Salimmo rapidi, ma silenziosi, scalando la parete rocciosa che si snocciolava a forma di scala a chiocciola verso l'esterno.
Dentro il mio petto il cuore ancora batteva forte. Non per la fuga, ma per Gideon. Riaverlo lì, vivo, davanti ai miei occhi. Lo avevo toccato e pure stentavo ancora a crederci.
Nel momento in cui la nostra testa fece capolino dal cratere, un vento tiepido iniziò a graffiarci i volti, trasportando della sabbia. Ora che la catena rocciosa non faceva più da scudo, eravamo in balia del freddo vento dell'isola d'inverno che, arrivando fin qua, era mitigato dai vapori dell'isola d'estate.
Uno stridio assordante ci fece scattare sull'attenti. Contemporaneamente, sia io che Gideon sollevammo lo sguardo al cielo.
«Sono arpie. Scappa!»
Senza farmelo ripetere due volte, lo seguì. Iniziammo così a correre in bilico sui pendii dei vulcani.
Aerin era ancora svenuta tra le braccia del figlio, con una mano che pendeva oltre la spalla di Gideon, oscillando al ritmo della corsa.
Improvvisamente smise di correre e io per poco non gli andai a sbattere contro.
«Che succed-»
Ma non riuscii a finire la frase, che ci ritrovammo circondati. Sopra di noi le arpie gridavano, raccapriccianti, con il loro volto umano e ali da uccello al posto delle braccia. Con il loro stridio allertavano tutti gli altri esseri dell'Altro Sole. In un attimo, vedemmo sbucare fuori da ogni cratere, lontano o vicino, spento o attivo, Fyrae e quelli che riconobbi essere Salamandre velenose.
Vidi il panico negli occhi di Gideon mentre si voltava frenetico da tutti i lati in cerca di una via di fuga, ma nulla sembrava convincerlo.
Improvvisamente si girò verso di me, affidandomi la madre.
«Io troverò un modo per distrarli, voi scappate.»
Finì a malapena la frase, che era già pronto a combattere, ma lo fermai.
«Credi davvero che dopo essere arrivata fin qui a salvarti, ti lascerei morire così? Non fraintendere: non lo faccio per te, ma per tua madre.»
Gideon si voltò nuovamente verso di me, raggiungendomi ad ampie falcate. Si fermò a pochi centimetri dal mio volto, facendomi ombra con il suo corpo. Sentivo il suo respiro sugli zigomi, mentre gli occhi accigliati mi guardavano severi.
«Credi davvero che la mia vita mi importi più della vostra?»
Stava per andare di nuovo ma, ancora una volta, lo fermai.
«L'abbiamo rischiata per salvarti, non puoi rendere i nostri sforzi inutili così.»
Lo vidi alzare il mento e gonfiare il petto, ancora più corrugato, ma in fine cedette.
«Cosa dovrei fare allora? Hai un altro piano?»
«Corriamo. Corriamo verso il mare.»
Indicai la secca distesa di terra che avevamo attraversato all'andata.
Ma Gideon scosse la testa.
«Troppo lontano, troppo rischioso. E io non ho le forze per trasformarmi. Le arpie ci catturerebbero in un secondo.»
In quel momento la terra tremò sotto i nostri piedi e, inerme contro quella forza della natura, il corpo di Aerin iniziò a scivolare giù dal pendio.
Non appena me ne accorsi, mi gettai verso di lei, afferrandola per il polso. Alla seconda scossa però, la mia presa sulla roccia ustionante venne meno e, se non fosse stato per Gideon che mi afferrò al volo, sarei scivolata giù dal pendio assieme ad Aerin.
«Cosa è stato?» Chiesi appena trovai l'equilibrio sulle mie gambe.
«Titani di lava.»
Sbarrai gli occhi terrorizzata quando, in lontananza, la catena vulcanica iniziò a sollevarsi in aria, rilasciando polvere e detriti, rivelandosi essere la schiena di un titano.
Quando la roccia sotto i nostri piedi aumentò le sue scosse, allora capii di non avere più molto tempo a disposizione.
«È folle.» Disse improvvisamente Gideon. «Ma potrebbe essere l'unico modo di uscirne vivi da qui.»
