OVUNQUE // Federico Bernardes...

By happinex22

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Dalla storia: "Ancora confuso, Federico entrò nella sua casa torinese. Si gettò di peso sul divano ed evitò d... More

Prologo
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
Capitolo 26
Capitolo 27
Capitolo 28
Capitolo 29
Capitolo 30
Capitolo 31
Capitolo 32
Capitolo 33
Capitolo 34
Capitolo 35
Capitolo 36
Capitolo 37
Capitolo 38
Capitolo 39
Capitolo 40
Capitolo 41
Capitolo 42
Capitolo 43
Capitolo 44
Capitolo 45
Capitolo 46
Capitolo 47
Capitolo 48
Capitolo 49
Capitolo 50
Capitolo 51
Capitolo 52
Epilogo
Extra 1
Kilig
Extra 2

Capitolo 53

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By happinex22

Federico si sentiva talmente confuso da non saper più distinguere quale fosse la scelta giusta da fare, se correre da lei e perdonarla oppure lasciarla andare una volta per tutte, definendo chiuso quel capitolo della sua vita per sempre.

Mentre era steso sul letto ad osservare attentamente il soffitto bianco, si chiese se ne fosse davvero capace. I suoi sentimenti per Rebecca erano nati dal nulla, da tanti pomeriggi passati insieme a studiare, per poi essere approfonditi nei momenti di difficoltà, e si sa quanto proprio quei momenti siano utili per capire se una persona faccia al caso nostro. E lui sapeva in cuor suo di sì. Rebecca era stata lì con lui alle convocazioni in nazionale, era con lui durante l'infortunio, gli era rimasto accanto durante quei mesi duri da sopportare, quando l'unico pensiero che gli vorticava nella testa riguardava il campionato perso e con esso tutte le sue chance di esplodere nel mondo del calcio. E lui?

Quando era toccato a lui restarle vicino, si era spaventato. Sì, aveva avuto paura di non avere più al suo fianco quel pilastro portante della sua vita e, inconsapevolmente, aveva lasciato la presa, l'aveva lasciata andare, piano piano. Fino a quando non si era reso conto di aver perso troppo di lei, della sua Rebe.

"Basta guardare le cose con oggettività, anche se riguardano noi stessi" gli diceva sempre il mister quando provava a difendersi dopo un errore commesso in partita. Ora, per la prima volta, lo stava facendo: guardava tutto con gli occhi di un estraneo. Rebecca non lo aveva tradito, non lo aveva venduto. Lo aveva protetto e lo aveva sempre fatto. Aveva messo il suo bene davanti al proprio, pensando sempre e solo alla sua felicità. Dire di sì alla proposta di Veronica e allontanarsi per sempre dalla vita di Federico era stata la più grande sfida che avesse mai potuto affrontare, ma lo aveva fatto per lui, per potergli garantire un futuro roseo nel mondo del calcio. Non aveva solo bisogno di soldi, di quello ne era sicuro ormai, voleva solo avere la certezza che lui sarebbe stato felice con la sua passione tra le mani e, che anche senza di lei, avrebbe avuto sempre ciò che più lo rendeva felice sin da bambino, il calcio.

"Cazzo" pensò drizzandosi a sedere sulle lenzuola calde. "Cosa ho fatto?"

Guardò il telefono accanto al cuscino, segnava le 6.39 del mattino. Il volo per Madrid sarebbe partito da lì ad un'ora, più o meno. Aveva pochissimo tempo, anzi, aveva giusto il tempo di vestirsi e mettersi in macchina per raggiungerla.

Si alzò rumorosamente dal letto, spaventando Spike accucciato ai piedi del padrone con aria triste. Lo guardò sfrecciare in bagno senza nemmeno coccolarlo ed assunse la sua solita espressione dubbiosa, chiedendosi come mai avesse così tanta fretta di domenica mattina. Federico, d'altro canto, aveva il cuore che batteva all'impazzata, l'adrenalina a mille mentre si infilava il solito pantalone della tuta firmato Adidas e la felpa della Juve. Corse al piano di sotto rischiando di fratturarsi un piede per la velocità con cui scese le scale e, saltellando con una gamba per allacciarsi la scarpa, prese le chiavi della macchina e volò, letteralmente, fuori dalla villa.

