Kairós

By thevanishingwriter

325K 9.5K 10.9K

«Benvenuta sull'isola del vento.» More

Intro: Kairós
0. La battuta della pollastrella
Parte prima:
1. È stato Harry!
2. Non guardarle il culo
3. Sassy Queen
4. Tu vuoi rimanerci là sopra?
5. Scontro tra titani
6. Parli del sadomaso?
7. Spicchio di luna
8. L'isola del vento
9. Non muoverti
10. Atti osceni in luogo pubblico
12. Disordine
13. Mani di burro
14. L'arte del ricominciare
15. Toccare il fondo
16. Euridice, Orfeo e la Luna
17. Uno schiaffo e una carezza
18. Il trionfo dell'improbabile
19. Il miracolo dell'imprevisto
20. Il tuo posto preferito
21. Cala levante
Parte seconda:
22. La giostra della morte
23. Effetto farfalla
24. Il rischio del silenzio
25. Sincerità, maligna nei tuoi occhi
26. Nei guai fino al collo
27. Dottor Jekyll e Mr. Hyde
28. Testa o croce
29. Quello che nessuno ti insegna
30. Stravolgere i piani
31. Seasalt Bay
32. Il sapore della sconfitta
33. Nemo e i costumi di Halloween
34. Voce spezzata
35. Campo da paddle
36. Perdere il controllo
37. Dove non c'è peccato
38. L'inizio di tutto
39. Bacio d'addio
40. Il suono del silenzio
Epilogo
Ringraziamenti

11. Caos e quiete

7.2K 282 447
By thevanishingwriter

Come avevo detto in bacheca, c'è una seconda parte a quel capitolo e ve la pubblico adesso. Fatemi sapere cosa ne pensate, perché sono un po' insicura. Ovviamente se trovate qualche errore spero possiate perdonarmi, ma oggi sono sul serio fusa, lmao.

In più vorrei fare un ringraziamento speciale ai Cigarettes After Sex per avermi dato TUTTA (e dico tutta) l'ispirazione per questo capitolo.

By the way this bitch went from "ho scritto 0 parole in due settimane" to "ho scritto 7k parole in tre giorni" and I think that's fucking powerful






HARRY

<<Tu hai idea di quanto sonno io abbia,>> le domando, sentendo i miei occhi bruciare per le eccessive luci dell'ascensore. Lei se ne sta in un angolo, mordendosi un'unghia, sospirando di tanto in tanto <<vero?>>

<<Mi dispiace>> la sua voce è così sottile da mettermi i brividi, mentre guarda la punta dei suoi piedi nudi con aria colpevole.

<<Non fa nulla, non è colpa tua>> stringo la mandibola, richiamandomi per essere stato forse troppo duro con lei. <<Non potevi saperlo>> aggiungo, vedendola sgranare gli occhi per qualche attimo — come se qualcosa in lei si fosse acceso, come se avesse avuto un'idea maledettamente geniale. Eppure chi vogliamo prendere in giro? Quello che si veste da clown almeno tre giorni alla settimana è Niall, non io.

La verità è che mi fa piacere, nonostante io sia distrutto, nonostante domani abbia da fare e debba occupare il turno alle piscine — per scattare foto ai turisti e provare, in modo cortese e non troppo invasivo, a vendergliele.

Il mio turno comincia alle nove, ma mi tocca cominciare alle sette per dare una mano a risistemare — dato il ritmo frenetico e la mancanza di personale. Mi strizzo gli occhi, convincendomi a rimanere sveglio, ché la verità è che voglio assaporare ogni attimo di questi secondi passati insieme e non sarà di certo il sonno a fermarmi dalla mia impresa.

Le porte dell'ascensore si aprono e mi avvio, girandomi di tanto intano per accertarmi che mi segua, ma, tuttavia, lei è ancora ferma.

<<Sono a piedi nudi,>> sospira, scrollando le spalle e guardando con riluttanza il pavimento.

La testa mi scoppia e, questo dettaglio, sembra non aiutare la situazione. Eppure guardarla mi sprona a scavare a fondo e cercare quel briciolo necessario di vitalità, perché è come se fosse la cura, l'antidoto, il sacrificio che mi spinge a dare del mio meglio per non crollare.

