Non dirmi un'altra bugia] Lar...

By larryelarry_

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Harry Styles è un ragazzo ricco, affascinante, la stella della squadra di football del college. Le persone lo... More

Prologo.
Capitolo due.
Capitolo tre.
Capitolo quattro.
Capitolo cinque.
Capitolo sei.
Capitolo sette.
Capitolo otto.
Capitolo nove.
Capitolo dieci.
Capitolo undici.
Capitolo dodici.
Capitolo tredici.
Capitolo quattordici.
Capitolo quindici.
Capitolo sedici.
Me.
Importante.
Sequel.

Capitolo uno.

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By larryelarry_

Meno quattro giorni.

Harry.

Lo aspetto fuori dal bar, appoggiato al muro irregolare di mattoni con le mani infilate nelle tasche della felpa, le spalle curve contro il vento. Fa un freddo terribbile, ed è buio per via delle nuvole basse che coprono il cielo. Niente stelle, niente luna. Spaventoso, specialmente perché sono qui fuori da solo. Se inizia a piovere prima che lui abbia finito il suo primo turno, basta, me ne vado. Non ho bisogno di questa merda.
Il panico mi assale e faccio un respiro profondo. Non posso andarmene, lo so. Ho bisogno di questo ragazzo. Non lo conosco nemmeno e lui non conosce me, eppure ne ho bisogno, è una questione di sopravvivenza. Non mi importa se sembro uno sfigato, lo sono e basta. Non posso affrontare la prossima settimana da solo.

La musica che proviene dal piccolo bar rimbomba forte fino alla strada, all'interno sento la gente che ride e grida. Giuro che riconosco più di qualche voce. Si divertono. Gli esami di metà semestre stanno per finire, e la maggio parte di noi dovrebbe studiare, giusto? Dovrebbero essere tutti in biblioteca o chinati sulle scrivanie, la testa immersa in un libro o curva su un portatile, a rileggere appunti, scrivere temi, qualsiasi cosa. Invece la maggior parte dei miei amici è in quel bar a bersi il cervello. A nessuno importa che è martedì, e che rimangono solo tre giorni per gli esami o per consegnare il materiale. O la va o la spacca, insomma, ma tutti pensano solo al fatto che la prossima settimana saranno in vacanza. Molti se la squaglieranno da questo buco di città, dove frequentiamo il college. Anch'io. Parto sabato pomeriggio, anche se non ne ho per niente voglia. Preferirei stare qui.

Ma non posso.

Lui finisce il turno a mezzanotte. Prima mi sono intrufolato e l'ho chiesto a una delle altre cameriere del La Salle's, quando ancora non c'era anima viva. Lui era in cucina, quindi non mi ha visto. Bene. Non volevo mi notasse, non ancora. E nemmeno i miei cosiddetti amici devono sapere cos'ho in mente. Nessuno conosce il mio piano, altrimenti temo che mi farebbero cambiare idea. E comunque a chi dovrei raccontare i fatti miei? Forse sembro uno pieno di amici, ma in realtà non sono intimo con nessuno in particolare. Non mi va: le amicizie vere sono solo fonte di problemi.

La vecchia porta di legno si apre, e il rumore che proviene dall'interno mi colpisce al petto come una deflagrazione. Lui si immerge nel buio, la porta che gli sbatte alle spalle, il rumore che fa eco in una notte altrimenti tranquilla. Indossa un giubbino blu che quasi lo inghiotte, facendo sembrare lunghissime le sue gambe avvolte in dei pantaloni neri.

Mi stacco dal muro e mi avvicino. "Ehi." Lo sguardo diffidente con cui mi fulmina dice tutto. "Non sono interessato."
"Ma non ti ho chiesto niente."
"So cosa vuoi." Affretta il passo e io gli sto dietro. Lo inseguo, a dire il vero. Non l'avevo pianificato. "Siete tutti uguali. Vi illudete di potermi aspettare qui per afferrarmi, intrappolarmi. Le cose che dicono su di me non sono vere: non ho fatto davvero quelle cose, con nessuno dei tuoi amici", dice mentre corre via. E' veloce, per essere così minuto.
Aspetta un secondo. Cosa vorrebbe dire? "Non cerco un obiettivo facile." Ride, ma il suono è aspro.
"Non mentire, Harry Styles. So cosa vuoi da me." Almeno sa chi sono.