Ma il fato sarebbe stato dalla sua parte?

Ovviamente no, cosa vi aspettavate?! La macchina, infatti, non partì, né al primo, né al secondo, né al terzo tentativo. La decima volta girò con violenza la chiave, rischiando di spezzarla e, maledicendo la sua solita sfortuna, batté i palmi delle mani sul volante.

Strinse gli occhi chiusi dal nervoso "mai niente va bene in sto cazzo di periodo" sbuffò. L'orologio segnava le 6.51 e lui aveva sempre meno tempo. Sbloccò l'iPhone in cerca del numero giusto da chiamare, sperando di non beccarsi un rifiuto.

Incrociò le dita mentre ascoltava il solito tu...tu...tu in attesa di sentire la voce assonnata dell'unica persona su cui avrebbe potuto sempre contare.

<<Giuro che se non è perché stai morendo o roba del genere, potrei davvero toglierti la vita in questo preciso istante>> un Andrea Barzagli piuttosto innervosito rispose dall'altro capo del telefono e Federico non fu mai così felice di sentire le minacce del suo buon vecchio amico.

<<Ho bisogno di te Andrè, la macchina non parte ed io devo essere in aeroporto entro le 7.35>> disse tutto d'un fiato, sperando di non essere mandato a quel paese.

Sentì i rumori tipici di coperte spostate con una certa enfasi, la voce assonnata e al tempo stessa preoccupata di Maddalena in sottofondo, mentre gli domandava chi fosse a quell'ora. <<Tre minuti e sono lì, arrivo testa di cazzo.>>

Beh, sarebbe potuto andare anche peggio. E come aveva promesso, tre minuti esatti dopo un clacson strombazzò più volte, annunciando l'arrivo del difensore dei difensori. Federico salì in macchina e, prima che potesse chiudere la portella e allacciarsi le cinture, Andrea sfrecciò lungo la strada imboccando a tutta velocità la tangenziale che li avrebbe portati all'aeroporto di Torino.

<<Dici che ce la faccio?>> chiese tamburellando le dita sul ginocchio ricoperto dai pantaloni in tuta. <<Che cazzo però, tutti questi polentoni dobbiamo trovarci?!>>

<<Calmati cazzo, stai facendo agitare anche me>> sbottò Andrea superando l'ennesima macchina in quel quarto d'ora.

<<Se andassi più veloce, starei più tranquillo.>>

<<Federì, fai sul serio? Sto sfrecciando in tangenziale a 150 km/h, zigzagando tra una macchina e l'altra, rischiando di beccarmi una multa salata dalla società e questo è il tuo ringraziamento?>> fece senza distogliere lo sguardo dalla strada. <<Male che vada ti compro un biglietto per Madrid>> aggiunse.

Se non fosse stato così preoccupato di non arrivare in tempo all'aeroporto, in un altro momento quella sarebbe stata una battuta che lo avrebbe fatto ridere di gusto, ma quello non era esattamente il momento adatto. Andrea sentì due occhi fissarlo e incenerirlo con la sola forza del pensiero e, voltando per poco la testa, lo fissò trattenendo un sorriso a stento.

<<Che c'è? Che ho detto?>> chiese innocuo <<È anche colpa tua se siamo in questa maledetta situazione.>>

<<Ah sì? Che cazzo vuoi dire ora?!>> Federico si passò nervosamente la mano fra i capelli biondi, spostando indietro la folta chioma.

