al resto.

Taehyung si schiarì la voce e fece un mezzo sorriso. «Io e Jungkook siamo venuti qui perchè ho bisogno di parlarti e di spiegarti cosa è successo subito dopo il ritorno dalla spedizione militare. Poichè non sapevamo come fare per farti essere presente, Jungkook ha pensato di venire qui per...essere sicuro funzionasse». 

Cercò di farla breve e coincisa, indicando la stanza e facendo spallucce per dissipare un pò di tensione. JK fece una delle facce più perplesse e stranite che Taehyung gli avesse mai visto fare e si passò una mano tra i capelli. Gli occhi gli caddero sul suo vestiario e fece un'espressione schifata a cui seguì un: «Ovviamente siamo vestiti come dei cazzo di idioti». 

Passò le dita più volte tra i capelli, odiando come Jungkook li portasse pettinati sulla fronte e si concentrò nuovamente su Taehyung che, nervosamente, si guardava intorno e si asciugava i palmi delle mani sui pantaloni perchè continuava a sentirsi una specie di intruso in un mondo che non gli apparteneva.

«Comunque, adesso che ci sei» continuò quindi, spezzando il silenzio «possiamo andare via e tornare nella nostra stanza o nello studio, non è necessario rimanere» si affrettò a precisare, osservando JK togliersi la giacca con sdegno per lanciarla per terra.

«Ormai siamo qui e restiamo qui. Non capisco perchè arrivare fino alla mia stanza, comunque; gli è sempre bastato provare a farsi una sega per permettermi di comparire, ricordatevelo per le prossime volte» fu il commento piccato di JK, che superò con passo fermo Taehyung per andare a sedersi scompostamente sulla poltrona -su cui ricadde anche piuttosto rumorosamente.

Beh, non era male vedere Taehyung nella sua stanza. Nonostante ne fosse geloso fin dentro le ossa di quel suo angolo personale in cui nessuno entrava -a parte Kookie, per dormire nel suo letto- quella principessa raffinata si sposava perfettamente con i richiami dorati delle pareti. Forse era la sua carnagione caramellata, o forse la scelta cromatica dei suoi vestiti o forse era solamente che gli piaceva vederlo in piedi in mezzo la stanza, ma certo era che Taehyung non stava male in camera sua.

E sicuramente sarebbe stato perfetto anche sul suo letto e sotto di lui.

Con le braccia posate su entrambi i braccioli della poltrona e le gambe divaricate, guardava Taehyung ricambiare il suo sguardo penetrante con uno così tanto determinato ed ostinato che gli fece inevitabilmente incurvare le labbra in una sorta di ghigno.

Quella era la principessa che conosceva.

Lo vide alzare un sopracciglio nella sua direzione e sistemarsi la giacca, «Permetti?» chiese subito dopo, indicando la poltrona al suo fianco.

JK alzò gli occhi al cielo. «Siediti e basta, principessa».

Taehyung si accomodò spostandosi i capelli dalla fronte e si passò una mano sul viso, non apprezzando per nulla il sè che diventava quando intorno c'era JK.

«Parli oppure restiamo tutta la sera a guardarci in agonia come se stessimo per morire? No perché, sinceramente, mi sto già rompendo il cazzo e non abbiamo neanche iniziato» sbuffò JK. Sogghignò all'occhiata irritata che gli arrivò direttamente da Taehyung che, a labbra strette, si pizzicò il ponte del naso per evitare di iniziare la conversazione con una serie di epiteti poco reali.

«E allora cerca di placare il tuo scazzo perchè di cose da dirti ne ho fin troppe. Stavo riorganizzando le idee» sbottò Taehyung. Notò con soddisfazione che l'attenzione di JK era completamente rivolta a lui e quindi si poggiò contro lo schienale della poltrona per mettersi più comodo.

«Quando Jungkook si è risvegliato dopo essere tornato dalla guerra, ha creduto che io fossi morto. Il pensiero della mia morte lo ha portato ad avere una delle sue crisi che io credevo erroneamente fossero di tipo emotivo ma che, invece, si sono rivelate essere un vero e proprio disturbo chiamato "disturbo dissociativo di trance". Per fartela breve: è come se il cervello rimanesse intrappolato in sè stesso e non riuscisse a trovare una via di fuga dalle emozioni forti e negative. Ne consegue un suo completo blocco».

