Il Trono di Fiori

By HANPUCCINO

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Parte tutto da una domanda: "E che ne hai fatto della promessa - รจ ๐˜ด๐˜ฐ๐˜ญ๐˜ฐ ๐˜ฑ๐˜ฆ๐˜ณ ๐˜ต๐˜ฆ - di farmi sedere su... More

IL TRONO DI FIORI

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By HANPUCCINO

La prima volta che lo rivede, si ritrova a pensare che Changbin non sia altro che una visione distorta di quello che, un tempo, era stato il ragazzo dipinto nei suoi sogni più profondi: ha gli occhi scuri ーmolto più scuri di quello che Jisung ricordavaー e grandi, languidi, ultraterreni; e la pelle chiara, diafana. Così chiara e diafana che Jisung ha quasi paura di romperla sotto al suo sguardo che di innocente ormai ha poco. Così chiara e diafana che è troppo per lui.

La prima volta che lo rivede, Changbin è divino, immacolato, degno di sedere al trono di Zeus ed essere ammirato con invidia.
Sembra splendere di luce propria, attirare il vento nella sua direzione.

No,

si dice Jisung, fissandolo con quegli occhi che sono sempre riusciti a vederlo davvero,

questo non è Changbin.

Perché lui sa che Changbin è lontano dall'essere perfetto, intoccabile, di porcellana.
Oh, quanto lo sa: lo ha visto, toccato, sentito, assaporato.
Lo ha bagnato delle proprie lacrime.
Se lo è goduto fino all'ultimo mese, giorno, ora, minuto. Fino all'ultimo respiro condiviso.
Lo ha preso tra le braccia, quel bambino difettoso dalla pelle marchiata, e lo ha tirato verso di sé fino a quando la terra sotto ai piedi non l'ha più sentita.
Lo ha stretto forte -sempre di più- fino a quando il suo ululato non si è placato, fino a quando la notte non è finita. Fino a quando qualcuno non gli ha strappato dal torace quel suo cuore vivo e pulsante, per constatare che pulsasse davvero. *¹

Jisung conosce a memoria ogni dannatissima sfaccettatura di Changbin e potrebbe essere in grado di disegnare ognuna di esse su tela: i colori accesi, quelli spenti, le sue macchie, i suoi difetti, i suoi tagli, le sue ferite più profonde, le sue nocche, le linee dei suoi palmi.

Oh, quanto potrebbe farlo.
Oh, quanto vorrebbe farlo.

Guarda la pelle pulita di Changbin e si ripete che, un giorno, la sporcherà di tutto quello che si ritrova tra le mani: di tutto il falso sentimento, di tutto l'oro colato, di tutto il sangue versato.




Prendi quel che rimane dei tuoi miti sfregiati, dei tuoi racconti senza inizio, delle tue grida senza via d'uscita. Prendi tutto e assapora la codardia e tutte le menzogne riposte in quelle promesse che non hanno mai visto luce. Prendi, prendi, prendi. Prendi il mio viso nelle tue mani; guardami negli occhi; dimmi quello che sai non voglio sentirmi dire.

Ti farò sedere su di un trono di fiori. È solo per te. Un segreto tra di noi. Un cuore cucito nel petto di un bambino nato dal fuoco e cresciuto dall'acqua. Lo prometto, Jisung. Un giorno siederai su un trono di fiori - i più belli di tutto il paese e i più profumati del mondo intero - e avrai il completo controllo su quello che rimane del mio cuore malato. Devi guarirlo, Jisung.

Tu ed il tuo stupido trono di fiori.



Ma da quei giorni, dal quel tempo in cui le parole dell'altro - è solo per te - svolazzavano leggiadre nell'aria pulita di un universo sporco, sono passati anni.
Uno, due, tre, quattro.
Jisung ha perso il conto.
Cinque, sei, sette, otto.
Jisung è così abituato ad alzarsi la mattina che non sa nemmeno più perché lo faccia.