Gli afferro il braccio prima che possa attraversare la strada e lui si ferma, mi guarda. Sento un formicolio alle dita, anche se toccano solo il tessuto del giubbino. "Cosa pensi che voglia da te?"
"Sesso." Sputa fuori le parole con gli occhi ridotti a una fessura, i suoi capelli castani illuminati dal lampione sopra di noi. "Senti, mi fanno un male cane i piedi e sono esausto. Hai scelto la notte sbagliata per divertirti con me." Sono confuso. Parla come se fosse una specie di prostituto, come se sperassi di rubargli un pompino veloce nel vicolo.

Affascinato dai suoi lineamenti, mi concentro sulle labbra. Sono magnifiche, anche se sottili, e sexy. Mi dico che certamente potrebbe fare un pompino fantastico, ma non è per questo che sono qui. Quanti dei miei compagni di squadra ci sono già passati? Insomma, è vero, l'unica ragione per cui parlo con lui è la reputazione a cui ha accennato. Però non sto cercando di comprarmelo per il sesso.

Voglio che lui mi protegga.

Louis.

Il ragazzo d'oro del campus, Harry Styles, mi sta dietro, non molla l'osso e mi rende nervoso. E' enorme, ben oltre il metro e ottanta, e ha le spalle larghe come montagne. In effetti gioca a football, quindi credo sia normale, no? Sono stato con qualche suo compagno di squadra. Sono tutti abbastanza grossi e muscolosi. Ma nessuno di loro mi fa battere il cuore così forte solo sfiorandomi il braccio. Non mi piacciono le reazioni che suscita in me. Di solito, con gli altri non ho alcuna relazione.

Con uno strattone mi divincolo e mi allontano, guadagnando qualche passo di distanza. Una sorta di luce implorante gli sfarfalla negli occhi e apro la bocca, pronto a dirgli di andare a farsi fottere. Lui però mi batte sul colpo. "Ho bisogno del tuo aiuto."

Appoggio le mani sui fianchi. Il che non è facile, dato lo stupido giubbino ingombrante che ho addosso. Fa freddo fuori, e il piccolo grembiule leggero della divisa da lavoro permette all'aria di salire lungo le gambe. Le mie mance non sono niente male. Ho più di cento dollari nella tasca, solo per stasera. Sono già spesi, comunque. I miei soldi sono già sempre spesi, prima ancora che mi finiscano in mano.

"Perché hai bisogno del mio aiuto?", chiedo. Si guarda intorno, forse ha paura che qualcuno ci veda. Non mi sorprende: la maggior parte dei ragazzi non vuole essere vista con me in pubblico. A volte fa schifo essere considerato il puttaniero del campus. Soprattutto perché io neanche ci vado a quella stupida università.

"Forse potremmo andare a parlare da qualche parte", suggerisce con un timido sorriso. Sono sicuro che molte ragazze o ragazzi gay si scioglierebbero al mio posto, davanti a quell'aria seducente. Ha un bel viso e lo sa benissimo: sopracciglia scure che si abbinano ai capelli castani e ricci e ha un'impressionante paio di occhi verdi. Ma io non sono come gli altri. Non ci casco.

"Non vado da nessuna parte con te. Se hai qualcosa da dirmi, puoi farlo qui. E sbrigati, perché voglio andare a casa." Sono quasi certo che mia madre non c'è e la mia sorellina è tutta sola. E non va bene. Emette un sospiro secco, sembra arrabbiato. Non m'importa. Qualunque cosa abbia in mente, non credo la terrò in considerazione. Comunque sono troppo curioso, quindi voglio saperla. Così me la gusterò più tardi.

Harry Styles non parla con persone come me. Io sono di qui. Un cittadino del luogo. Lui è il quarterback della nostra squadra di football vincente. E' una superstar, un mito, ha dei fan e tutto il resto. Ambisce alla National Football Leaugue, per l'amor del cielo. Io faccio un lavoro merdoso e arrivo a malapena a fine mese. Mia madre è un'alcolizzata che va a letto con tutti, e la mia sorellina inizia ad avere problemi con la scuola. Viviamo in due mondi opposti. Cos'ha da dirmi?

"La prossima settimana c'è la festa del Ringraziamento." esordisce, e io alzo gli occhi al cielo. Sono molto grato che ci sia, perché tutti se ne andranno e il bar sarà praticamente deserto, così potrò respirare. "Continua."
"Devo tornare a casa" fa una pausa e distoglie lo sguardo, e una sensazione di disagio mi sale lungo la spina dorsale. Perché dovrebbe interessarmi? "Voglio che tu venga con me." Non me lo aspettavo.
"Cosa? Perché?" Ora mi guarda di nuovo.
"Voglio che tu finga di essere il mio ragazzo per una settimana."