Via via che illustrava ciò che era successo in quelle settimane di assenza, notò che l'espressione di JK andò mutando di parola in parola senza mai soffermarsi su un'emozione per più di qualche secondo. Da scazzato e quasi disinteressato al discorso, il suo viso si era poi adombrato e la sua espressione indurita -così tanto da rendere i tratti del volto spigolosi e netti. Negli occhi, qualsiasi barlume di divertimento o di seccatura era sparito; nessuna scintilla di derisione o di incredulità a rischiarare quei pozzi scuri, solo una solida e ferma corazza infranta dalle labbra strette in una sottile linea.

Vederlo così preso e concentrato da ciò che gli stava dicendo diede a Taehyung lo slancio necessario a riacquisire la sua calma metodicità. 

«Quindi, non riuscendosi ad estraniare del tutto, Jungkook ha cominciato a confondere la realtà con l'immaginazione, ha smesso di rispondere agli stimoli esterni e non mi ha nemmeno riconosciuto. A quel punto, sia per me che per Yoongi è stato letteralmente impossibile aiutarlo e ho dovuto far chiamare il dottore. Lo ha sedato ma, in cambio del suo silenzio per ciò che era avvenuto, ha chiesto due sedute con Jungkook».

«Il solito pezzo di merda» sbottò incollerito JK, schioccando la lingua sul palato per il fastidio. Tipico dei loro dottori: qualcosa non andava? La soluzione era una puntura di sonniferi. Con fare palesemente infastidito, continuò a tenere lo sguardo fisso su Taehyung che, alla sua constatazione, aveva fatto un leggero sorriso ed aveva annuito vigorosamente. 

E quella sorta di breve attimo di complicità fece passare qualcosa negli occhi di JK tale da imbarazzare Taehyung -che si ricompose muovendosi scompostamente sulla sedia. 

«So che c'eri quando abbiamo fatto la prima seduta con Hoseok». Non gli sfuggì il lampo di sorpresa di JK, per questo si affrettò a precisare. «So che siete in coscienza condivisa e che spesso ci sei anche tu quando parlo con lui o quando Jungkook si trova in situazioni di disagio. Ma questa cosa non la sa nessun altro, stai tranquillo».

«Jungkook ti ha parlato della nostra condivisione?!».

«Sì, ma non è questo il punto del discorso» tagliò corto Taehyung, «C'ero anche io durante quella seduta e quando Hoseok ha descritto un pò come avviene questa sorta di fuga non ho potuto fare a meno di ripensare alla battaglia e a come tu stesso mi avevi detto di non aver capito cosa fosse successo. E' stata una reazione simile ma più contenuta e quindi, dopo una breve discussione, Jungkook è stato sottoposto ad ipnosi» e lì arrivava la parte più complicata.

JK non disse nulla a proposito del fatto che lui sapesse benissimo cosa era successo e cosa era stato detto dal dottore e da Taehyung, ma fu una sorta di sollievo quello che gli pervase l'animo sapendo che l'altro gli stesse dicendo la verità.

«Cosa è successo durante l'ipnosi?» chiese senza nessuna colorazione nella voce dura.

Taehyung prese un profondo respiro. «Jungkook ha detto una frase che, anche se lui aveva—ed ha, sotto certi punti di vista, rimosso completamente, lo ha fatto ricadere nello stesso mutismo di quando era bambino».

Nonostante volesse spostare gli occhi su qualcos'altro che non fosse JK, non riuscì a farlo perchè impossibile fu non notare la reazione dell'altro alle sue parole. Infatti, gli occhi di JK si sgranarono a dismisura, la bocca si piegò in una smorfia incredula e sgomenta e scattò all'improvviso. Si protese in avanti e strinse con tenacia i braccioli della poltrona, scrutandolo negli occhi come se avesse voluto leggergli fin dentro l'anima. 