Gli anni che sono passati sono tanti -meno di quello che uno si aspetta, più di quello che uno riesce ad immaginare- e Changbin è diverso, irriconoscibile,
un uomo in tutto, ma non per tutto: la camicia azzurra che risalta i pettorali scolpiti, i pantaloni neri che mettono in mostra i muscoli delle gambe, la mascella ben messa, gli zigomi ben scolpiti.

Changbin è etereo, una visione mozzafiato.

Eppure Jisung lo conosce e, questa prima volta in cui lo rivede, il sorriso dell'altro riflesso nel suo, quasi sembra volergli chiedere: e che ne è del tuo cuore appassito?

Perché Jisung sa che l'esterno non riflette l'interno, che l'oceano è più vasto di quello che appare, così come sa che i ragazzi come Changbin non potranno mai essere salvati. Né dai loro sbagli, né da loro stessi.
Costretti ad annegare, per vedere il fondo.
Costretti a bruciare, per godersi la luce.

Così, Jisung ride alla vista dell'uomo che l'altro finge di essere, pregando che, un giorno, la cera bollente della candela che accende ogni notte ricada sulla pelle senza imperfezioni del ragazzo che gli sta davanti, marchiandolo di un nuovo crimine, di una nuova maledizione.
Ride, prega, mastica e sputa il dolce sapore di una oscurità che nasce dalle viscere e che si fa strada nelle vene.
Ride nel profondo e ride nel silenzio, nel buio, nel freddo del suo cuore. Ride, ride e ride ancora, senza che nessuno lo senta; senza che nessuno se ne accorga. Mastica. Da una parte, il miele. Mastica. Dall'altra, la cera. Sputa.*²



Tu, Changbin, sei fango putrido.
Non ti meriti una buona parola, un abbraccio caldo, una stretta di mano amichevole.
Non ti meriti una speranza, una vita benevola, un caminetto acceso nelle giornate invernali.
L'unica cosa che ti meriti è di sederti su un trono di spade. Lunghe, affilate, pronte a tagliare la pelle e sgualcire gli organi.
Un trono che, un giorno, non vedrà altro che le tue ossa.
Perché sei stato un bimbo, sei stato un ragazzo, sei stato un figlio, ma un uomo non lo sei diventato.
Non lo sei diventato e non lo diventerai mai.

Tu, Jisung, sei acqua viva.
E io... Oh, io mi perdo nel tuo mare,
nutrendomi di quella purezza che possiedi solo tu.
Te lo ripeto, ancora una volta:
ti farò sedere su di un trono di fiori. È solo per te.
Sarà solo tuo. Tuo, tuo, tuo e tuo.
Nessuno oserà toccarlo e io lo proteggerò.
Ti proteggerò.
Dal male, dal bene, dal conosciuto e dall'ignoto.
Ti prenderò la mano e tu sarai seduto su un trono di fiori. Di nuovo, i più belli del paese; i più profumati del mondo.

Tu ed il tuo dannato trono di fiori.




Eppure, le dita che toccano la mano dell'altro, Jisung non vuole spezzare Changbin. Sa che non potrebbe mai farlo: si conosce troppo bene.

Così, sorride raggiante, lo sguardo sicuro, mentre una risata che nasce dalle radici appassite del suo cuore si fa strada nei suoi nervi.
Sorride con la bocca, i denti bianchi e le labbra fini e rosacee, perché è tre volte traditore: di giorni violati, d'amore, di notti andate a male.
Ma sorride soprattutto con gli occhi - non più trasparenti come quelli di un bambino - e illumina la stanza della sua aura innocente, positiva, infinitamente bianca.
E Jisung lo sa; ne va anche fiero:

tieni, Changbin. Prenditi questo mio risplendere. Masticalo, ingoialo. Non sarai mai così. Togliti la maschera, avanti. Lo sai meglio di me che si può ingannare tutti tranne se stessi.

― Non hai mai smesso di fiorire.