<<Fa niente, posso rimanere qui>> si dondola sui talloni, inclinando la testa di lato, ed io non posso fare a meno che sorridere, osservala così stanca e meravigliosamente bella, così delicata da apparire come un fiore. Sono quasi consapevole di non poter mai più arrivare ad esserle così vicino, a guardare la sua parte più vulnerabile che solo la notte riesce a far emergere — ché ciò che porta a galla l'alcol è prettamente marginale.

Scuoto il capo, immaginandomi Zayn che calpesta l'ennesimo mozzicone, sussurrandomi: <<Guarda come ti sei ridotto per una donna>> scuotendo il capo in libera disapprovazione.

Dopo qualche attimo lei è tra le mie braccia, mentre spalanca gli occhi dalla sorpresa e si aggrappa con le mani dietro la mia nuca, accoccolandosi lentamente al mio petto.

<<Non vale se dormi, lo sai?>> domando con tono beffardo, sforzandomi di usare le mie ultime energie per accennare un sorriso <<Questo deve essere un lavoro di squadra>>

Lei in risposta socchiude maggiormente le palpebre, inspirando il profumo e rilassandosi visibilmente — ed è un'impresa non cedere per la stanchezza, non riversarmi al suolo per lo sforzo di portarla tra le braccia per metà resort, con una simile stanchezza addosso.

Ma ben presto arriviamo ed io, dolcemente, lascio che rimetta i piedi a terra e barcolli fino al divano più vicino, posando il capo sul bracciolo e riprendo a chiudere gli occhi. Sospiro, inumidendo le labbra e costringendomi a non seguirla lì sopra, mentre lo sfinimento sembra divorarmi vivo, penetrare in ogni mia giuntura per farmi sentire sull'orlo del collasso. Nervosamente mi ripasso le dita tra i capelli, e nella mia testa c'è il caos più assoluto, ché mi costringo a rivivere la scena di poco prima ancora, ancora e ancora.

Un ragazzo richiama la mia attenzione, gettando qualche occhiata stranita a Vivienne ad un paio di metri da noi. Mi sembra difficile mettere insieme le parole, posizionarle una dopo l'altra in una frase di senso compiuto, perché sono completamente offuscato da desideri peccaminosi, traboccanti di lussuria. Ci sono poi così tante altre domande che sembrano destinate a non avere una risposta al momento. Un dubbio costante sembra ronzarmi in testa e potrei anche giurare di sentire qualcuno sussurrarmi di scavare più a fondo e studiare la questione: perché, presumibilmente, Nick non si trova in stanza?

Le mie dita battono sul bancone ed il ticchettio dell'orologio diventa un rumore così insistente da trasformarsi quasi in un tormento, ed io prego con tutto me stesso che gli ingranaggi del mio cervello funzionino, che lavorino in modo sinergico per procurarmi soluzioni effettive, per suggerirmi cosa fare, come comportarmi.

Il ragazzo, Scott secondo quanto recita la targhetta, mi porge la chiave di riserva, come richiesto, e un paio di pantofole usa e getta, di solito in dotazione con l'accappatoio. Sorride appena, indicando con un cenno del capo la ragazza alle mie spalle: <<Almeno, così, non devi necessariamente portarla in braccio>>

Annuisco, ringraziandolo, prima che lui mi richiami un'altra volta: <<La chiave riportala entro domani mattina, mi raccomando>>

Le scuoto la spalla e lei, in risposta, non mi rivolge altro se non mugolii di disapprovazione, mentre si aggancia con sempre maggiore forza al bracciolo.

Con grande riluttanza si mette in piedi e quasi, con un pizzico di delusione, spalanca gli occhi alla vista delle pantofole di spugna bianca, col logo oro, realizzando che le toccherà camminare. Così ripercorriamo a ritroso il percorso, io dietro e lei un paio di passi più avanti, in modo tale che posso controllare che non si addormenti per terra o ne faccia una delle sue, ché il mio obbiettivo, ora come ora, è accertarmi di riportarla sana e salva in camera.

Rilascio un sospiro quando ci ritroviamo nello stesso corridoio, davanti alla medesima stanza, e quest'ultima si apre non appena striscio la carta — facendo illuminare la spia luminosa di verde e non più di rosso.