Rimango a bocca aperta. Mi sento come un pesce che sta morendo. Chiudo la bocca, la apro. Forse è il mio ultimo respiro. "Stai scherzando."
"No."
"Perché io?"
"Io.." scuote la testa e serra le labbra, come se non volesse dirmelo. "Ti pagherò."
Incrocio le braccia al petto, tenendole sollevate dallo stupido giubbino. Lo odio, ma è il più caldo che ho. Scommetto che sembro un grassone. "Non sono in vendita."
"Ascolta, non voglio pagarti per qualcosa di..sessuale." la sua voce cala di un'ottava e mi viene la pelle d'oca. L'ha detto in un modo sexy, anche se non era sua intenzione. "Voglio solo che tu faccia finta di essere il mio ragazzo. Non condivideremo la stanza da letto. Non proverò a sedurti, ma dobbiamo sembrare una coppia, capisci cosa intendo?"

Non rispondo. Voglio che continui, così potrò ricordarmi di come il famoso Harry Styles mi ha implorato di fingere di essere il suo ragazzo. La situazione non potrebbe essere più surreale di così. "So che hai una vita, un lavoro. Forse ti sarà difficile lasciare da parte tutto per venire via una settimana con me, ma ti giuro che ne varrà la pena." Quest'ultimo commento mi fa sentire uno da quattro soldi. Il puttaniero di cui parlano tutti. Storie gonfiate, così assurde che non mi disturbo nemmeno a raccontare. Sarebbe inutile. "Quanto?" Mi guarda dritto negli occhi e sono in trappola. La trepidazione mi scorre nel sangue mentre aspetto una risposta.
"Tremila dollari."

Meno due giorni.

Ancora non mi sembra vero di aver accettato. Tremila dollari sono troppi soldi per lasciarseli sfuggire. E Harry ne è consapevole. Mi ha avuto nel momento in cui quella cifra sbalorditiva è uscita dalle sue labbra perfette. Nonostante la diffidenza e la preoccupazione per come diavolo farò a lasciare la città per una settimana senza che il mondo crolli in mia assenza, ho detto di sì senza esitazioni.

Forse sono troppo avido. Non posso farmi scappare un'opportunità simile, e questo mi fa sentire malissimo, nonostante io continui a ripetermi che lo faccio per la mia famiglia. Per mia sorella, Lottie. Ha solo tredici anni e odio vedere che ragazzaccia sta diventando. E' dolce, ha un cuore d'oro, ma a scuola frequenta un gruppo di pessimi soggetti e fa cose tipo saltare le lezioni e rubare nei negozi, e so anche che qualche volta ha fumato erba. Ho sentito la puzza sui suoi vestiti.
A mia mamma non interessa. Interessa solo a me. E ora me ne vado per una settimana. Sarà fuori da scuola solo per metà di quel tempo, eppure sarà sufficiente perché si infili in qualche casino. Il tiro alla fune che infuria nel mio cuore mi lascia quasi senza fiato.

"Perché te ne vai?"
Tiro fuori dalla mensola superiore dell'armadio il vecchio borsone che nessuno usa da un pezzo e lo lancio sul letto di mia mamma. Quando atterra, si alza una nuvola di polvere. "Non starò via molto."
"Una settimana, Louis. Mi lasci qui con la mamma per sette dannati giorni." Lottie si lascia cadere sul letto accanto alla borsa e tossisce per la polvere nell'aria. "Non dire parolacce." le do un ceffone sul braccio e lei si rotola con un guaito esagerato. "E' un lavorò speciale che mi pagherà un sacco di soldi. Festeggeremo un buon Natale."
"Non me ne frega un cazzo del Natale."
Le lancio un'occhiataccia, e lei mormora delle scuse poco convinte. Da quando si sente così a suo agio a imprecare davanti a me? Cos'è successo alla piagnucolosa sorellina che mi seguiva dappertutto come se mi adorasse?
"E quale lavoro speciale ti paga un sacco di soldi in così poco tempo?" il sarcasmo nella sua voce è evidente. E' troppo giovane -no, non proprio, mi sto solo illudendo- ma spero che non pensi che sto andando a prostituirmi.
Anche se io mi sento così.

Il mio cervello si sforza di trovare una risposta sensata. Raccontargli la verità è fuori discussione. Non le ho detto quanti soldi prenderò, sa solo che sono tanti. Non l'ho detto neanche a mia madre, non che gliene importi. Sono ventiquattr'ore che non la vedo: ha un nuovo ragazzo, e ora sarà sicuramente con lui.