Quella di JK era l'espressione di chi sperava di sentirsi dire che quello raccontato era uno scherzo e che non era successo davvero.

«Mi stai fottutamente prendendo per il culo?».

Infatti.

Taehyung arricciò le labbra e gli scoccò un'occhiata scocciata. «Secondo te scherzo su una cosa del genere?» sibilò in risposta, offeso.

Una colorita imprecazione lasciò le labbra di JK che si scompigliò i capelli e ricadde all'indietro sulla poltrona. «Cazzo. Cazzo, cazzo!» continuò ad imprecare colpendo i braccioli con i pugni chiusi più e più volte, la frustrazione evidente sul suo viso contratto. 

Lui e Kookie ci avevano impiegato mesi e mesi per convincere Jungkook a parlare di nuovo, non era possibile! 

«Jungkook è comunque riuscito a ritornare a parlare, sia con me che con il resto della corte. Non ho potuto toccare l'argomento con lui perchè non volevo avesse altre reazioni simili ma... adesso che sai del perchè a volte non riesci a prendere il controllo su Jungkook, vorrei che mi aiutassi a capire cosa è successo e chi può avere detto quella frase» chiarì Taehyung, avendo l'espressione di chi si è appena tolto un peso grande quanto il mondo. 

JK strinse i denti. «Cosa ti fa credere che io voglia aiutarti? O che voglia avere a che fare con tutta questa faccenda?» rispose con fare fintamente sprezzante, sapendo già di aver perso in partenza. Anche lui, durante il suo periodo di "riposo" aveva avuto modo di pensare ad alcuni dettagli che non gli tornavano, e molti erano riconducibili alla guerra.

«Perché non lo stai facendo me, lo stai facendo per voi. Per tutti voi, ed intendo anche Kookie» sottolineò l'altro, sicuro che quelle parole avrebbero sortito un certo effetto su JK. Infatti, gli occhi di JK saettarono nei suoi e si strinsero fino a diventare due fessure. «Non mettere in mezzo Kookie».

«Che ti piaccia o no, lui fa parte del vostro sistema tanto quanto te e Jungkook. Se ci aiuti, aiuti tutti, lui compreso».

JK emise un grugnito profondamente irritato e scocciato, portò il capo all'indietro e sbuffò sonoramente dalla bocca, gonfiando leggermente le guance e massaggiandosi gli occhi con le dita per cercare di placare il mal di testa che si stava nuovamente acutizzando.

Aveva un'espressione strana, era quasi disturbante vederlo in quel modo, e non riuscì a fermare il suo corpo dal reagire a quella sorta di combattuta tristezza. Esitante, Taehyung allungò una mano verso di lui e gli sfiorò il ginocchio con fare delicato, sollevato dal fatto che JK non avesse spostato la gamba nè avesse cacciato via la sua mano; l'unica cosa che fece, fu dedicargli un'occhiata ricolma di significato. 

«Cos'è che non mi stai dicendo?» chiese semplicemente JK. 

La presa sul suo ginocchio si strinse.

«Ciò che è stato detto a Jungkook sul campo...ho motivo di credere che c'entri con il vostro tutore e con ciò che avete subito» sussurrò Taehyung con voce intrisa da profonda pacatezza. Era stato delicato e carezzevole come se gli stesse raccontando la favola della buonanotte e forse fu proprio quello a non fare scaldare JK, che si limitò ad arcuare un sopracciglio.

Quella nuova verità non gli stava piacendo proprio per nulla e nonostante non sopportasse Jungkook, uno strano senso di inquietudine gli si annidò nello stomaco e lo costrinse ad issarsi dal suo giaciglio. Taehyung fece per allontanare la mano ma JK lo prese per un polso per non permettergli di spostarsi.

«Dimmi la frase».

Taehyung si irrigidì, ma non per la stretta.

Non voleva dirlo.

«Magari te la scrivo o te la riassumo perchè non credo sia il caso—» lo schiocco contrariato della lingua dell'altro contro il suo palato interruppe la sua frase e lo zittì.