Lei spinge la porta, entrando, ed io resto sulla soglia, non sapendo cosa fare, come comportarmi o addirittura cosa dover pensare, eppure ci pensa lei a rompere il ghiaccio, con una naturalezza disumana, mentre con una scrollata di spalle scaccia via tutti i miei dubbi:
<<Che fai impalato lì fuori?>>

Inarca un sopracciglio, spostando tutti gli oggetti dal materasso alla scrivania e afferrando un foglio di carta avorio, infilandolo con lentezza all'interno di un cassetto, dopo averlo osservato per una manciata di secondi.
Sulla scrivania stessa, poi, raccoglie un foglio di carta semplice, su cui una bella calligrafia ordinata ha velocemente scarabocchiato una parola dopo l'altra. Questa volta, invece, la carta viene appallottolata e gettata all'interno del piccolo cestino.

Richiudo la porta, osservandola che armeggia con gli oggetti sulla superficie lignea, mentre li riordina piano, con tutta la calma del mondo. Ingoio un groppo di saliva alla vista della sua chioma che viene prontamente raccolta tramite un'elastico, lasciando il suo collo scoperto.

Apre il frigo bar, lasciando che il suo viso venga illuminato dalla luce fredda che fuoriesce, mentre fruga all'interno degli scompartimenti: <<Vuoi bere qualcosa?>> domanda.

<<Un po' d'acqua, grazie>> faccio un colpetto di tosse, accomodandomi sul bordo del materasso, mentre lei estrae ciò che ho chiesto assieme ad una lattina di Seven Up.

Si siede esattamente di fronte la mia figura, posando il mento sul palmo e stringendo appena le palpebre per mettermi meglio a fuoco — mentre sorseggia la sua bibita.

I miei gomiti finiscono sulle ginocchia e il bicchiere oscilla, impercettibilmente, tra le dita. Il ticchettio dell'orologio scandisce il tempo, ma questa volta c'è qualcosa di diverso.

Dopo pochi secondi lei si alza, avvicinandosi alla mia figura e sfiorando, con i polpastrelli, il profilo del mio mento, osservandomi a labbra schiuse e aria assorta. Si abbassa, facendo sfiorare la punta del suo naso contro la mia pelle, e le sue labbra si posizionano a pochi centimetri dal mio lobo: <<Vado a farmi una doccia>> è l'unica cosa che si lascia sfuggire, trattenendo un sospiro e procedendo a piedi nudi verso il bagno, la cui porta semichiusa contribuisce ad illuminare la stanza di una fioca luce dai toni caldi.

Non posso far altro che scompigliarmi i capelli, strappando alcune ciocche in preda alla frustrazione. Che cosa sto facendo? Come sono addirittura arrivato ad un punto simile?

Prima che possa anche solo mettermi a riflettere, le mie gambe si muovono con incertezza, arrancando fino alla porta semichiusa e gettando un'occhiata alla lattina che ha abbandonato sul comodino, quasi completamente piena.

Le mie nocche battono contro il legno e non posso far altro che corrugare il viso, mordendomi l'intero della guancia come rimprovero: <<Vivienne...>> le parole mi muoiono in bocca, mentre sento il soffione della doccia e un rumore secco, tipicamente formatosi dopo che i vestiti cadono al suolo.

<<Senti...>> mi schiarisco la voce, finendo a tossire per un po' di saliva che mi va di traverso. <<Vedi, io...>> stringo i miei palmi in pugni, morsicando la lingua e maledicendomi per essere così impacciato, in preda al panico e l'incertezza in un momento simile. Altri vestiti che cadono, il soffione della doccia che lascia scorrere una maggiore quantità di acqua.

<<Sì?>> la maniglia si abbassa, facendomi indietreggiare istintivamente di qualche passo. Sgrano gli occhi, battendo qualche volta le palpebre e perdendo la facoltà di aggiungere qualsiasi cosa, di nuovo — ché il suo completino color carta da zucchero lascia ben poco spazio all'immaginazione, ma piuttosto si preoccupa di farmi battere il cuore all'impazzata.

"Come se tu non avessi mai visto una donna" sento la voce di Zayn rimbombare, prevedendo cosa mi avrebbe detto in un momento simile o, almeno, cosa mi direbbe se venisse a sapere della mia reazione in questo momento.

"Nemmeno era nuda" aggiungerebbe Niall, addentando la sua carne con un cenno di disapprovazione, con tutta la salsa barbecue spalmata su bocca e mento.