La voce di Changbin è pesante. Arriva come un terremoto e fa tremare tutto quello che Jisung possiede. Fa tremare il cuore, fa tremare i pensieri, fa tremare le gambe. Ma mette in mostra il vero, il reale, il mondo che si può toccare con mano. Mette in mostra la codardia e mette in mostra la vergogna.

― Tu non hai mai smesso di appassire.


È bastato niente; al contempo, è servito tutto.
Ti voglio veder urlare, Chanbin. Urlare fino a quando la tua voce non si sentirà più; urlare fino a quando non saprai più perché lo stai facendo.
Lo senti, il suono del legno che si spezza?
Lo senti, il battito accelerato del tuo cuore?
Non spezzarti, Changbin, urla solo.
Urla fino a quando non significherai più nulla, per me. Né amore, né odio: non ti meriti nessuno dei due.

Ti amo, anche se l'amore non esiste.
E ti bacio, perché mi sento morire se non posso farlo;
Ti bacio, perché sei l'unica anima viva, concreta, pulsante, in un mondo di morte che non vede la luce da tempo immane.
Ti meriti tutto l'amore che io non avrò mai.
Ti meriti un amore protetto dai petali dei fiori che il tuo trono custodirà. Sei troppo prezioso, e questo
è solo per te.

Tu e le tue stupide menzogne.




Jisung non lo sapeva, all'inizio, che le bugie profumate d'ortensia sono sempre le peggiori.
Lo ha capito solo dopo, quando il dopo era già tragedia ed il fuoco lo bruciava vivo.

Dolce era il respiro di Changbin; dolce era il suo profumo tra le lenzuola ancora calde; dolci erano le sue bugie-blu e meravigliose-, lasciate ad appassire ai piedi di un letto che, anni dopo, non lo avrebbe visto più.

Jisung non sente il profumo di Changbin da tanto tempo, ormai, e si chiede se i traditori emanino tormento, piuttosto che una dolce melodia di suoni che non si sentono; che non sono altro che fragranze miscelate per inebriare i sensi.
Se lo chiede ma non osa avvicinarsi, perché vuole rialzarsi dopo la caduta, ma conosce chi ha di fronte: e Changbin non lascia andare.


Sotto un cuore di cristallo, cosa può celarsi?

L'amore più segreto e meraviglioso che esiste.
So di averti sporcato, ma perdonami, se puoi.

Sai di avermi sporcato, e il mio perdono non lo avrai mai.

Amor, ch'a nullo amato amar perdona

Amor condusse noi ad una morte.

L'amore non è un gioco e io non so qui per amare chi mi ama. Non so qui per amare te, di nuovo, calandomi nel buio di un pozzo senza luce; nel buio di dolci bugie appena sussurrate.

Ti porterò la luna e ti farò sedere su un trono di fiori: i più belli del paese, i più profumati del mondo intero.


Il nostro non è un amore che resisterà anche dopo la morte. Non lo è mai stato, e non lo sarà mai.

Il nostro amore non perdona.

Dove vai, Jisung?
Dove stai andando?

Hai mai visto qualcuno annegare?

Ti farò sedere su un trono di fiori.

Annega.



― Sei il mio mondo. Ancora. Per sempre.

Le parole di Changbin sono sussurrate, appena udibili. E Jisung rilascia una risatina, perché le stronzate le sente sulla pelle: marchi invisibili che il più grande gli ha lasciato.

― Se lo fossi, a quest'ora, sarei seduto su un trono di fiori.




È solo per te.

☆☆☆

*¹  basato sulla frase "le strapperò dal petto il cuore ancora pulsante, per vedere se brucia davvero", da Il Trono di Spade III, Tempesta di Spade.

tratto dalla canzone "Ho visto Nina volare", di Fabrizio De André.

Dante Alighieri, La Divina Commedia: INFERNO, CANTO V, II CERCHIO (i lussuriosi), Paolo e Francesca.

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