<<Che 'ste idee del cazzo ti vengono sempre nei momenti poco opportuni, Federì! Ci vivi o no a Torino, eh? E non sai che nel weekend la gente se ne va a zonzo, bloccando tutte le statali possibili?!>>

Andrea percepì lo sguardo del collega incenerirlo di nuovo e, questa volta, scoppiò a ridere. <<Smettila di guardarmi così, non avresti potuto bussarle alla porta nel cuore della notte anziché farmi fare tutta questa sfacchinata?!>> domandò retorico senza smettere di ridere. In fondo, molto infondo, dietro alle parolacce che avrebbe voluto dirgli per averlo svegliato così presto, era contento di essere lì con lui e, soprattutto, era contendo di vederlo così deciso a riprendersi Rebecca e la sua fottuta vita.

<<Non sapevo chi altro chiamare, sicuramente Paulo sarà già lì con lei>> si stropicciò gli occhi con le mani chiuse a pugno, come un bambino assonnato. <<È che ci ho pensato tutta la notte se fermarla o no e, Andrè, è più forte di me. Io senza di lei non posso vivere, è la mia donna e voglio averla al mio fianco per il resto della mia vita, senza che nessun'altro si intrometta.>>

Il difensore allungò una mano per lasciargli una pacca sulla gamba sinistra. <<Quando dici che la notte porta consiglio, eh! Peccato tu ci sia arrivato solo la notte prima della sua partenza, testone.>>

Non poteva che essere d'accordo con lui. Aveva aspettato tutto quel tempo, quasi un mese, per pensarci, per prendere una decisione diversa e tornare sui suoi passi, ma soprattutto, possibile che si era lasciato convincere ancora da Veronica, dopo tutto quello che gli aveva fatto passare? "Questa volta è diverso" si disse "per Rebecca, lei è mia, non posso perderla di nuovo".

Sicurezza, la parola chiave che avrebbe cambiato il suo futuro. Si sarebbe fidato di sé stesso e dei suoi sentimenti, del suo istinto, non avrebbe lasciato scegliere più a nessuno per lui, avrebbe fatto attenzione a tutto, ne era sicuro.

Guardò l'orologio: 7. 30. Andrea si fermò sgommando davanti all'entrata dell'aeroporto, facendo scendere l'amico, il quale, si tuffò di corsa nell'edificio.

<<Buona fortuna!>> gli gridò dietro Andrea dalla macchina, incrociando le dita per lui.

L'attaccante juventino si fece largo tra le varie persone che erano pronte a cominciare le loro vacanze chissà dove, mentre altre ne facevano ritorno sconsolati. Spinse involontariamente un ragazzo, schivò due bambini che si rincorrevano tra di loro e, senza dare spiegazioni, dopo essersi fatto spazio tra la folla, tra chi lo riconobbe e urlò il suo nome e chi, invece, gli imprecava dietro, superò con un salto i tornelli del check-in, facendo suonare gli allarmi rossi e scatenando il panico tra le varie guardie in servizio.

Un uomo di almeno 80 kg lo placcò, spingendolo per terra per evitare che scappasse.

<<No, la prego, la perderò...>> Federico urlò disperato, provando ad alzarsi e a togliersi di dosso la guardia.

<<Lei ora mi seguirà e aspetterà la polizia con me.>> L'uomo provò a tenergli fermi i polsi dietro la schiena, con scarsi risultati, visto i movimenti continui del calciatore.

<<Federico!>> una voce familiare si avvicinò <<qué estás haciendo aquí?>>

Paulo e Chiara entrarono nella visuale del toscano. Tornavano dai gate, sicuramente dopo aver salutato la loro migliore amica e inconsapevoli di ritrovarsi ad osservare quella scena.

<<Ho bisogno di fermare Rebecca, aiutatemi, ho bisogno di averla nella mia vita, non può andarsene via così, da me, io la amo.>> Federico farneticava incontrollato, sperando di poter spiegare alla guardia di non avere brutte intenzioni nei confronti di nessuno.