JK si protese ancora una volta verso di lui e con così tanta lentezza da essere quasi a rallentatore, e non si arrestò fin quando non vi fu una distanza quasi ridicola tra il suo viso e quello di Taehyung. Erano così vicini che quest'ultimo riusciva a distinguere tutte le efelidi che gli punteggiavano le guance ed il naso, così adorabili da creare un contrasto netto con la durezza della sua espressione.

«Dimmi la frase Taehyung, non farmelo ripetere una terza volta». 

La voce bassa e autorevole gli spedì un brivido lungo la schiena e non riuscì proprio a reggere il suo sguardo mentre sussurrava ciò che aveva sentito durante quella seduta.

«Kook, non puoi nasconderti da me».

Taehyung chiuse gli occhi e la testa gli ciondolò verso il basso, sentendosi peggio di un torturatore per ciò che stava dicendo. Se conosceva la storia dietro alla poca tolleranza del soprannome "Kook" da parte di tutti, quella frase poteva significare tutto come niente, e forse adesso JK si sarebbe sentito così preso in giro da farlo ritrovare con la stampa del suo pugno sul naso.

Ma quella serata sembrava ricca di sorprese per Taehyung, che percepì la stretta sul suo polso farsi sempre più debole fino a che non sparì del tutto e lasciare che la sua mano ricadesse mollemente verso il basso.

Alzare lo sguardo e trovarsi JK immobile come una statua, era forse una delle sensazioni più soffocanti, dilanianti e dolorose che si fosse trovato ad affrontare nella vita. I suoi occhi persi erano fissi sul nulla, come se vi potesse vedere attraverso per mettere a fuoco un qualcosa di lontano. Vedere e vivere una persona come JK -da sempre quasi infrangibile nella sua testardaggine che rasentava la maleducazione- essere colpita così tanto da qualcosa da non riuscire a muoversi o a parlargli...fu peggio di quella stilettata che lo aveva colpito in battaglia, peggio del candelabro contro la tempia o dei pugni che si erano dati durante una delle loro tante litigate. 

Quella parte così ferita di Jungkook era lì, immobile, quasi fragile e che sopprimeva tutte le emozioni che sapeva per certo gli stavano rimontando dentro con la stessa furia con cui lui contrastava la vita.  Strinse i pugni per evitare di cedere all'impulso di abbracciarlo e stringerlo come era solito fare con il suo Koo quando quest'ultimo si sentiva sopraffatto da qualcosa ed attese che JK ritornasse abbastanza in sè da poter continuare a parlargli.

Quante cose non mi dici, JK?

«JK» soffiò in un sussurro, ma JK era come estraniato, mormorando qualcosa tra sè e sè senza che lui sentisse cosa stesse dicendo.

«JK...ci sei ancora?» ritentò, toccandolo leggermente sulla spalla.

JK sobbalzò all'improvviso e si ritrasse di scatto dal contatto, schioccandogli un'occhiata furibonda e quasi minacciosa ed alzando il pugno pronto a colpirlo —ma questo, prima che realizzasse che quello era Taehyung e che in camera non c'era nessun altro. 

Quella mano apparteneva a Taehyung e a nessun altro. 

«Sono queste le sue esatte parole?». JK fece come se nulla fosse successo, ma il tremore accennato delle sue mani tradiva la sua impassibile maschera di indifferenza. 

Taehyung ritornò seduto e annuì, spostandosi i capelli che gli erano ricaduti sugli occhi. «E' ciò che gli è stato detto sul campo».

JK si massaggiò le tempie con le dita e chiuse gli occhi, lamentandosi appena. «Non può essere una coincidenza. Nessuno conosce queste parole, nessuno sa cosa quello scarto umano ci diceva mentre entrava in camera nostra. Quel maledetto figlio di puttana» proruppe arrabbiato, dando un pugno alla poltrona così forte che l'eco risuonò tra loro.

Quelle parole ebbero un impatto quasi devastante in Taehyung, il cui brivido freddo che gli attraversò il corpo lo costrinse a passarsi una mano sul braccio più e più volte per cercare di rimuovere quelle tracce di atterrimento e disagio.