<<Anche tu vuoi fare una doccia?>> domanda, battendo le palpebre e pronunciando tali parole con un'innocenza destabilizzante — nonostante, dal sorrisetto sghembo che mi rivolge, sono quasi sicuro che sia un tono di voce più che voluto.

Scuoto il capo, evitando di schiaffeggiarmi in una presenza e preferendo, piuttosto, pizzicarmi la gamba, sperando con tutto me stesso che sia un gesto in grado di passarle inosservato. Sono nel mio sogno erotico, cazzo.

<<Al momento no>> scuoto il capo e lei scrolla le spalle, girandosi appena per incamminarsi verso il box doccia, i cui vetri sono ormai appannati dal vapore. Il suo fondoschiena è senza dubbio sodo, così perfetto da essere quasi stato disegnato con un compasso. Così le mie mani finiscono nuovamente tra i capelli, impedendomi di immaginare cosa possa esserci dietro quell'ultimo pezzo di tessuto.

<<Oh, porca puttana>> borbotto, alzando il mento e provando, duramente, a cercare qualcosa sul soffitto che possa attirare la mia attenzione, più delle sue gambe nude e del suo sedere — visione che mi provoca uno strano pizzicore alle mani, ché vedere ma saper di non toccare sembra distruggermi allo sfinimento.

<<Puoi darmi una mano?>> la sua voce flautata mi giunge alle orecchie ed io mi dispero nuovamente, ignorando la parte di me stesso che mi supplica di scappare, ma piuttosto alimentando il mio lato masochista, decidendo di rimanere a soffrire sotto questa lenta e dilaniante tortura.

<<È un po'... difettoso, ecco>> china appena il capo, incrociando le caviglie, aspettando che io la raggiunga. Ed io, il passo avanti, lo faccio eccome, mentre, ad un paio di centimetri da lei, ingoio un groppo di saliva, pregando con tutto me stesso che il tremolio alle mani si arresti con effetto immediato.

<<Questa... cosa è sbagliata>> sussurro, posizionando due dita al di sotto del gancetto del reggiseno. Sospiro, vedendo le spalline di esso cadere lentamente.

<<Mi chiedo cosa sia giusto, allora>> la sua voce appare come qualcosa di lontano e distorto, ché troppo preso dai suoi seni tondi, dalle sue labbra schiuse e la sua pelle candida. Così i miei polpastrelli si agganciano alle cuciture dei suoi slip, lasciando che scorrano sui bordi del tessuto in pizzo — risalendo fino alla fine, sfiorando appena il suo sedere sodo con le nocche delle mie mani ancora tremanti.

Lei mi appare quasi come uno spettacolo, con la bocca rosea, il mento alzato come se pendesse dalle mie labbra, dai miei sfiori e da ogni mia decisione, le palpebre socchiuse e il suo petto che si alza e s'abbassa irrequieto.

Ed io non faccio altro che guardarla, osservarla e studiare le sue pupille che, con devozione, non smettono di perdermi di vista. Afferro tra le dita il bordo dell'ultimo pezzo di stoffa che separa me dalla sua carne, tirandolo lentamente, per poi rilasciarlo con uno scatto veloce — vedendola sussultare per il veemente impatto contro la sua pelle.

<<Non so più cosa sia giusto o sbagliato>> scosto i suoi capelli su un lato, pressando le mie labbra sul suo collo per un bacio casto — e lei mugola nuovamente quando il cavallo dei miei pantaloni preme appena sui suoi glutei.

Ansima il mio nome con la sua voce soave, il fiato corto, e a me sembra di poter toccare il paradiso con un dito, mentre tutto il resto del mio corpo brucia tra le fiamme dell'inferno, ridotto lentamente in cenere dal peccato, dal risentimento, dalla lussuria.

Ingoia a vuoto, mentre faccio qualche passo indietro, allontanando il bacino dal suo sedere e lasciando che si giri appena, incastrando il suo corpo tra il mio ed il lavandino. Le sue mani lentamente scendono lungo i fianchi, agganciandosi alle sue mutandine e tirandole giù, sottoponendomi alla vista del suo corpo interamente nudo.

Per un attimo quasi sembra che lei sia un angelo venuto per la mia salvezza, qualcosa di così candido e puro in netto contrasto con me stesso e tutto quello che mi frulla in testa.