"Farò il baby-sitter per una famiglia mentre i genitori vanno in vacanza per il Ringraziamento. Hanno tre bambini." La bugia mi esce dalle labbra senza troppa fatica, il che mi spaventa. Lottie scoppia a ridere, la stronza. "Baby-sitter? Tu odi i bambini!"
"Non è vero." in effetti li odio. "E' una bella famiglia." non ho idea se i Styles siano una bella famiglia." "E' sarò in una villa enorme."
Harry mi ha detto che la sua famiglia vive a Carmel. Non ci sono mai stato, ma ne ho sentito parlare. Ho fatto una piccola ricerca su Google in biblioteca e ho visto le fotografie. Sembra un posto fantastico. E piuttosto costoso. Paura.
"Scommetto che non hai voglia di andarci." Lottie si siede e passa un dito sopra la borsa di lana, lasciando una traccia nella polvere. "Sembrerai uno stronzo squattrinato, se ti presenti con questa borsa merdosa."
"Mi hai appena chiamato stronzo squattrinato?" non posso sentirmi offeso, perché ha perfettamente ragione. Sarò ridicolo, con il mio guardaroba da miserabile e con questa borsa strappata e coperta di polvere. Harry scoppierà a ridere. Poi mi metterà in mano un pezzo di cinquanta e mi lascerà alla stazione dei bus, perché capirà in un secondo che sono il peggior ragazzo di copertura di sempre.

"Forse." Lottie fa un sorrisetto. "Spero che il tuo viaggio valga la pena."
Per un attimo mi assale la paura, ma la scaccio via subito. "Sarà così, te lo prometto."
"E se mamma sparisce?" ora mi sembra di avere di fronte Lottie da piccola, la bambina che dipendeva da me, che mi trattava come se fossi sua madre, dato che la nostra è sempre stata inaffidabile.
"Non lo farà" le ho già parlato, e le parlerò di nuovo prima di andarmene. Deve essere tenuta sotto pressione di continuo: io sono la 'mamma', lei la ragazzina. "Le farò giurare di dormire a casa ogni sera."
"Ecco, altrimenti ti chiamerò e ti implorerò di tornare" il sorrisino compare ancora. "Ti chiamerò ancora stronzo squattrinato e ti arrabbierai così tanto che tornerai qui solo per darmi un calcio nel sedere."
"Ora smettila" mi avvicino e inizio a farle il solletico, le dita fra le costole, il suono della sua risata che mi riempie di felicità. "Fermati!", ansima fra un respiro e l'altro. "Lasciami stare!"
In questo sciocco momento, quasi riesco a dimenticarmi di quanto sia merdosa la nostra vita.
Quasi.

Harry.

"Porti a casa qualcuno?" papà mette la mano sopra il ricevitore, ma riesco ancora a sentirlo. "Adele, Harry porta qui qualcuno per il Ringraziamento" che imbarazzo. Non volevo che papà spifferasse tutto alla mia matrigna, non ora che sono ancora al telefono con lui. L'avrebbe saputo prima o poi, ma io speravo poi.
"Come si chiama?", la sento chiedere. Non sembra contenta. Mi si stringe lo stomaco.
"Louis", mi affretto a dire.
Lui rimane in silenzio e a un certo punto penso che abbia riattaccato; poi però sento Adele sussurrare in sottofondo. "Allora, Dan, come si chiama?" sembra una bisbetica gelosa. Probabilmente lo è.
"E' un soprannome o cosa?", mi chiede lui.
"E' il suo vero nome." non ho altre spiegazioni. Dannazione, conosco a malapena Louis Tomlinson. E' del posto, ha venti due anni, ha una sorella piccola e lavora in un bar. Louis ha anche dei bei capelli castani chiaro, occhi azzurri e un corpo fantastico. Ma a mio padre non lo dirò.
Sento ancora parole smorzate e capisco che sta spiegando ad Adele che Louis è il suo vero nome. Lei ride. Che stronza, la odio. Mia madre è morta quando avevo due anni. Non la ricordo, anche se vorrei. Mio padre ha iniziato a frequentare Adele quando avevo otto anni e l'ha sposata quando ne avevo undici. Adele è l'unica madre che io abbia mai avuto. Non la voglio, e lei lo sa.
"Beh, porta il tuo piccolo Louis qui con noi, è più che benvenuto" papà interrompe, e io mi irrigidisco, perché temo quello che potrà aggiungere. "Non sei il tipo da ragazzo fisso."
"Lui è diverso" l'opposto del ragazzo con cui si aspettano che io stia. Ai miei occhi, questo lo rende perfetto.
"Sei innamorato di lui?", chiede papà a voce bassa. "Adele vuole saperlo."
La rabbia ribolle dentro. Come se fossero fatti suoi. "Non lo so. E poi cos'è l'amore?"
"Non fare il cinico."
Senti chi parla. Mio padre è un tipo abbastanza distaccato. Non ricordo l'ultima volta che l'ho visto baciare o abbracciare Adele. Di certo non bacia o abbraccia me -non che io lo lascerei fare.
"Si, beh, usciamo da un po', ma non lo so" faccio spallucce, poi ricordo che non può vedermi e mi sento idiota.
"Non ce ne hai mai parlato prima."
"Cos'è, il terzo grado?" inizio a sudare, solo perché sto mentendo. Oggi non ho ancora parlato con Louis ed è giovedì sera. Partiamo sabato pomeriggio. Dobbiamo incontrarci e metterci d'accordo, anche se suppongo che avremo abbastanza tempo durante il viaggio in macchina di quattro ore per affinare i dettagli.