«Quindi non è stato solo il soprannome a farlo bloccare...?» chiese senza voce. La sua perfetta compostezza stava per crollare di fronte a quell'ennesimo colpo sferrato da quella situazione e da quel passato che più cercavano di allontanare e più invece li perseguitava.

«Sì. Prima di avere ognuno la propria stanza, stavamo in quella di Jungkook. Ci nascondevamo quando arrivava la sera perché sapevamo che quello schifoso bastardo sarebbe venuto a cercarci e che nessuno sarebbe venuto a salvarci perchè nessuno voleva credermi. Ma quando trovava il letto vuoto, iniziava questa sorta di caccia cantilenando quella frase» fu la spiegazione incolore di JK, che distolse lo sguardo da Taehyung per guardare altrove.

Taehyung abbassò gli occhi sulle sue mani ed improvvise e silenziose lacrime si infransero sul suo grembo prima che le riuscisse a realizzare. Provvide velocemente a scacciarle prima che potessero infastidire JK -o che questo se ne potesse accorgere. Sapeva quanto l'altro odiasse l'autocommiserazione o la compassione, ma come poteva evitare al suo cuore di spezzarsi nel sentire quelle cose?

«Stai piangendo» accusò JK.

«M-mi dispiace, scusa non volevo mettermi a piangere, non me ne sono neanche accorto» si affrettò a precisare Taehyung, tamponandosi gli occhi con la manica della giacca per tentare di cancellare ogni traccia di tristezza.

JK, inspiegabilmente, fece un sorriso sghembo ed i suoi occhi si velarono di ironia. «Ho come l'impressione che non ti accorga di piangere un pò troppo spesso, principessa. E' ora di cambiare battuta».

Il tono leggero e quasi morbido di JK lo sorprese e si affrettò a schiarire la vista per notare che l'altro lo stava guardando con...indulgenza?

«Hai ragione» ridacchiò allora, soffocando un singhiozzo, «Però questa volta è vero».

JK annuì e si passò una mano tra i capelli, sgranchendosi il collo. «Solo una persona può essere a conoscenza di questa cosa...anzi: due» precisò di punto in bianco, issandosi per sbuffare e iniziare a camminare avanti e indietro.

«E sarebbero?» domandò Taehyung, esitante.  

«Il dottore e il re».













✁✁✁✁✁✁✁✁✁

NDA: sorpresa! Un aggiornamento di giovedì? Sì. Lo avevo pronto ed ho pensato di non voler aspettare per pubblicarlo e quindi eccoci qui.

Ci sono tante cose, da dove incominciare? 
-Hoseok: lui è un personaggio ambiguo fin dal principio, lo so, ma io i dottori dell'epoca in cui è ambientata LMG me li sono sempre immaginati così quindi pace, ce lo teniamo così per com'è. Il suo cambiamento è stato molto lieve e quasi minimale, ma c'è stato. In principio, rimembrate che era proprio lui a spingere Jungkook a parlare con Taehyung quando ancora non dormivano neanche insieme.

Ah, già, vogliamo parlare del suo piano assolutamente G E N I A L E? 

-JK: abbiamo il nostro JK, è tornato e ci farà compagnia per un pò. Con questo non significa che Jungkook e Kookie finiranno nel dimenticatoio e non si vedranno più perchè non succederà. 

Notate notate che la frase che ha detto Jungkook sotto ipnosi è simile (dire uguale mi sembra brutto) a quella del capitolo 6. S E I. A voi le interpretazioni (se la andrete a rivedere).

-la stanza di JK: Per il mio fagiolino complicato, ho optato per una stanza accogliente e quasi dolce. JK dentro ha un mondo e lo riflette anche nelle piccole cose.

Un'ultima cosa: non so se gli aggiornamenti potranno continuare ad essere cadenzati su due volte a settimana e nelle giornate di martedì e venerdì. Vi aggiornerò strada facendo e vi dirò anche il motivo se tutto va bene, ADESSO GIURO CHE HO FINITO. (ma se notate errori segnalatemeli pls)

Bye ❣

Fortsätt läs

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