Ed io mi sento Lucifero, un essere così spregevole e cattivo in confronto a tutta quell'innocenza, quel candore che nasconde cascate di malizia, lussuria, bramosia — mischiando il mio inferno al suo paradiso, come se fossimo l'anello di congiunzione tra bianco e rosso, bene e male, giusto o sbagliato.

Le mie mani prudono, pizzicano insistentemente all'idea di chinarmi e baciarla, congiungere le mie labbra con le sue, lasciar sfiorare la mia lingua con la sua e affondare le mie dita nelle sua carne. Tuttavia faccio appello a quel poco autocontrollo che non è stato completamente logorato dalla mia libidine, costringendomi a non macchiare la sua purezza, ché un essere così meraviglioso si merita il paradiso, piuttosto che le scarlatte fiamme del fuoco, destino da cui io non posso trarre salvezza. Eppure mi chiedo se rimarremo sempre due cittadini di universi paralleli, oppure se lei, con la sua immensa generosità, possa insegnarmi un po' di bontà, rendendomi degno di starle accanto. Ma non sarò io ad accoglierla nel mio mondo, costruito da peccati lascivi e sfibranti. Lei, angelo senza colpa né macchia.

<<Sei bellissima>> è l'unica cosa che mi lascio sfuggire, mentre le sue gambe tremano e i miei polpastrelli bruciano a contatto con lei — e mi chiedo se ci sia un pezzo di paradiso in me e un pezzo di inferno in lei, se uno dei due possegga il caos o la quiete dell'altro.

Le mie dita accarezzano per l'ultima volta i suoi capelli, prima di ricadere lungo il busto e lasciare che io faccia qualche passo indietro, poggiando la schiena sulla parete opposta.

<<Mi faccio una doccia,>> si bagna appena le labbra, inclinando il capo di lato e sorridendo: <<e tu puoi guardare, se vuoi>>

Annuisco, gettando un'occhiata veloce all'intimo color carta da zucchero ammucchiato in un punto a terra, mentre mi poggio sui bordi del lavandino, incrociando le braccia al petto.

Lei entra piano tra le pareti del box, un po' appannate dall'acqua calda che scorreva indisturbata anche poco prima — e fosse stata un'altra occasione, sarei stato abbastanza pignolo su uno spreco simile, ma, al momento, le tematiche ambientali non hanno la mia più totale attenzione.

Si insapona lentamente, lasciando che si cosparga dell'essenza della lavanda, mentre reclina appena il capo per godersi il getto d'acqua calda sulla sua pelle lattea. Le sue dita si accarezzano i seni, lasciando scorrere il bagnoschiuma lungo ogni centimetro di pelle.

Per qualche attimo mi libero di tutta la libidine che mi circola in corpo, guardandola completamente estasiato, come se fosse un'opera d'arte da ammirare ed io, ora che ci rifletto, sono sicuro di poterla amare per tutta la mia vita e qualunque cosa ci sia dopo.

Tutti questi passi avanti appaiono come un bizzarro evento nato da una strana coincidenza, una miscela di fattori che giocano a nostro totale favore. Ma sono completamente certo che non sarà altro se non un breve frangente, l'attimo fuggente da cogliere al volo, prima che riprenda a viaggiare — e noi a cercarlo di nuovo, in modo più frenetico.

Domattina questa magia svanirà, noi torneremo a fare passi indietro, e io fingerò di esserle indifferente, di essere un automa privo di sentimenti, la osserverò da lontano, scrivendo pagine di poesie e lasciandole volare sulla spiaggia, come se regalassi le mie emozioni al vento, provando invano a svuotarmi de esse — sperando che un giorno o l'altro si trasformino, posandosi su due persone legate da un amore fattibile, con tutto l'augurio che possa essere costante, famelico e massacrante come il mio, ché sento di starmi consumando lentamente nell'attesa che lei possa sostituirsi agli spazi vuoti.

L'acqua le scorre sul viso, mentre lei si bea del tocco delicato e irruente del fluido bollente — facendo scivolare il sapone lungo le sue gambe.

A braccia conserte, con le caviglie incrociate, la osservo che si stringe all'interno della spugna bianca, con i capelli ancora gocciolanti. Il suo viso struccato mi permette di osservare la pelle del viso cosparsa di qualche lentiggine, resa appena appena visibile grazie al sole.