Gideon mi porse la mano. «Fidati di me.»
Esitai, immobile: non mi fidavo, ma quale altra opzione avevo?
Il tempo sembrò fermarsi in quel momento, ma dopo un'altra scossa inizziamo a sollevarci in quota.
«Lyra, non c'è più tempo!»
Deglutii e afferrai la mano di Gideon. Lui la strinse così forte, da farmi diventare bianche le nocche dopo di che, sempre con la madre stretta nell'altro braccio, mi tirò giù dal pendio. Iniziammo a scivolare giù per la catena vulcanica, dal lato opposto a quello di dove eravamo arrivati.
Per le ferite, l'abrasione e il calore, sentivo la parte inferiore, a contatto con il suolo, andarmi a fuoco. Il dolore era così insopportabile che desiderai strapparmi la pelle pur di non soffrire.
Gideon se ne accorse, e mi strinse ancora di più la mano, sia nel tentativo di non perdermi, sia in quello di tranquillizzarmi.
Improvvisamente però, una roccia sporgente ci costrinse a lasciare la presa a forza.
«Lyra!»
Iniziai a rotolare sul fianco, sbattendo più volte la testa al suolo, finché non arrivai alla fine del pendio. Mi fermai qualche centinaia di metri più in là, incapace di fare qualsiasi movimento.
«Lyra!»
Sentii i passi di Gideon sbattere pesanti al suolo.
Cadde al mio fianco, sollevandomi poi la testa da terra.
«Lyra...» Mi ripulì tremante il volto dalla polvere e dal sangue, poi cercò di raddrizzarmi. «Dobbiamo andare. Riesci a correre?»
Annuii, allo stremo delle forze, ma mi alzai e iniziai a seguire Gideon, che reggeva la madre tra le braccia.
Dall'altra parte dei vulcani, il vento sferzava l'aria, smorzando il calore ma sollevando anche la polvere che, durante la corsa, ci finiva dritto negli occhi.
La terra tremò di nuovo, ma questa volta fu così forte, da farmi saltare. Caddi in malo modo, rigirandomi nella sabbia.
«Lyra, tirati su. Ci siamo quasi!»
Gideon mi aiutò nuovamente ad alzarmi, senza perdere mai di vista qualcosa alle mie spalle che avanzava verso di noi.
«Ora corri! Corri e non ti voltare!»
Feci come mi era stato detto e, nonostante i polmoni che bruciavano assieme al resto del corpo e il sapore ferroso nella bocca secca, non smisi un attimo di correre.
Improvvisamente, all'orizzonte, comparve dell'acqua. Man mano che ci avvicinavamo, vedevo la pozza espandersi, fin quando non capii che si trattasse del mare. Poco più in là notai, ben evidenti, i profili di altre tre isole.
Non appena i nostri piedi toccarono la sabbia bagnata, le nostre caviglie ne vennero inghiottite, rendendo la nostra fuga più lenta.
Ma fui io, di scatto, a fermarmi sulla spiaggia.
«No! È una follia!»
Sbiancai quando, davanti ai miei occhi, vidi le acque ripiegarsi in un immenso mulinello.
«Lo so. Te lo avevo detto. Ma è la nostra unica possibilità!»
In quel momento mi sentii sopraffare: da quando avevo messo piede nel Regno dell'Altro Sole, sentivo di non avere più il controllo di nulla. Ogni cosa mi era sconosciuta e aveva dei risvolti che non avrei mai potuto prevedere. Mi sentii impotente e in balia di forze superiori.
Mi bloccai. Terrorizzata. Su quella spiaggia, io, mi bloccai.
In quel momento sentii la voce di Gideon chiamarmi, ma sembrava così lontana.
«Lyra, guardami.» Tornai in me solo quando lo sentii scuotermi il viso.
«Sono un Kelpie, l'acqua è il mio elemento.» Un sorriso scherzoso, ma allo stesso tempo apprensivo, gli illuminò il volto. «Ti ricordi?»
Annuii. Gli occhi languidi.
«Ho rischiato di perderti troppe volte, e una l'ho creduto davvero. Questa volta non ti lascerò andare. È una promessa.»
Mi strinse la mano, intrecciando le sue dita con le mie, poi entrammo nell'acqua.