Mi si secca la gola al pensiero di rimanere solo con Louis nel mio pick-up per quattro ore. Cosa gli dico? Non lo conosco, e sto per portarlo a casa di mio padre e fingere che stiamo insieme. Dobbiamo comportarci come una vera coppia. Cosa diavolo mi è venuto in mente?

"Sono solo curioso. Ci racconterete i dettagli quando sarete qui a casa, ne sono sicuro. Sabato sera, giusto?"
"Già" deglutisco. "Sabato sera."
"Dovremmo essere a un evento del country club. Hai ancora le tue chiavi?"
"Sì" dannazione, non ho proprio voglia di ritornare. Sono successe cose spiacevoli a casa. E' da un pezzo che evito quel posto come la peste. Sono stato fuori città per le vacanze nell'ultimo paio di anni, e ho passato il Ringraziamento o il Natale alle Hawaii nella multiproprietà di mio padre. Oppure sono rimasto a scuola per gli allentamenti di football, o per qualunque altra bugia che mi sia venuta in mente pur di rimanere lontano da loro.
Vita dura, lo so. Da fuori, la mia famiglia sembra perfetta. Beh, per quanto possa essere perfetta con mia madre morta e una sorella morta, una matrigna fuori di testa e un padre gelido. Sì, davvero perfetta.
Purtroppo mio padre ha insistito perché quest'anno passassi il Ringraziamento a casa. L'ultima volta che abbiamo parlato, mi ha detto che era stanco del fatto che tutti cercassimo di evitare quella casa durante le feste. Secondo lui abbiamo bisogno di nuovi ricordi. E io non ne voglio, non lì e non con Adele.
"Ci vediamo sabato" sento i passi di mio padre contro le piastrelle del pavimento, come se si stesse allontanando da Adele. "Stavolta andrà tutto bene, figliolo. Vedrai. Il tempo sarà bello e tua madre è molto più in salute."
"Non è mia madre", sibilo a denti stretti.
"Cosa?"
"Adele non è mia madre."
"E' l'unica madre che tu abbia mai avuto" fantastico. Ora è offeso. "Perché non riesci ad accettarla? Dio, è parte della tua vita da così tanto tempo."
La parte della mia vita più orribile -non che possa dirglielo. Se non l'ha capito allora, di certo non lo farà ora.
"Non mi piace la facilità con cui dimentichi la mia vera madre. Io non voglio farlo", dico arrabbiato.
Per un po' rimane in silenzio; intanto guardo fuori dalla finestra e non vedo nulla. E' buio, pioviggina, il vento sferza il cortile del complesso di appartamenti in cui abito. Oscillano nel buio. La gente pensa che la mia vita sia fantastica. E invece non lo è. Mi faccio in quattro per studiare e giocare, perché mi aiuta a dimenticare. Ho degli amici, o forse non proprio: per la maggio parte del tempo sono solo. Come ora. Sono seduto nella mia stanza, al buio. Parlo a mio padre, e dannazione, vorrei raccontargli la verità. Però non posso. Sono in trappola. Ho bisogno di qualcuno che mi aiuti a sopportare quella che potrebbe essere una delle settimane peggiori della mia vita. Grazie a dio c'è Louis: quel ragazzo non ha idea di quanto mi sarà utile.

E non dovrà mai saperlo.

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