<<Puoi usare il telo alle tue spalle,>> batte appena le ciglia, stringendosi l'asciugamano al corpo con una presa quasi ferrea, al punto da farsi divenire le nocche bianche, come se il tessuto bianco fosse la sua unica ancora di salvezza, il suo appiglio.

Scompare in camera da letto, lasciandomi solo a contemplare il silenzio, il cuore che batte così forte da scaldarmi l'anima e le mie emozioni.

Mi spoglio quasi subito, non preoccupandomi neanche di socchiudere la porta per la sensazione che, per un motivo o l'altro, lei non si azzarderebbe mai ad entrare.

Lascio che l'acqua mi ripulisca di tutto quello che è successo nelle ultime ore, che pian piano il getto bollente rimetta ordine tra la confusione che vige nella mia testa, mentre le mie mani scendono lente lungo il torace, preoccupandosi di trasformare il mio desiderio in ondate di piacere.

Infine mi rivesto, non avendo vestiti puliti a disposizione e trovando alquanto inopportuno, e imbarazzante, chiedere a Vivienne se Nick abbia qualcosa che io possa indossare.

Lentamente mi avvio verso la camera da letto, sorridendo appena nel vederla stesa al centro del materasso, con le mani sullo stomaco e i capelli asciutti, leggermente ondulati e sparsi sul cuscino. Si gira a guardarmi, copiando il movimento delle mie labbra. Indossa un pantaloncino di tessuto, grigio, ed una canotta rosa con una piccola rana in verde.

Ridacchio, percependo il cuore fare una capriola per il suo capo d'abbigliamento, e sentendo una briciola d'amore in più posarsi sul mucchietto. Ma lei è così frastornata che probabilmente neanche ci fa caso alla mia reazione, mentre mi segue con lo sguardo.

<<Ho usato uno degli spazzolini usa e getta>> scrollo le spalle, provando a non soffermarmi sul fatto che non indossi alcun reggiseno.

<<Okay,>> è l'unica cosa che dice, dopo essersi schiarita la gola, mentre studia ogni mio movimento con un sorriso timido — ed è come se stesse aspettando che sia io a fare il prossimo passo, decidendo per entrambi.

Per un po' nessuno dei due dice nulla, ma ci osserviamo, con il silenzio che fa da spettatore e le luci calde dell'abat-jour che fiocamente illuminano la stanza. 

<<Se me ne vado, puoi promettermi che non farai casini?>> domando, con un peso al cuore, osservando il suo viso che esprime una leggera punta di tristezza. Tuttavia si riprende quasi subito, facendo schioccare la lingua al palato.

<<Non vedi che sono un pericolo pubblico?>> alza un sopracciglio, mettendosi di lato: <<Quale persona di sana di mente lascerebbe da sola una criminale?>> domanda, scrollando le spalle, riferendosi a se stessa.

<<Quindi i criminali indossano i pigiami con le rane, vero?>> sorrido in modo sghembo e lei, dalle mie parole, non viene neanche scalfita.

<<Tu cosa vuoi saperne del nostro linguaggio in codice?>> scuote il capo, facendo sciò con la mano e continuando a sorridere — mentre io scuoto il capo, inumidendo, ancora una volta, le labbra. Sospiro, soppesando su quale sia la cosa giusta da fare.

<<Non andare via,>> quasi non congiunge le mani, come se mi stesse implorando, mettendosi a sedere sul materasso e incrociando le gambe: <<Il letto è abbastanza grande per entrambi>>

E pensare che quel coglione di Nick può avere tutto questo sempre, in qualunque momento.

Qualcosa nel suo sguardo vacilla e si rabbuia: <<Non lasciarmi sola, ti prego>> nella sua voce si coglie l'incertezza e, il modo flebile con cui ha lasciato cadere le parole, una dietro l'altra, mi mette quasi brividi, facendomi sfiorare l'idea che quella mezza supplica sia, in realtà, soltanto la punta dell'iceberg.

<<Va bene,>> abbandono le scarpe all'entrata, avvicinandomi con un pizzico di titubanza al bordo del materasso — e per un attimo considero anche di dormire con i pantaloni, quando: <<Ti dispiace se...>> lascio la domanda in sospeso e lei scuote il capo.