Chiara aveva gli occhi lucidi, non solo per la partenza dell'amica, e dopo averlo osservato lì per terra sovrastato dall'omone grande e grosso, fece forza a tutta la sua arma di convinzione, a tutta la psicologia studiata in quei cinque e anni, per aiutare il suo amico. E Rebecca.

<<Non lo ha riconosciuto? È Federico Bernardeschi, innamorato follemente di una ragazza che vorrebbe conquistare e che è praticamente salita su quell'aereo che partirà fra un minuto esatto>> disse tenendo lo sguardo fisso sulla guardia ora più che confusa. <<Non vorrà impedire a due innamorati di amarsi? Potrebbe essere ricordato come l'uomo che ha rovinato la vita privata di un calciatore per sempre, non ci ha pensato? Lo lasci andare, non ha alcuna arma di cui spaventarsi, tranne l'amore per la sua donna.>>

Non era sicura di averlo convinto così facilmente, ma poi la guardia guardò prima Federico, poi lei, dopo ancora Federico. <<E va bene>> borbottò lasciandolo andare. Bernardeschi non se lo fece ripetere due volte. Si alzò e, come se dovesse rincorrere le palla per gettarla dritta in rete, corse più veloce che poté, ignorando gli sguardi allarmati dei turisti. <<Voglio una foto con lei dopo!>> l'uomo della sicurezza lo avvisò.

<<Gate 6!>> urlò invece Dybala sperando di essersi fatto sentire abbastanza. Federico lo sentì eccome, infatti riuscì a fermarsi in tempo per poter attraversare il tunnel che portava dritto alla pista su cui giaceva un aereo firmato Ryanair, pronto al decollo.

Il vento di dicembre sferzava sul suo volto, facendogli lacrimare gli occhi. Una ragazza stava salendo per ultima le scale che portavano all'entrata anteriore. Era di spalle e Federico era lontano, ma avrebbe potuto riconoscerla anche tra mille mila persone.

<<REBE!>> urlò continuando a correre, ignaro delle centinaia di facce affacciate alle vetrate dell'aeroporto, increduli di vedere un ragazzo fare ancora quelle pazzie per amore.

La ragazza non lo sentì, forse per il vento che le sferzava nelle orecchie, oppure per i pensieri che le occupavano la mente tanto da estraniarla dal mondo.

Federico non si arrese, con un ultimo slancio arrivo alla scalinata, proprio nel momento in cui Rebecca entrò in aereo, scomparendo dalla sua vista. Federico raccolse le sue forze. <<Rebecca, sono qui!>> gridò in direzione dell'entrata, mentre l'hostess lo guardava allibito, pronta a chiamare la sicurezza.

Per un attimo non accadde nulla e Federico pensò di essere ignorato, di non aver ottenuto nulla, di aver perso la sua occasione. Era pronto a salire nell'aereo, stava proprio per farlo, quando un faccino rigato dalle lacrime comparve all'entrata.

Gli occhi verdi erano spalancati dalla sorpresa, le labbra schiuse in un respiro affannoso, non sapeva più come si muovessero i piedi, non riusciva a fare altro che guardarlo lì, giù, ai piedi dell'aereo, lì per lei.

<<Ti amo>> urlò Federico allargando le braccia, pronto ad accogliere quell'uragano pugliese di nuovo nella sua vita, anche se, in cuor suo, sapeva di non averlo mai mandato via. Quelle due semplici parole racchiudevano tutti i suoi pensieri, tutto l'amore e il perdono che voleva donarle, non avrebbe potuto dire altro se non la verità.

Federico Bernardeschi l'amava alla follia e si era fatto tutta quella strada di corsa per dirglielo, di fronte a tutto l'aeroporto che li osservava sorpresi. Rebecca frenò l'istinto di buttarsi dalle scale per raggiungerlo. Scese alcuni gradini ma si fermò titubante, mentre la sua espressione mutava inaspettatamente.
<<Fede...cosa ci fai qui?>> domandò con voce rotta.