Così abbasso la zip, lasciandoli scivolare fino alle caviglie e piegandoli, poggiando il tessuto nei pressi delle scarpe. Mi sposto sotto le coperte, respirando il clima di improvviso imbarazzo — e per qualche attimo vorrei anche chiederle quando, presumibilmente, rientrerà Nick, ma decido di fare affidamento sulla mia fiducia verso di lei, conscio che non mi avrebbe chiesto una cosa simile se avesse saputo che lui sarebbe rientrato tanto presto. Quasi tremo all'idea di essere, forse, sul suo lato del letto.

Mi giro di lato, mantenendo la guancia col palmo proprio come fa lei, mentre il gomito preme contro il materasso. Le federe sono pulite e profumate, anche se preferisco nettamente l'odore di lavanda che lei emana.

Ci guardiamo, studiando uno i particolari dell'altro, come se non ci fosse una certa necessità di lasciar spazio alle parole, adesso che sembra che anche il sonno se la sia data a gambe levate — e io che penso che questo, qualunque cosa esso sia, ci sta così bene addosso che potrebbe essere la nostra quotidianità, una che non cade mai nel banale.

<<Non so neanche il tuo cognome,>> inarca un sopracciglio, ridacchiando e strofinandosi la punta del naso: <<Non conosco neanche il tuo cognome e mi sono spogliata davanti a te, ti ho lasciato dormire nel mio letto>> sorride, giocando con l'orlo del lenzuolo.

Sospiro, pressando le labbra le una sulle altre: <<Styles>> lascio schioccare la lingua sul palato e lei sorride, arrossendo appena.

<<Jackson: il mio cognome è Jackson>> lascia scorrere le dita tra le ciocche castane, lasciandomi mozzafiato per il solo guardarla.

Lo so — vorrei dirle — perché ho chiesto a Niall di dirmelo e, in aggiunta, conosco anche il tuo codice fiscale. Tuttavia mi mordo l'interno della guancia, costringendomi a rimanere zitto e smetterla di sorridere, tenere le mani ferme e non baciarla, non toccarla, non dirle quanto io tenga a lei, quanto la ritenga preziosa.

Lei sbadiglia, portandosi una mano alla bocca e spingendosi più giù, per poggiare completamente la testa sul cuscino e tirare l'orlo del lenzuolo fin sopra il suo collo.

<<Buona notte>> sussurra, posando un polso sotto al cuscino e mettendosi di lato, alzando una coscia, portando il ginocchio all'altezza di metà busto, dandomi una visione piuttosto perfetta del suo sedere, stretto all'interno di quei pantaloncini striminziti e grigi.

Mi limito a non dire nulla, ma esito davanti a questa visione celeste, costringendo me stesso a girarmi dall'altra parte.

<<Comunque il pigiama è del reparto bambini,>> fa un colpetto di tosse, girandosi di poco per incrociare i miei occhi <<me l'ha regalato mia zia allo scorso compleanno, ché credeva che avessi ancora undici anni>>

Quasi soffoco una risata, mente lei si mantiene coi palmi, spingendoli contro al materasso, per mantenere questa posizione continuando a guardarmi: <<Fortunatamente è largo>>

Sorride un'ultima volta, riposando la testa sul cuscino e facendo in modo che io copi le sue azioni. Mi sporgo verso il mio comodino, chiudendo la luce e sentendo tutta la stanchezza del giorno crollarmi sulle spalle.

<<Buona notte, Killer Queen>>

Continue Reading

You'll Also Like

182K 1K 2
(Interrotta) Sorriso demoniaco, lunghi capelli setosi e neri come la pece, labbra piene, tinte solo di rosso e sguardo raggelante. Icelyn Jordan è qu...
169K 9.1K 24
Luna Zanetti è una mina vagante. Esuberante, eterna romantica e incapace di rimanere in silenzio, ha un talento innato per mettersi nei guai. Duran...
20.5K 274 10
Xylia Madeline Jones una ragazza di 17 anni, dovuta trasferirsi a Los Angeles per problemi di lavoro del padre, dopo che è stato licenziato non è più...
482K 14.6K 65
{COMPLETA} Accetta. Dimentica. Ricomincia. Ricominciare, ecco cosa voleva Arthemsis. Voleva dare una possibilità a se stessa di essere felice dopo un...