<<Non partire Rebe, non andartene di nuovo via da me.>> Federico le andò incontro sulla scala, fermandosi a due gradini da lei. <<Non posso stare senza di te, sei la mia ragione di vita e non voglio perderti ancora.>>

<<Hai detto che ti faccio schifo, come puoi aver cambiato idea...>>

<<Non è vero Rebe, ero pieno di rabbia e odio da non riuscire a guardare le cose con lucidità, ma poi ho capito che sei tu, sei sempre stata tu la donna della mia vita. Tu mi hai protetto, mi hai difeso da tutti e tutto, hai rinunciato alla tua felicità, alla nostra felicità, per me, per far sì che io viva il mio sogno. Hai impedito a Veronica di bloccare la mia carriera, mentre io pensavo soltanto a me stesso e a come poter riavere la vecchia e cara Rebecca>> disse tutto d'un fiato <<ma tu sei sempre stata lì con me, ad aiutarmi, ad incoraggiarmi, a supportarmi, e io? Io ho contribuito a lasciare la presa su di te, spingendoti involontariamente a decidere per me.>>

Rebecca fece un altro passo verso di lui, sentendo il suo cuore battere all'impazzata. Era sincero? Non lo sapeva e aveva paura di ricevere un'altra umiliazione.
Le sue mani fremevano, voleva toccarlo, voleva abbracciarlo, baciarlo, ritornare ad essere un'unica cosa, ma si fermò. <<Ti ho fatto soffrire, Fede, io non credo di essere...>>

<<Non possiamo scegliere le nostre ferite, ma sono contento sia stata tu>> la interruppe prendendole una mano tra le sue, mentre le parlava con gli occhi che la supplicavano di credergli. <<Possiamo riprovarci ancora, amore mio, questa volta andrà bene, ne sono sicuro.>>

Rebecca non avrebbe voluto sentire altro. Con uno slancio si gettò tra le sue braccia, incrociando le mani dietro al suo collo, mentre Federico la sollevava da terra in modo da farle aderire le gambe intorno al bacino. Era la loro occasione, finalmente.

Federico la strinse al suo corpo che si riscaldò subito al contatto con il suo. Sentiva il cuore della ragazza scatenarsi all'interno della gabbia toracica e sorrise affondando il volto nei suoi capelli. "Batte per me" pensò stringendola più forte. Rebecca si scostò leggermente, gli prese il viso fra le mani e lasciò che i suoi occhi parlassero per lei. Incredula di essere arrivata fin lì per poi essere fermata dal suo Federico, Rebecca lo baciò, assaporando quel sapore perfetto di cui non avrebbe mai fatto a meno.

Le loro lingue danzavano ad un ritmo tutto loro, ignare di aver scatenato il delirio in aeroporto: gente che urlava e incitava i due ragazzi, mani che applaudivano e ragazze emozionate che si chiedevano quando sarebbe stato il loro momento. Federico aveva dato una grande dimostrazione di amore alla sua Rebecca, proprio come aveva fatto la ragazza anni prima lasciando Firenze.

<<Posso fare un commento un po' più hot?>> sussurrò il calciatore allontanandosi dalle labbra della pugliese.

Rebecca rise, nascondendo il viso arrossato nell'incavo del collo di Federico. <<Non c'è bisogno, ho già sentito>> disse mordendogli il lobo dell'orecchio.

Dopo pochi minuti, Rebecca tornò nell'aereo per scusarsi con l'hostess e prendere la sua valigia e tornò in aeroporto mano nella mano con l'attaccante juventino.

Il calciatore la guardò sorridendo, non riuscendo a spiegare tutto quello che provava per quella bellissima ragazza. Rebecca le rivolse uno dei suoi sorrisi, ma non uno dei soliti, quello era davvero bellissimo, era pieno di felicità e amore per il suo toscano preferito.

<<Ti amo anche io Fede>> disse fermandosi per baciarlo ancora.

Federico lasciò che i loro sapori si rimescolassero, mentre la sua testa sostituiva al nome felicità quello di Rebecca.

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